“Serve un cambiamento culturale” dice alla MISNA Andrea Olivero, il presidente delle Associazioni cristiane dei lavoratori italiani (Acli).
Agenzia Misna - Sono passati alcuni giorni dalla presentazione in parlamento della manovra del nuovo governo di Mario Monti. Si discute di tasse sulla casa, di aumenti delle imposte indirette, di tagli e sacrifici più o meno necessari. A Olivero, però, sta a cuore anche altro: un nuovo impegno dell’Italia nel mondo, con più cooperazione e meno armi.
Presidente, si prevedono miliardi di spesa per gli armamenti mentre per la cooperazione restano le briciole. Bene così?
“Il governo era partito bene unendo la delega alla cooperazione che già esisteva nell’ambito del ministero degli Esteri alla delega nuova per l’integrazione. Come ministro aveva scelto Andrea Riccardi, il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, una persona con una storia importante, che fa sperare in un impegno politico strategico. Nella manovra presentata lunedì in parlamento, però, si guarda solo all’Italia. Manca un ragionamento aperto al mondo. La cooperazione è la grande assente. Bisogna farla tornare, la politica se ne deve rendere conto”.
I tagli non riguardano le spese militari…
“Era lì che bisognava tagliare. In un momento così drammatico per l’Italia si dovevano, tanto per fare un esempio, cancellare le spese miliardarie per i nuovi cacciabombardieri F-35 già messe in bilancio. Bisognava almeno rinviare gli acquisti a una stagione meno difficile, sempre qualora fossero ritenuti necessari per la pace”.
L’iter parlamentare della manovra non è concluso. Ci potranno essere cambiamenti in positivo?
“Spero che si cominci al più presto a pensare alla cooperazione come a un altro modo di fare politica di pace. Bisogna ridurre le spese militari avviando allo stesso tempo un percorso virtuoso di cooperazione, che faccia giocare all’Italia un ruolo attivo per la giustizia tra i popoli. La credibilità dell’Italia in materia di cooperazione, per altro, è superiore a quella di cui gode in ambito militare. Dobbiamo fare tesoro della nostra presenza diffusa nel sistema di mediazione e dialogo tra i popoli. Penso alla rete dei missionari italiani nel mondo, alla solidarietà dimostrata tante volte dai nostri concittadini. A livello internazionale l’Italia è ben vista per questo suo modo di costruire le relazioni. Il nuovo ministro Riccardi può concretizzare queste idee e farle abbracciare dal governo nel suo complesso”.
Riccardi dovrà occuparsi anche di “integrazione”. Cosa si aspetta?
“Il governo è chiamato a definire una prospettiva di gestione dei flussi migratori intelligente. È un compito difficile, ma noi non ci arrendiamo. Le rivolte del Nord Africa ci insegnano che non possiamo guardare ai popoli della sponda sud del Mediterraneo senza farci carico dei loro problemi. Cooperazione e gestione dei flussi migratori devono essere intese come una politica unitaria, che ha l’obiettivo di far tornare il Mediterraneo una grande area di sviluppo. Solo così l’Italia può riposizionarsi al centro dell’Europa. Le migrazioni possono essere uno strumento prezioso per lo sviluppo di un popolo. Lo sappiamo dagli anni ’50, quando il lavoro dei nostri emigranti favorì l’affermazione dell’Italia in Europa. Questo governo ha la possibilità di far cambiare gli occhiali con i quali guardiamo al mondo. Mi ha colpito quando Riccardi ha detto di aver due compiti: l’integrazione dei cittadini stranieri con gli italiani, ma anche quella degli italiani con i cittadini stranieri’”.
Il neo-ministro degli Esteri Giulio Terzi ha sostenuto che dopo 10 anni di intervento militare ci sono “numerosi ed evidenti segnali di progresso” in Afghanistan. Il suo è un buon inizio?
“Le decisioni sulla presenza dei militari italiani a Kabul devono essere concordate con gli altri paesi. Ci vuole spirito pragmatico perché la garanzia del mantenimento della pace è fondamentale e a pagare non devono essere gli afgani. Di sicuro, però, chiediamo un cambiamento di rotta. Le strategie militari sono state un fallimento”.
