lunedì, novembre 07, 2011
“Le autorità siriane hanno fallito nell’attuare il piano di uscita di crisi”: è la valutazione fatta ieri dalla Lega araba a proposito del testo varato martedì scorso, dietro sua iniziativa, dal presidente Bashar Al Assad ma che finora non è riuscito a bloccare le violenze nel paese da otto mesi teatro di una contestazione repressa dalle forze dell’ordine.

Agenzia Misna - Nabil Elaraby, segretario generale della Lega araba, si è detto “seriamente preoccupato per il proseguire delle violenze” e ha chiamato il governo di Damasco a “prendere misure immediate per proteggere i civili”. Elaraby ha insistito che “il fallimento della soluzione araba avrebbe conseguenze catastrofiche per la Siria e per l’intera regione” e ribadito che la stessa Lega araba si “impega a garantire la sicurezza della Siria e impedire un intervento estero”. L’organizzazione regionale ha anche annunciato che i ministri degli Esteri dei paesi membri si riuniranno nuovamente sabato per valutare la situazione siriana. Nel comunicato diffuso ieri, la Lega araba ribadisce che il piano approvato da Al Assad prevede il ritiro delle truppe dispiegate per le strade, la fine delle violenze e l’apertura del dialogo con l’opposizione.

Mentre il paese sta festeggiando la ricorrenza musulmana dell’Eid el Adha, dal terreno giungono notizie di proteste represse nelle quali ieri, secondo l’Osservatorio siriano dei diritti umani (Osdh), basato a Londra, almeno quattro civili avrebbero perso la vita, di cui tre a Homs (centro) e uno a Hama. Le forze di sicurezza sarebbero anche intervenute a Zamalka e Irbine, nella provincia di Damasco. Secondo fonti delle opposizioni, ai quattro angoli del paese la preghiera per la Festa del sacrificio sarebbe stata seguita da imponenti manifestazioni a sostegno di Homs, epicentro della rivolta al regime, e per chiedere le dimissioni del presidente. Sabato la prima giornata della festa musulmana è stata segnata da altrettante violenze che avrebbero causato la morte di almeno 27 civili sempre a Homs, Hama e a Kafruma, nella provincia di Idlib (nord-ovest), confinante con la Turchia.

Dopo settimane di assedio e violente repressioni, il Consiglio nazionale siriano (Cns, opposizione) chiede una “protezione internazionale” per i civili di Homs, sollecitando l’Onu e l’Organizzazione della conferenza islamica affinché “intervengano per porre fine al massacro barbaro in atto” con l’invio “immediato” di osservatori arabi e internazionali.

L’unico segnale di distensione, interpretato da osservatori come un “gesto di buona volontà” del potere, è stato la scarcerazione di 553 persone arrestate negli ultimi mesi durante le proteste anti-regime. Ad annunciarla è l’agenzia ufficiale ‘Sana’ che riferisce anche della rimessa in libertà di altri 119 detenuti senza fornire ulteriori dettagli. In realtà si tratterrebbe di un’amnistia legata alla festa dell’Eid el Adha, una pratica considerata ‘di rito’.

Venerdì il governo di Damasco ha promesso un’amnistia a favore di chiunque si trovi in possesso di armi e deciderà di arrendersi alle forze dell’ordine tra il 5 e il 12 novembre. “Queste persone saranno immediatamente liberate e usufruiranno di un’amnistia (…) a patto che non abbiano commesso alcun crimine” precisa un comunicato pubblicato dalla stessa fonte ufficiale. Per opposizione e attivisti pro-democrazia in realtà la mano tesa del regime di Al Assad, al potere da 11 anni, è soltanto una “trappola”.

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