Dopo il vertice europeo di Bruxelles, la Gran Bretagna fuori dagli accordi sull’unione di bilancio e sul fondo salva-Stati
Patto a 26 per un’Unione di bilancio: tutti inclusi, tranne la Gran Bretagna. 200 miliardi di risorse aggiuntive al Fondo monetario internazionale. Fondo salva Stati permanente anticipato a metà 2012. Questi i risultati principali della due giorni di incontri che ha visto anche momenti di tensione soprattutto nei confronti di Londra. Da Bruxelles, Laura Serassio
Radio Vaticana - Dunque il vertice di Bruxelles ha sancito la frattura tra la Gran Bretagna e il resto dell’Europa unita. Ma quali conseguenze si possono ipotizzare con l’isolamento di Londra? Benedetta Capelli ha raccolto l’opinione dell’economista Francesco Carlà. E a Bruxelles quella di ieri è stata una giornata importante anche per un altro motivo. Dal 1° luglio 2013 la Croazia diventerà il 28° Stato dell’Unione Europea. Il trattato di adesione è stato firmato ieri dai capi di Stato e di Governo, riuniti a Bruxelles. “Un giorno storico”, lo ha definito il presidente europeo, Herman Van Rompuy, pur consapevole che questo ulteriore allargamento giunge in un momento particolarmente delicato non solo per l’economia, ma anche per le Istituzioni europee . Quanto peserà Zagabria sull’Europa unita e quanto, invece, la aiuterà a superare questo periodo difficile? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Francesco Gui, docente di Storia dell’Europa presso l’Università La Sapienza di Roma.
R. – La Croazia è sicuramente un Paese con un suo dinamismo, con una sua importanza e quindi non è una cosa trascurabile l’ingresso della Croazia, assolutamente. Naturalmente siamo in un contesto di 27 che diventano 28, con un sistema istituzionale ancora abbastanza in formazione e quindi – come sapete – in certe circostanze, anche eventualmente per sottoscrivere nuovi trattati, basta il veto di un singolo Paese per bloccare i processi. Quindi più si aggiungono Paesi con un contesto di questo tipo, più ovviamente l’Unione mostra delle debolezze intrinseche, di cui stiamo sperimentando anche in questi giorni la realtà. Crescere vuol dire anche mostrare che l’Europa diventa sempre più importante, che c’è l’attenzione e la volontà di aderire. Dobbiamo, però, farci una cultura della integrazione europea che ancora ci manca.
D. – Alcuni osservatori credono, inoltre, che questo complichi un po’ le cose anche sul fronte diplomatico, in una situazione in cui l’Ue non riesce ancora a parlare a una sola voce…
R. – Fare un discorso sull’assetto istituzionale dell’Unione Europea è un po’ complicato, ma sicuramente non c’è stata ancora una scelta chiara fra modello – chiamiamolo – di tipo federale, che comporta la creazione di istituzioni democratiche, con poteri reali a livello sovranazionale; oppure mantenere un livello intergovernativo prevalente. Nel caso del modello prevalente, c’è da chiedersi se questa moltiplicazione di Stati nazionali sovrani sia utile: avevamo, ad esempio, una Jugoslavia e ora ne abbiamo 5-6-7; ognuna di queste trasformata in Stato nazionale sovrano. Questo comporta delle deformazioni proprio all’interno delle istituzioni dell’Unione Europea a favore di questa pluralità di Stati piccoli, che rende più difficile i processi decisionali.
D. – Che cosa ci vorrebbe, in pratica, per risolvere questa situazione?
R. - Naturalmente in un sistema federale ci sono due sedi della rappresentanza: una del popolo in quanto tale, nella sua “uti singuli”, come singoli individui, e una rappresentanza degli Stati. Nel Parlamento europeo, c’è stata – ad esempio – una risoluzione tedesca, della Cdu tedesca di qualche giorno fa, in cui si diceva: “Da una parte possiamo eleggere il presidente della Commissione a suffragio universale – sarebbe una cosa molto importante avere un vero presidente sostenuto dal consenso di tutto il popolo europeo – e dall’altra, però, riequilibrare i seggi almeno nel Parlamento europeo: attualmente i Paesi più grandi sotto rappresentati e i Paesi piccoli hanno molti più seggi di quelli che a loro spetterebbero. Anche questo è un problema che, secondo me, gli stessi tedeschi hanno difficoltà ad accettare.