Agenzia Misna - Sono passati alcuni giorni dalla presentazione in parlamento della manovra del nuovo governo di Mario Monti. Si discute di tasse sulla casa, di aumenti delle imposte indirette, di tagli e sacrifici più o meno necessari. A Olivero, però, sta a cuore anche altro: un nuovo impegno dell’Italia nel mondo, con più cooperazione e meno armi.
Presidente, si prevedono miliardi di spesa per gli armamenti mentre per la cooperazione restano le briciole. Bene così?
“Il governo era partito bene unendo la delega alla cooperazione che già esisteva nell’ambito del ministero degli Esteri alla delega nuova per l’integrazione. Come ministro aveva scelto Andrea Riccardi, il fondatore della Comunità di Sant’Egidio, una persona con una storia importante, che fa sperare in un impegno politico strategico. Nella manovra presentata lunedì in parlamento, però, si guarda solo all’Italia. Manca un ragionamento aperto al mondo. La cooperazione è la grande assente. Bisogna farla tornare, la politica se ne deve rendere conto”.
I tagli non riguardano le spese militari…
“Era lì che bisognava tagliare. In un momento così drammatico per l’Italia si dovevano, tanto per fare un esempio, cancellare le spese miliardarie per i nuovi cacciabombardieri F-35 già messe in bilancio. Bisognava almeno rinviare gli acquisti a una stagione meno difficile, sempre qualora fossero ritenuti necessari per la pace”.
L’iter parlamentare della manovra non è concluso. Ci potranno essere cambiamenti in positivo?
“Spero che si cominci al più presto a pensare alla cooperazione come a un altro modo di fare politica di pace. Bisogna ridurre le spese militari avviando allo stesso tempo un percorso virtuoso di cooperazione, che faccia giocare all’Italia un ruolo attivo per la giustizia tra i popoli. La credibilità dell’Italia in materia di cooperazione, per altro, è superiore a quella di cui gode in ambito militare. Dobbiamo fare tesoro della nostra presenza diffusa nel sistema di mediazione e dialogo tra i popoli. Penso alla rete dei missionari italiani nel mondo, alla solidarietà dimostrata tante volte dai nostri concittadini. A livello internazionale l’Italia è ben vista per questo suo modo di costruire le relazioni. Il nuovo ministro Riccardi può concretizzare queste idee e farle abbracciare dal governo nel suo complesso”.
Riccardi dovrà occuparsi anche di “integrazione”. Cosa si aspetta?
“Il governo è chiamato a definire una prospettiva di gestione dei flussi migratori intelligente. È un compito difficile, ma noi non ci arrendiamo. Le rivolte del Nord Africa ci insegnano che non possiamo guardare ai popoli della sponda sud del Mediterraneo senza farci carico dei loro problemi. Cooperazione e gestione dei flussi migratori devono essere intese come una politica unitaria, che ha l’obiettivo di far tornare il Mediterraneo una grande area di sviluppo. Solo così l’Italia può riposizionarsi al centro dell’Europa. Le migrazioni possono essere uno strumento prezioso per lo sviluppo di un popolo. Lo sappiamo dagli anni ’50, quando il lavoro dei nostri emigranti favorì l’affermazione dell’Italia in Europa. Questo governo ha la possibilità di far cambiare gli occhiali con i quali guardiamo al mondo. Mi ha colpito quando Riccardi ha detto di aver due compiti: l’integrazione dei cittadini stranieri con gli italiani, ma anche quella degli italiani con i cittadini stranieri’”.
Il neo-ministro degli Esteri Giulio Terzi ha sostenuto che dopo 10 anni di intervento militare ci sono “numerosi ed evidenti segnali di progresso” in Afghanistan. Il suo è un buon inizio?
“Le decisioni sulla presenza dei militari italiani a Kabul devono essere concordate con gli altri paesi. Ci vuole spirito pragmatico perché la garanzia del mantenimento della pace è fondamentale e a pagare non devono essere gli afgani. Di sicuro, però, chiediamo un cambiamento di rotta. Le strategie militari sono state un fallimento”.
Tweet |
Sono presenti 0 commenti
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.