giovedì, gennaio 12, 2012
In Italia crisi e spese militari sembrano avere qualcosa in comune. Quando cresce l’allarme sull’una, aumentano le altre. Meno sicurezza c’è sulle risorse, più spesa si fa. È quanto emerge da uno studio dell’istituto di ricerche internazionali Archivio Disarmo e condotto da Luigi Barbato, in cui si mostra nel dettaglio la lista della ‘spesa’ militare italiana in tempi di magra.

Il Redattore Sociale -Negli ultimi cinque anni, infatti, la spesa ha avuto alti e bassi. Nel 2007, il nostro Paese ha speso 20.194,7 milioni di euro per questo settore. Nel 2008 ben 21.132,4 milioni di euro: il picco del quinquennio. Poi la spesa è calata raggiungendo i 20.294,3 milioni di euro nel 2009, per tornare a salire negli ultimi due anni: 20.364,4 milioni nel 2010 e 20.556,9 milioni nel 2011, con un incremento in quest’ultimo anno rispetto al precedente dello 0,9%. A guardar bene i dati non sfugge una strana corrispondenza. Il picco della spesa avviene nel 2008, l’anno in cui si inizia a parlare con maggiore preoccupazione di “crisi”. Poi cala del 4% (dal 2007 al 2008 era salito del 4,6%, mentre dal 2006 al 2007 la variazione è stata di ben il 13,6%), per poi tornare sistematicamente a crescere negli anni successivi, fino ad oggi. Ai 20 miliardi e mezzo di euro del 2011, però, spiega Maurizio Simoncelli, vicepresidente dell’Archivio Disarmo, vanno aggiunti circa 3 miliardi di euro inscritti nei bilanci di altri ministeri per scopi militari. “Il ministero dell’Economia e Finanze stanzia 754,3 milioni di euro per il Fondo di riserva per le spese derivanti dalla proroga delle missioni internazionali di pace – spiega l’Archivio Disarmo -, il ministero dello Sviluppo economico stanzia 1.483 milioni di euro destinato ad Interventi agevolativi per il settore aeronautico, 510 milioni di euro destinato ad interventi per lo sviluppo e l’acquisizione delle unità navali della classe Fremm (fregata europea multimissione) e una percentuale del budget del Miur viene destinata a progetti in ambito spaziale e satellitare delle forze armate. A questi vanno aggiunti il miliardo e mezzo di tutte le missioni di peacekeeping”.

Ma non è finita. Nei capitoli di spesa degli anni a venire l’Italia ha già qualcosa da inserire. “Sul bilancio dello Stato – spiega Simoncelli -, attualmente, esistono ben 71 programmi di ammodernamento e riconfigurazione di sistemi d’arma, che ipotecano la spesa bellica da qui al 2026. C’è anche il discorso del soldato del futuro: si parla di 25 miliardi nell’arco di 20 anni come se niente fosse. Si tratta di una serie di ipoteche sui bilanci degli anni prossimi che adesso non appaiono nei bilanci della Difesa, ma sono programmi che vengono approvati”. E tutto questo proprio quando a tutti gli italiani è chiesto di fare sacrifici. “In un contesto di crisi economica – spiega Barbato -, i sacrifici richiesti ai cittadini, sia in termini di maggiore fiscalità che di tagli allo stato sociale, impongono una doverosa riflessione sulla sostenibilità economica dell’attuale modello di Difesa. Inoltre sarebbe opportuna anche una aperta discussione in sede politica della congruità di alcuni programmi di acquisizione di armamenti particolarmente costosi e di dubbia rispondenza anche al modello di Difesa attualmente in vigore”. Le voci della spesa militare italiana sono molteplici. Tra armi e mezzi militari, si perde il conto delle cifre a sei zeri snocciolate tanto che viene da chiedersi se tra le innumerevoli sigle non sia proprio possibile ricavare qualche possibile risparmio, senza dover tagliare sempre ai soliti bilanci. Il timore, spiega Barbato, è che “un Paese che trascura le spese sociali, la scuola, l’università, la ricerca e i beni culturali è un Paese volto irrimediabilmente al decadimento economico e sociale, pur avendo diverse missioni militari nel mondo, a volte anche con risultati discutibili”.

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