Una società “fragile, isolata ed etero diretta”, con una dialettica politica “prigioniera dei poteri finanziari che fanno rigore ma non sviluppo”. Così, il Censis vede l’Italia nel suo 45.mo Rapporto sulla situazione sociale del Paese presentato oggi.
RadioVaticana - a fronte del passo lento dello sviluppo, della debolezza delle famiglie, della disoccupazione giovanile, c’è una responsabilità collettiva pronta ad entrare in gioco, sostiene il Censis, con oltre un italiano su due disponibile a fare sacrifici per l’interesse generale del Paese. Il servizio di Gabriella Ceraso: ascolta.
Il quadro del Censis ha cornice e tinte in chiaroscuro. La società italiana che ha resistito nel picco della crisi tra il 2008 e il 2009 è ora fragile, per il non governo della finanza globalizzata. Sul piano interno, ciò significa un sentimento di stanchezza collettiva e di inerte fatalismo rispetto al problema del debito pubblico. L’Italia è dunque fuori dai grandi processi internazionali ed "etero diretta", con l’Europa che detta l’agenda. Inoltre, la personalizzazione del potere degli ultimi 20 anni – sostiene il Censis – ha indebolito la forza di governo che, avendo ceduto sul fronte della dialettica, è ora prigioniera dei mercati e dei poteri finanziari. Questo il quadro. Le cifre, ora: giovani e famiglie, le vittime principali della crisi. Una vera scure si è abbattuta sugli under-35: in quattro anni il numero degli occupati è diminuito di 980 mila unità e nel 2010 quasi un giovane su quattro non studia né lavora. Sono scoraggiati, i giovani italiani, e anche i meno propensi in Europa a lavorare all’estero. Aumentano inoltre le famiglie italiane in difficoltà: più 14,6% dal 2006, e oltre un milione ha intaccato il patrimonio o contratto debiti. Resta la casa di proprietà per l’82% delle famiglie, ma si riduce per essi il reddito disponibile e cade la propensione al risparmio.
Ampliando lo sguardo, mentre l’occupazione ufficiale stenta a dare segnali di ripresa, cresce quella sommersa. Un italiano su tre giudica peggiorato, negli ultimi due anni, il servizio sanitario e con esso tutto il sistema dei servizi che – causa tagli alla spesa pubblica – mostra evidenti segnali di criticità. Ma c’è un’altra faccia del momento negativo che l’Italia sta attraversando. Ce la racconta Carla Colicelli, vice direttore del Censis:
R. – Innanzitutto, noi abbiamo riscontrato un recupero di serietà ed anche di razionalità: molto più di prima, gli italiani oggi si sentono pronti a sacrificare qualcosa di personale per il bene collettivo, e di farlo sulla base dei valori e dei principi più solidi e tradizionali, e non solo – quindi – sull’onda dell’emotività.
D. – Si sente anche molto forte l’urgenza di abbattere le diseguaglianze economiche...
R. – Sì, infatti, questi valori e principi fondamentali sui quali notiamo, in questi mesi, un recupero, riguardano l’accoglienza nei confronti dei "diversi", la serietà nella gestione del proprio patrimonio, delle relazioni umane …
D. – A cosa puntare, dunque, secondo il Censis?
R. – Noi abbiamo un grossissimo debito pubblico, ma è ben più consistente la ricchezza che le famiglie hanno. Andrebbe messo a frutto: bisogna ripensare un po’ anche tutto il sistema di welfare; bisogna puntare su quell’export che funziona, perché sussistono ancora grandi legami comunitari che vanno maggiormente valorizzati, per poi valorizzare i nuovi italiani, i nuovi cittadini. Troppo spesso, noi abbiamo ancora un approccio un po’ provinciale.
RadioVaticana - a fronte del passo lento dello sviluppo, della debolezza delle famiglie, della disoccupazione giovanile, c’è una responsabilità collettiva pronta ad entrare in gioco, sostiene il Censis, con oltre un italiano su due disponibile a fare sacrifici per l’interesse generale del Paese. Il servizio di Gabriella Ceraso: ascolta.
Il quadro del Censis ha cornice e tinte in chiaroscuro. La società italiana che ha resistito nel picco della crisi tra il 2008 e il 2009 è ora fragile, per il non governo della finanza globalizzata. Sul piano interno, ciò significa un sentimento di stanchezza collettiva e di inerte fatalismo rispetto al problema del debito pubblico. L’Italia è dunque fuori dai grandi processi internazionali ed "etero diretta", con l’Europa che detta l’agenda. Inoltre, la personalizzazione del potere degli ultimi 20 anni – sostiene il Censis – ha indebolito la forza di governo che, avendo ceduto sul fronte della dialettica, è ora prigioniera dei mercati e dei poteri finanziari. Questo il quadro. Le cifre, ora: giovani e famiglie, le vittime principali della crisi. Una vera scure si è abbattuta sugli under-35: in quattro anni il numero degli occupati è diminuito di 980 mila unità e nel 2010 quasi un giovane su quattro non studia né lavora. Sono scoraggiati, i giovani italiani, e anche i meno propensi in Europa a lavorare all’estero. Aumentano inoltre le famiglie italiane in difficoltà: più 14,6% dal 2006, e oltre un milione ha intaccato il patrimonio o contratto debiti. Resta la casa di proprietà per l’82% delle famiglie, ma si riduce per essi il reddito disponibile e cade la propensione al risparmio.
Ampliando lo sguardo, mentre l’occupazione ufficiale stenta a dare segnali di ripresa, cresce quella sommersa. Un italiano su tre giudica peggiorato, negli ultimi due anni, il servizio sanitario e con esso tutto il sistema dei servizi che – causa tagli alla spesa pubblica – mostra evidenti segnali di criticità. Ma c’è un’altra faccia del momento negativo che l’Italia sta attraversando. Ce la racconta Carla Colicelli, vice direttore del Censis:
R. – Innanzitutto, noi abbiamo riscontrato un recupero di serietà ed anche di razionalità: molto più di prima, gli italiani oggi si sentono pronti a sacrificare qualcosa di personale per il bene collettivo, e di farlo sulla base dei valori e dei principi più solidi e tradizionali, e non solo – quindi – sull’onda dell’emotività.
D. – Si sente anche molto forte l’urgenza di abbattere le diseguaglianze economiche...
R. – Sì, infatti, questi valori e principi fondamentali sui quali notiamo, in questi mesi, un recupero, riguardano l’accoglienza nei confronti dei "diversi", la serietà nella gestione del proprio patrimonio, delle relazioni umane …
D. – A cosa puntare, dunque, secondo il Censis?
R. – Noi abbiamo un grossissimo debito pubblico, ma è ben più consistente la ricchezza che le famiglie hanno. Andrebbe messo a frutto: bisogna ripensare un po’ anche tutto il sistema di welfare; bisogna puntare su quell’export che funziona, perché sussistono ancora grandi legami comunitari che vanno maggiormente valorizzati, per poi valorizzare i nuovi italiani, i nuovi cittadini. Troppo spesso, noi abbiamo ancora un approccio un po’ provinciale.
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