Approvata la liberalizzazione della vendita di armi da guerra ai privati infilata nel maxiemendamento dalla Lega. Il parere di Carlo Tombola, coordinatore scientifico dell'Osservatorio Permanente Armi Leggere.
Peacerepoter - Nel maxiemendamento anticrisi approvato dal Parlamento c'è anche un bel regalo ai produttori italiani di armi leggere infilato dalla Lega Nord: l'abolizione del Catalogo nazionale delle armi comuni da sparo, che di fatto liberalizza la vendita di armi da guerra ai privati detentori di porto d'armi. Abbiamo chiesto un parere a Carlo Tombola, coordinatore scientifico dell'Osservatorio Permanente Armi Leggere (Opal) di Brescia, aderente alla Rete Italiana per il Disarmo, e curatore del libro "Il peso delle armi leggere".
Un colpo di mano?
Era da tempo che la lobby armiera puntava a modificare la legge 110 del 1975 che regola il porto d'armi limitandolo alle armi leggere, non militari. Una distinzione stabilita appunto dal Catalogo nazionale delle armi comuni da sparo, periodicamente aggiornato da un'apposita commissione istituita presso il ministero degli Interni.
Era una legge efficace?
Già questa garanzia legale viene aggirata, poiché molte armi considerate da caccia o da difesa personale sono di fatto commercializzate a scopo bellico: basta pensare ai fucili a pompa M4 Benelli venduti ai Marines e ai Navy Seals americani, e in passato all'esercito del regime di Gheddafi, o alla straordinaria vendita di fucili da caccia all'Albania durante la guerra in Kosovo.
Quindi?
Ciononostante, abolire il Catalogo è un'importante vittoria politica per la lobby degli armieri italiani, che da decenni punta a una deregolamentazione totale di questo mercato, sul modello degli Stati Uniti dove, come sappiamo, qualunque squilibrato può comprare armi da guerra su Internet o al supermarket.
Effetti immediati?
L'abrogazione del Catalogo previsto dalla legge 110 consente all'industria armiera un forte incremento delle vendite soprattutto sul mercato interno, in crisi a causa del declino della caccia. Una crisi che si vuole compensare con la libera vendita di armi da guerra a scopo di sicurezza personale ai cittadini opportunamente allarmati dalla propaganda politica.
Proprio in questo momento?
La lobby armiera in Italia è così forte che anche in un momento di crisi politica, con il governo che sta andando a picco, riesce a far infilare in una manovra finanziaria un provvedimento a loro favore. Ci aveva già provato già a luglio, e pure l'anno scorso.
Chi rappresenta questa lobby?
Il referente politico di questa lobby è la Lega Nord, radicata nel territorio bresciano dove si concentra l'industria armiera italiana di armi leggere: dalla Beretta di Gardone Val Trompia, con tutto il suo indotto locale, alle piccole aziende familiari. Ma anche nel lecchese, dove ha sede la Fiocchi, ledaer mondiale nella produzione di munizioni. Evidentemente La Lega spera di garantirsi così il sostegno finanziario di questa lobby per le prossime elezioni.
Quante armi circolano oggi in Italia?
Impossibile sapere con certezza il numero di armi in circolazione nel nostro Paese. I sindacati di polizia parlano di mezzo milione, ma non è un dato certo. Quel che è sicuro è che d'ora in poi in giro ce ne saranno di più armi e molto più pericolose.
Peacerepoter - Nel maxiemendamento anticrisi approvato dal Parlamento c'è anche un bel regalo ai produttori italiani di armi leggere infilato dalla Lega Nord: l'abolizione del Catalogo nazionale delle armi comuni da sparo, che di fatto liberalizza la vendita di armi da guerra ai privati detentori di porto d'armi. Abbiamo chiesto un parere a Carlo Tombola, coordinatore scientifico dell'Osservatorio Permanente Armi Leggere (Opal) di Brescia, aderente alla Rete Italiana per il Disarmo, e curatore del libro "Il peso delle armi leggere".
Un colpo di mano?
Era da tempo che la lobby armiera puntava a modificare la legge 110 del 1975 che regola il porto d'armi limitandolo alle armi leggere, non militari. Una distinzione stabilita appunto dal Catalogo nazionale delle armi comuni da sparo, periodicamente aggiornato da un'apposita commissione istituita presso il ministero degli Interni.