Radio Vaticana - Dunque il vertice di Bruxelles ha sancito la frattura tra la Gran Bretagna e il resto dell’Europa unita. Ma quali conseguenze si possono ipotizzare con l’isolamento di Londra? Benedetta Capelli ha raccolto l’opinione dell’economista Francesco Carlà. E a Bruxelles quella di ieri è stata una giornata importante anche per un altro motivo. Dal 1° luglio 2013 la Croazia diventerà il 28° Stato dell’Unione Europea. Il trattato di adesione è stato firmato ieri dai capi di Stato e di Governo, riuniti a Bruxelles. “Un giorno storico”, lo ha definito il presidente europeo, Herman Van Rompuy, pur consapevole che questo ulteriore allargamento giunge in un momento particolarmente delicato non solo per l’economia, ma anche per le Istituzioni europee . Quanto peserà Zagabria sull’Europa unita e quanto, invece, la aiuterà a superare questo periodo difficile? Salvatore Sabatino lo ha chiesto a Francesco Gui, docente di Storia dell’Europa presso l’Università La Sapienza di Roma.
R. – La Croazia è sicuramente un Paese con un suo dinamismo, con una sua importanza e quindi non è una cosa trascurabile l’ingresso della Croazia, assolutamente. Naturalmente siamo in un contesto di 27 che diventano 28, con un sistema istituzionale ancora abbastanza in formazione e quindi – come sapete – in certe circostanze, anche eventualmente per sottoscrivere nuovi trattati, basta il veto di un singolo Paese per bloccare i processi. Quindi più si aggiungono Paesi con un contesto di questo tipo, più ovviamente l’Unione mostra delle debolezze intrinseche, di cui stiamo sperimentando anche in questi giorni la realtà. Crescere vuol dire anche mostrare che l’Europa diventa sempre più importante, che c’è l’attenzione e la volontà di aderire. Dobbiamo, però, farci una cultura della integrazione europea che ancora ci manca.
D. – Alcuni osservatori credono, inoltre, che questo complichi un po’ le cose anche sul fronte diplomatico, in una situazione in cui l’Ue non riesce ancora a parlare a una sola voce…
R. – Fare un discorso sull’assetto istituzionale dell’Unione Europea è un po’ complicato, ma sicuramente non c’è stata ancora una scelta chiara fra modello – chiamiamolo – di tipo federale, che comporta la creazione di istituzioni democratiche, con poteri reali a livello sovranazionale; oppure mantenere un livello intergovernativo prevalente. Nel caso del modello prevalente, c’è da chiedersi se questa moltiplicazione di Stati nazionali sovrani sia utile: avevamo, ad esempio, una Jugoslavia e ora ne abbiamo 5-6-7; ognuna di queste trasformata in Stato nazionale sovrano. Questo comporta delle deformazioni proprio all’interno delle istituzioni dell’Unione Europea a favore di questa pluralità di Stati piccoli, che rende più difficile i processi decisionali.
D. – Che cosa ci vorrebbe, in pratica, per risolvere questa situazione?
R. - Naturalmente in un sistema federale ci sono due sedi della rappresentanza: una del popolo in quanto tale, nella sua “uti singuli”, come singoli individui, e una rappresentanza degli Stati. Nel Parlamento europeo, c’è stata – ad esempio – una risoluzione tedesca, della Cdu tedesca di qualche giorno fa, in cui si diceva: “Da una parte possiamo eleggere il presidente della Commissione a suffragio universale – sarebbe una cosa molto importante avere un vero presidente sostenuto dal consenso di tutto il popolo europeo – e dall’altra, però, riequilibrare i seggi almeno nel Parlamento europeo: attualmente i Paesi più grandi sotto rappresentati e i Paesi piccoli hanno molti più seggi di quelli che a loro spetterebbero. Anche questo è un problema che, secondo me, gli stessi tedeschi hanno difficoltà ad accettare.
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