Sempre preoccupante il nuovo scontro diplomatico tra Stati Uniti e Iran dopo le minacce di Teheran di chiudere lo stretto di Hormuz in caso di nuove sanzioni economiche occidentali.
Radio Vaticana - Da parte sua, l’Unione Europea ha ribadito la linea dura di fronte al controverso programma nucleare della Repubblica Islamica. Sullo sfondo c’è il rischio di bloccare il principale crocevia del traffico mondiale di petrolio via mare. Ma quanto è credibile questa intimidazione? Eugenio Bonanata lo ha chiesto a Riccardo Redaelli, docente di Geopolitica all'Università Cattolica di Milano: ascolta
R. – È difficile che l’Iran abbia le capacità militari di chiudere in modo permanente o continuato lo stretto di Hormuz. Quello che può fare, però, se siano presenti le condizioni in quello stretto – praticamente un mare molto basso, con delle vie obbligate molto strette per le petroliere – è causare danni. L’Iran ha una sede di piccoli vascelli veloci su cui sono posizionati missili di corto raggio, che possono procurare danni. L’effetto, più che un blocco militare vero e proprio, è quello di creare il panico soprattutto a livello finanziario sul mercato energetico.
D. – La chiusura avrebbe, però, ricadute negative anche sull’economia iraniana…
R. – Ovviamente. Questa è una mossa della disperazione. Infatti, l’Iran la minaccia solo quando si parla di embargo petrolifero, e cioè “se voi bloccate il mio petrolio, allora io blocco anche il petrolio degli altri Paesi”. È, come dire, una partita a scacchi sul filo del rasoio. Il problema è che quando ogni giocatore pensa che l’altro voglia barare e voglia puntare al peggio, è molto facile che alla fine qualcuno sbagli a frenare all’ultimo minuto e ci sia un impatto, e questo avrebbe conseguenze molto gravi per la situazione internazionale.
D. – Secondo lei, è inopportuno parlare di attacco preventivo all’Iran?
R. – Se ne parla da anni, in realtà. Oggi è ritornata e in modo molto più convincente, un pò perché la comunità internazionale ha proprio perso la pazienza e un po' perché gli iraniani di oggi sono un regime che ha schiacciato la propria popolazione, ha represso ogni dissenso, ha eliminato i riformisti, che una volta erano al governo, e quindi mostra un volto peggiore. E poi i progressi sul nucleare sono sempre più allarmanti: l’ultimo rapporto dell’Agenzia Atomica Internazionale è stato estremamente preoccupante. Quindi, la minaccia di un attacco militare contro infrazioni nucleari c’è. Non dimentichiamoci che siamo in campagna elettorale negli Stati Uniti e in America le elezioni si vincono anche facendo la faccia feroce contro l’Iran, che è un pò il "nemico metafisico" degli Stati Uniti. (ap)
Radio Vaticana - Da parte sua, l’Unione Europea ha ribadito la linea dura di fronte al controverso programma nucleare della Repubblica Islamica. Sullo sfondo c’è il rischio di bloccare il principale crocevia del traffico mondiale di petrolio via mare. Ma quanto è credibile questa intimidazione? Eugenio Bonanata lo ha chiesto a Riccardo Redaelli, docente di Geopolitica all'Università Cattolica di Milano: ascolta
R. – È difficile che l’Iran abbia le capacità militari di chiudere in modo permanente o continuato lo stretto di Hormuz. Quello che può fare, però, se siano presenti le condizioni in quello stretto – praticamente un mare molto basso, con delle vie obbligate molto strette per le petroliere – è causare danni. L’Iran ha una sede di piccoli vascelli veloci su cui sono posizionati missili di corto raggio, che possono procurare danni. L’effetto, più che un blocco militare vero e proprio, è quello di creare il panico soprattutto a livello finanziario sul mercato energetico.
D. – La chiusura avrebbe, però, ricadute negative anche sull’economia iraniana…
R. – Ovviamente. Questa è una mossa della disperazione. Infatti, l’Iran la minaccia solo quando si parla di embargo petrolifero, e cioè “se voi bloccate il mio petrolio, allora io blocco anche il petrolio degli altri Paesi”. È, come dire, una partita a scacchi sul filo del rasoio. Il problema è che quando ogni giocatore pensa che l’altro voglia barare e voglia puntare al peggio, è molto facile che alla fine qualcuno sbagli a frenare all’ultimo minuto e ci sia un impatto, e questo avrebbe conseguenze molto gravi per la situazione internazionale.
D. – Secondo lei, è inopportuno parlare di attacco preventivo all’Iran?
R. – Se ne parla da anni, in realtà. Oggi è ritornata e in modo molto più convincente, un pò perché la comunità internazionale ha proprio perso la pazienza e un po' perché gli iraniani di oggi sono un regime che ha schiacciato la propria popolazione, ha represso ogni dissenso, ha eliminato i riformisti, che una volta erano al governo, e quindi mostra un volto peggiore. E poi i progressi sul nucleare sono sempre più allarmanti: l’ultimo rapporto dell’Agenzia Atomica Internazionale è stato estremamente preoccupante. Quindi, la minaccia di un attacco militare contro infrazioni nucleari c’è. Non dimentichiamoci che siamo in campagna elettorale negli Stati Uniti e in America le elezioni si vincono anche facendo la faccia feroce contro l’Iran, che è un pò il "nemico metafisico" degli Stati Uniti. (ap)
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