Era una legge efficace?
Già questa garanzia legale viene aggirata, poiché molte armi considerate da caccia o da difesa personale sono di fatto commercializzate a scopo bellico: basta pensare ai fucili a pompa M4 Benelli venduti ai Marines e ai Navy Seals americani, e in passato all'esercito del regime di Gheddafi, o alla straordinaria vendita di fucili da caccia all'Albania durante la guerra in Kosovo.
Quindi?
Ciononostante, abolire il Catalogo è un'importante vittoria politica per la lobby degli armieri italiani, che da decenni punta a una deregolamentazione totale di questo mercato, sul modello degli Stati Uniti dove, come sappiamo, qualunque squilibrato può comprare armi da guerra su Internet o al supermarket.
Effetti immediati?
L'abrogazione del Catalogo previsto dalla legge 110 consente all'industria armiera un forte incremento delle vendite soprattutto sul mercato interno, in crisi a causa del declino della caccia. Una crisi che si vuole compensare con la libera vendita di armi da guerra a scopo di sicurezza personale ai cittadini opportunamente allarmati dalla propaganda politica.
Proprio in questo momento?
La lobby armiera in Italia è così forte che anche in un momento di crisi politica, con il governo che sta andando a picco, riesce a far infilare in una manovra finanziaria un provvedimento a loro favore. Ci aveva già provato già a luglio, e pure l'anno scorso.
Chi rappresenta questa lobby?
Il referente politico di questa lobby è la Lega Nord, radicata nel territorio bresciano dove si concentra l'industria armiera italiana di armi leggere: dalla Beretta di Gardone Val Trompia, con tutto il suo indotto locale, alle piccole aziende familiari. Ma anche nel lecchese, dove ha sede la Fiocchi, ledaer mondiale nella produzione di munizioni. Evidentemente La Lega spera di garantirsi così il sostegno finanziario di questa lobby per le prossime elezioni.
Quante armi circolano oggi in Italia?
Impossibile sapere con certezza il numero di armi in circolazione nel nostro Paese. I sindacati di polizia parlano di mezzo milione, ma non è un dato certo. Quel che è sicuro è che d'ora in poi in giro ce ne saranno di più armi e molto più pericolose.
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Sono presenti 7 commenti
Così per i nostalgici del Far West, i pistoleri (leggi pistola) li avremo anche noi. Provatevi poi a rubare un cavallo: sarete imbottiti di piombo!
Occhio poi a non rompere i maroni al vicino di casa: potreste trovarvi con qualche buco in più! L'Italia sta davvero finendo.
Si tratta di una notizia falsa.
http://www.paid2write.org/attualita_gossip/eliminato_il_catalogo_nazionale_delle_armi_comuni_da_sparo_18498.html
Complimenti, chi dei due ha le idee confuse Carlo Tombola (coordinatore scientifico dell'Osservatorio Permanente Armi Leggere (Opal) di Brescia) oppure chi ha steso l'articolo?
1)"Un colpo di mano?
Era da tempo che la lobby armiera puntava a modificare la legge 110 del 1975 che regola il porto d'armi".
Mi spiace, ma la legge che riguarda il porto è altra cosa e non ha subito modifiche.
2)"poiché molte armi considerate da caccia o da difesa personale sono di fatto commercializzate a scopo bellico"
Penso sia oppurtuno eliminare anche i coltelli e le forchette, in quanto potrebbero anche questi essere usati per recare offesa alle persone.
Non entro in merito alle disquisizioni tecniche relative alla specializzazione delle cartucce, ma anche qui la distinzione tra le armi comuni e quelle da guerra è abissale.
3)"qualunque squilibrato può comprare armi da guerra su Internet o al supermarket."
In Ialia serve il porto d'armi per recarsi in armeria ad acquistare un'arma. Lo rilasciano dopo una serie di accertamenti che comprendono una informativa dei Carabinieri ed una visita dell'Ufficiale Sanitario. Penso che un eventuale squilibrato non riesca a passare tali filtri.
4)"la libera vendita di armi da guerra".
Ma allora siamo proprio digiuni. Le armi da guerra sono e restano vietate. Si finisce giustamente in carcere.
