mercoledì, dicembre 14, 2011
Monsignor Mario Toso, segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, alla giornata di studio “Verso un nuovo Umanesimo” organizzata da Greenaccord Onlus e Provincia di Roma: “Va abbandonato il consumo fine a sé stesso, evitare lo spreco delle materie prime e i cattolici devono impegnarsi per costruire un’autorità politica mondiale volta al bene comune”. Gli interventi del sociologo Domenico De Masi e dell’economista Laura Castellucci

Roma - Parole chiave: redistribuire e decrescere. “Redistribuire lavoro, ricchezza, potere, sapere, tutele. E decrescere, per svincolarsi dal giogo della finanza e dell’economia quantitativa e dalla schiavitù di una crescita perversa”. E’ la proposta che il sociologo Domenico De Masi, docente di sociologia delle Professioni all’università La Sapienza di Roma, ha fatto nel suo intervento alla giornata di studio “Verso un Nuovo Umanesimo – Economia e sostenibilità sociale”, organizzata dall’associazione culturale Greenaccord Onlus in collaborazione con la Provincia di Roma.

Una proposta, quella del sociologo De Masi, che potrebbe riuscire ad attenuare, se non a sconfiggere, la tirannia del denaro: “una tirannia per cui gli interessi della politica, della società, dei valori e delle arti si trovano ad essere subordinati a una finanza che a sua volta mangia l’economia”. Cruciale, secondo De Masi, è che la politica ritorni a prendere il suo posto nella società, “tornando a una visione lungimirante. Se la politica è l’arte dei tempi lunghi deve riuscire a contrastare lo strapotere della finanza, che è l’arte degli sviluppi attimo per attimo. Di questo compito sono investite tutte le componenti della società. Dagli intellettuali alla politica, alla religione. Tutte, tranne quelle della finanza, che ovviamente difende le posizioni di potere acquisite”.

“L’economia, strumento dell’uomo, ha reso strumento il suo artefice, capovolgendo in tal modo i suoi scopi, ma oggi si scontra con questa sua profonda contraddizione”, aggiunge monsignor Mario Toso, segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, che ha sottolineato il rischio di un rilancio dell’economia attraverso un ritorno indiscriminato ai consumi: “se l’eccesso di consumo di risorse limitate comporterà il declino del consumismo, e per far fronte alla crisi finanziaria tutti i governi lavorano incessantemente al rilancio dei consumi senza alcuna distinzione fra l’utile, l’inutile, il superfluo, il dannoso, avremmo creato tutti i presupposti per una ben più grave crisi innescata dal costo delle risorse. E questa nuova crisi moltiplicherebbe i conflitti per l’accaparramento di materie prime sempre più scarse, spesso provenienti da paesi poveri che ne subirebbero le peggiori conseguenze in termini sociali, politici, con limitazioni della sovranità nazionale e della partecipazione democratica, ed anche in termini ambientali, vedendo così sfumare definitivamente qualsiasi speranza di sviluppo”.

Il ribaltamento dei rapporti di forza tra politica e economia egemonizzata dalla finanza, passa, secondo monsignor Toso, anche per un rinnovato impegno dei cattolici. “E’ giunto il momento per impegnarsi nell’elaborazione di un nuovo pensiero che spinga alla costruzione di un’autorità politica a livello mondiale, senza la quale non si potrebbero avere strutture e istituzioni, anche giuridiche, capaci di servire il bene comune”.

Ma, tra le componenti del “Nuovo Umanesimo” c’è anche un’importante impegno sul fronte della riduzione dell’impatto umano sull’ambiente: “Oggi gli stimoli per la ripresa non possono essere semplicemente capaci di farci uscire dalla crisi, per poi tornare, una volta usciti, al modello di crescita che prima del 2008 aveva tanto aumentato PIL e popolazione globali”, avvisa infine Laura Castellucci, docente di Politica economica all’Università di Roma La Sapienza. “Il modello di crescita seguito dalla rivoluzione industriale in poi, oggi e globalmente, non è più sostenibile”. Da qui la proposta di un green new deal. “Questa nuova ricetta, però, per essere efficace deve avere una dimensione globale e non può essere pensata solo come mezzo per uscire dalla crisi ma come strumento per cambiare modello di produzione e di consumo. Certo, c’è da chiedersi se esista un’Italia del “green new deal”: personalmente ci vorrei contare”.

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