«Possiamo costruire ponti tra Est e Ovest». In visita alla Sede internazionale di Aiuto alla Chiesa che Soffre a Konigstein, l’arcivescovo di Belgrado, monsignor Stanislav Hočevar, ha richiamato all’unità dei cristiani. Vescovo dal 2001 e membro della Conferenza episcopale internazionale dei Ss. Cirillo e Metodio che comprende i vescovi cattolici di Serbia, Montenegro, Macedonia e Kosovo, Hočevar ha insistito sulla necessità di una maggiore conoscenza reciproca della storia, della cultura e delle tradizioni. «Dobbiamo imparare a conoscerci meglio» ha affermato.
Nell’epoca della globalizzazione la scarsa unità dei cristiani orientali e occidentali è da considerarsi ancor più grave, specialmente nell’ottica di una sempre maggiore integrazione europea. «Una piena comprensione potrà aiutarci ad essere più uniti» ha ribadito monsignor Hočevar, portando ad esempio le relazioni tra Stato e Chiesa. Un rapporto nell’Europa dell’Est da sempre molto stretto – spesso definito come «sinfonia» – che è però difficilmente comprensibile in Occidente. Un tratto tipico dell’Europa Orientale è la moltitudine di Chiese nazionali e aderire alla Chiesa ortodossa è considerato parte dell’identità nazionale.
«Così come – ha spiegato ad ACS l’arcivescovo – la condotta delle nazioni occidentali viene spesso identificata con la posizione della Chiesa cattolica: molti, infatti, non capiscono, oppure ignorano, la tradizionale separazione occidentale tra Stato e Chiesa».
In merito alla questione kosovara, l’arcivescovo Hočevar, originario della Slovenia e appartenente all’Ordine Salesiano, ha auspicato una maggiore apertura nei confronti della posizione di Belgrado perché l’indipendenza del Kosovo – sostenuta dall’Occidente – è di difficile comprensione per i serbi. «Per loro il Kosovo è un simbolo e la posizione dell0’Occidente è considerata un’ingiustificata, unilaterale espressione di solidarietà verso i musulmani», ha affermato. «Entrambe le parti però – ha aggiunto – farebbero bene a risolvere il problema in maniera pacifica e armandosi di grande pazienza. Perché popoli che soltanto recentemente hanno rovesciato dei regimi totalitari, hanno bisogno di tempo per imparare i rudimenti del processo democratico».
Per l’arcivescovo di Belgrado, in un contesto come questo, le Chiese devono saper giocare un ruolo di grande rilevanza: «Possiamo e dobbiamo costruire ponti tra Est e Ovest», ha concluso.
Nell’epoca della globalizzazione la scarsa unità dei cristiani orientali e occidentali è da considerarsi ancor più grave, specialmente nell’ottica di una sempre maggiore integrazione europea. «Una piena comprensione potrà aiutarci ad essere più uniti» ha ribadito monsignor Hočevar, portando ad esempio le relazioni tra Stato e Chiesa. Un rapporto nell’Europa dell’Est da sempre molto stretto – spesso definito come «sinfonia» – che è però difficilmente comprensibile in Occidente. Un tratto tipico dell’Europa Orientale è la moltitudine di Chiese nazionali e aderire alla Chiesa ortodossa è considerato parte dell’identità nazionale.
«Così come – ha spiegato ad ACS l’arcivescovo – la condotta delle nazioni occidentali viene spesso identificata con la posizione della Chiesa cattolica: molti, infatti, non capiscono, oppure ignorano, la tradizionale separazione occidentale tra Stato e Chiesa».
In merito alla questione kosovara, l’arcivescovo Hočevar, originario della Slovenia e appartenente all’Ordine Salesiano, ha auspicato una maggiore apertura nei confronti della posizione di Belgrado perché l’indipendenza del Kosovo – sostenuta dall’Occidente – è di difficile comprensione per i serbi. «Per loro il Kosovo è un simbolo e la posizione dell0’Occidente è considerata un’ingiustificata, unilaterale espressione di solidarietà verso i musulmani», ha affermato. «Entrambe le parti però – ha aggiunto – farebbero bene a risolvere il problema in maniera pacifica e armandosi di grande pazienza. Perché popoli che soltanto recentemente hanno rovesciato dei regimi totalitari, hanno bisogno di tempo per imparare i rudimenti del processo democratico».
Per l’arcivescovo di Belgrado, in un contesto come questo, le Chiese devono saper giocare un ruolo di grande rilevanza: «Possiamo e dobbiamo costruire ponti tra Est e Ovest», ha concluso.
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