5)"con tutto il suo indotto locale, alle piccole aziende familiari"
Che invece dovrebbero chiudere e mandare le persone a spasso?
6)"Impossibile sapere con certezza il numero di armi in circolazione nel nostro Paese."
Ogni arma acquistata legalmente deve essere denunciata entro 72 ore. Quindi gli organi preposti sanno esattamente chi detiene le armi, quante sono e dove sono.
Prima di scrivere articoli colmi di inesattezze, provate a documentarVi. Magari sarebbe più facile disponendo di un minimo di tolleranza verso chi ha hobby differenti dai Vostri.
Infine un suggerimento per una più corretta documentazione. Questo è il link al sito del Magistrato Edoardo Mori, che tratta la questione.
http://www.earmi.it/diritto/leggi/catalogo.html
Gentile "Anonimo" lettore, accogliamo democraticamente la sua critica a questo articolo. Dobbiamo però farle notare il link posto all'inizio del testo indica chiaramente che il suddetto non è stato scritto da un nostro disinformato redattore.
La invitiamo pertanto a rivolgere le sue critiche all'autore del testo che potrà certamente rintracciare sul sito di PeaceReporter.
Grazie.
La Redazione.
Egreg. sig. Carlo Tombola, coordinatore scientifico dell'Osservatorio Permanente Armi Leggere.
In qualità di osservatore cosa osserva esattamente, le sue considerazioni i suoi pareri sono mendaci e offensive per chi ha come hobby le armi, le ricordo che chi possiede un porto d’armi non è un terrorista criminale come spesso ci dipingono gli antiarmi e i media di facciata, le ricordo chi ha un porto d’armi o possiede armi, dimostra di possedere oltre ogni ragionevole dubbio di essere incessurato, rispettoso delle leggi e dei funzionari che le applicano e di essere di buona condotta civile e morale, le mensogne dette contro la nostra passione ogni qualvota possa migliorare la nostra posizione di chi usa le armi legalmente o di chi le fabbrica succede sempre il fini mondo è una vergogna, Vergognatevi! di fare demagogia spazzatura per creare spaccature sociali sull’ignoranza dell’argomento approffitando degli ignari cittadini che magari non hanno mai visto un’ arma, dipigendo quest’ultime brutte e cattive più di loro sono i proprietari pericolosi terroristi, criminali autorizzati, spietati killer, far west ecc. Ecc. Facendo leva sul sentimentalismo e non su la ragione, un’arma è cattiva perchè uccide, (ma chi è che uccide l’arma o l’uomo?) e se si usa un coltello, un’auto, un coltello, una spada, un’arco o una balestra?
Finiamola di dire certe fesserie, mi convinco sempre di più che questi consulenti del nulla e del niente si vedono spoltronati dalla loro bella e comoda poltrona e venire meno a mancare il loro sudadissimo stipendio, finalmente questa mangiatoia di denaro pubblico è finita, andatevene a casa a lavorare, Vergogna!
Per chi è disinformato Legga la presente qui sotto riportata, non per piacere personale ma per dimostrare a chi lavora come un coordinatore scientifico dell’osservatoio permanente armi leggere che prende un buon stipendio che ciò che a detto è falso è offende l’intellingenza degli Italiani raggirandoli sulla sensibilità e sulla poca informazione.
PerLo spreco del Catalogo delle armi (insistiamo!!)
Che il Catalogo nazionale delle armi sia una cosa inutile è noto e dichiarato fin dal primo giorno in cui è stato creato. È stata una creazione bislacca perché nel 1975 il Ministero era convinto che il distinguere un’arma da guerra da un’arma comune fosse problema di astrusa complessità da affidare a un gruppo di esperti. Il Ministero si sbagliava perché in altri paesi la definizione delle armi da guerra è stata scritta in tre righe, come del resto ha fatto il legislatore italiano nel 1990 con la legge sull’armamento, che non lascia spazio a dubbi e cavilli. E purtroppo invece di esperti nominava i soliti suoi reggicoda. Così, essendosi affidato ad un “serbatoio di cervelli” (o meglio ad un bidone) che non hanno mai saputo che cosa ci stavano a fare, ha prodotto una mostruosità unica al mondo: per individuare poche decine di fucili da guerra, definibili in tre righe e elencati in ogni testo, ci si è inventata la catalogazione di tutte le armi comuni; siamo arrivati a circa 19.300 modelli (molti dei quali prodotti per i cacciatori in un solo esemplare!), e non vi sarà mai una fine. Nessun paese al mondo si è inventata una operazione così assurda che comporta solo una rilevante spesa per il funzionamento della Commissione Consultiva, distrazione di personale da compiti più utili, danni enormi per produttori e importatori sempre in ritardo di almeno sei mesi rispetto alla concorrenza straniera, illecita creazione di ostacoli ingiustificati alla libera circolazione delle merci in Europa.
Purtroppo nella Commissione non vi è mai stato (dopo di me) un giurista che conoscesse la normativa delle armi e ne capisse di armi. Di conseguenza si sono arrangiati a ragionare in diritto i membri armaioli con risultati disastrosi: in 30 anni non si sono mai scritti i criteri seguiti per distinguere le armi da guerra da quelle comuni e si è arrivati ad astruserie secondo cui una cartuccia 9x21 è comune e una cartuccia 9x19 con il bossolo più corto di 2 mm è da guerra! Senza mai spiegarne il perché.
Chi volesse prendersi la briga di leggere i verbali della Commissione resterebbe sconvolto per la marea di castronerie che escono dalla bocca dei suoi membri. Ricordo, a titolo di esempio, il verbale con cui è stata respinta la catalogazione di un revolver S & W mod. 500 con queste affermazioni:
- l’arma è facilmente occultabile (è lungo 50 cm.! In confronto un normale revolver è invisibile!
- le pistole devono essere usate con una sola mano (sono la tipica arma per monchi!)
- le pistole sono destinate al porto occulto (chiaro che non hanno mai visto una guardia giurata!).
La miglior dimostrazione che il catalogo non serve è che il Catalogo non esiste! Dal 1979 il catalogo a stampa non viene più pubblicato; se ci fosse ora sarebbe di 13 volumi per complessive 6.500 pagine. Quindi oltre 19.000 schede di armi sono sparse e introvabili in 262 Gazzette Ufficiali di 30 anni. Il Ministero non è stato in grado di gestire questi dati neppure con il computer e la sua banca dati non funziona da oltre un anno. Se le forze dell’ordine e la P.A. ne hanno potuto fare a meno per tanto tempo senza il minimo inconveniente, è giusto chiedersi che cosa ci sta a fare.
Ma vi è di peggio: la Commissione è stata strumentalizzate dal ministero per applicare a suo piacimento la legge. Senza che la Commissione ne avesse la minima competenza, essa si è arrogata di stabilire, caso per caso, come un’arma doveva essere costruita: il freno di bocca deve essere fisso, le filettature non ci devono essere, le cartucce in serbatoio non possono essere più di cinque, ecc. Tutte decisioni che possono essere magari giuste, ma che le legge non ha mai demandato al ministero o alla commissione perché esse non influiscono sulla qualificazione di un’arma come comune o da guerra.
Si veda al riguardo lo scritto del giudice Lo Curto a questo link : http://www.earmi.it/diritto/giurisprudenza/guerra.htm
In conclusione:
- Il Catalogo non serve perché la legge 185/1990 ha dato una esaustiva definizione di arma da guerra, accettata in tutta Europa e dalla Direttiva Europea sulle armi; ed è inutile che al ministero pensino di essere i primi della classe perché è provato che le armi le conoscono solo per sentito dire.
- Il Catalogo non serve a nessuna esigenza di sicurezza pubblica perché le armi comuni, per definizioni, hanno una potenzialità offensiva accettabile; e non è certo una filettatura in più o in meno, un centimetro di canna in più o in meno che incidano su tale potenzialità.
- Le armi e le munizioni da guerra sono a disposizione solo dei criminali e dei terroristi, provengono da arsenali esteri e non si trovano certo nelle armerie.
- Il Catalogo comporta spreco di burocrazia, spese e costi che danneggiano il commercio italiano e violano le regole europee dove le norme sulle armi non le fanno i laureati in legge (laurea triennale, ottenuta con crediti di servizio e quattro esami) ma gli esperti di armi.
- Il Catalogo non serve perché di fatto non esiste e nessuno se ne lamenta.
(Articolo già pubblicato su Armi e Tiro)
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