Ma successivamente il presidente della BCE minimizza sul downgread di Standard&Poor's
di Patrizio Ricci
Ieri il governatore Mario Draghi, sentito a Strasburgo dalla commissione economica e finanziaria europea, ha dichiarato “Quando il mio predecessore Jean-Calude Trichet si è rivolto a questa Commissione a ottobre ha detto che questa crisi aveva raggiunto dimensioni sistemiche. Da allora è peggiorata. Siamo in una situazione gravissima e non dobbiamo assolutamente nasconderlo”. Proprio mentre il presidente della Bce si trovava ancora all'Europarlamento ed esortava a mantener fede alle decisioni prese, l’agenzia Standard & Poor’s comunicava di aver tagliato il rating sul fondo “Salva Stati” (l’European stability mechanism) da 'AAA' a 'AA+', perché non era più sostenuto “dalle garanzie di membri con rating AAA” . Standard & Poor's venerdì scorso aveva già declassato sei paesi, tra cui l’Italia, perché “le iniziative politiche adottate dai responsabili europei nel corso delle ultime settimane potrebbero essere insufficienti per affrontare pienamente gli attuali problemi sistemici nell’area dell’euro“. In definitiva, l’agenzia ha giudicato con scetticismo le misure di austerità messe in atto dai singoli governi europei perché recessive: i mercati temono l’austerità più del debito. Ma a stretto giro, è arrivata la pesante replica del governatore della BCE: "I mercati e gli enti regolamentari procedano senza rating“; ha poi aggiunto che tali agenzie, pur se importanti, sono “solo uno dei fattori utili per la valutazione” ed infine ha ammonito che "bisogna attuare tempestivamente le decisioni che sono state prese al vertice europeo” .
Dello stesso avviso si è dimostrato il presidente Sarkozy che ha commentato il downgrade sostenendo che sostanzialmente ”non cambia nulla”, e gli ha fatto eco il commissario europeo degli affari economici e monetari Olli Rehn che ha messo in seria discussione anche l’obiettività e l’imparzialità delle agenzie americane.
In realtà le valutazioni delle agenzie di rating non sono prive di conflitti di interesse o di errori. Essi sono provati da vicende in cui si evince la valutazione errata, come ad esempio avvenne con il crack della Orange County negli USA nel 1996 a cui l’agenzia Standard & Poor’s aveva dato ‘AA’, e nel 2003 quello della Parmalat che dalla stessa agenzia aveva avuto per tre anni consecutivi il rating BBB.
Ma “rassicurare” gli investitori non potrà ottenere sempre l’effetto sperato: se al giudizio dell’agenzia Standard & Poors si aggiungeranno quello delle altre (Moody's e Fitch), le cose potranno andare diversamente. Il motivo è “tecnico”: allo stato attuale non esiste un modo per diminuire l’influenza esercitata dalle agenzie di rating sulle decisioni dei mercati. Ciò avviene perché la maggior parte dei grandi investitori (che sono principalmente assicurazioni di fondi) per statuto sono obbligati ad avere in portafoglio solo determinati prodotti finanziari dotati almeno del giudizio ‘A’. Tuttavia, perché un downgrade abbia ripercussioni sensibili occorre che la valutazione sia adottata da almeno due delle tre principali agenzie. In tale evenienza, un altro eventuale declassamento costringerebbe obbligatoriamente molti grandi investitori a liberarsi al più presto dei prodotti di debito pubblico in portafoglio, e naturalmente ciò avrebbe un effetto nefasto anche sulle banche e sulle grandi emissioni societarie. E’ facile allora dar credito ai dubbi sull’imparzialità quando osserviamo che le agenzie di rating sono società quotate in borsa, per fare profitto, e che sono a loro volte possedute da grandi società finanziarie, e che la maggior parte dei pacchetti di maggioranza sono detenuti da pochi uomini di affari.
Ed ecco perché è positiva la forte presa di posizione europea, che ha rassicurato i mercati: la borsa di Milano per esempio ha chiuso ieri con il segno positivo e lo spread è tornato sotto quota 500.
di Patrizio Ricci
Ieri il governatore Mario Draghi, sentito a Strasburgo dalla commissione economica e finanziaria europea, ha dichiarato “Quando il mio predecessore Jean-Calude Trichet si è rivolto a questa Commissione a ottobre ha detto che questa crisi aveva raggiunto dimensioni sistemiche. Da allora è peggiorata. Siamo in una situazione gravissima e non dobbiamo assolutamente nasconderlo”. Proprio mentre il presidente della Bce si trovava ancora all'Europarlamento ed esortava a mantener fede alle decisioni prese, l’agenzia Standard & Poor’s comunicava di aver tagliato il rating sul fondo “Salva Stati” (l’European stability mechanism) da 'AAA' a 'AA+', perché non era più sostenuto “dalle garanzie di membri con rating AAA” . Standard & Poor's venerdì scorso aveva già declassato sei paesi, tra cui l’Italia, perché “le iniziative politiche adottate dai responsabili europei nel corso delle ultime settimane potrebbero essere insufficienti per affrontare pienamente gli attuali problemi sistemici nell’area dell’euro“. In definitiva, l’agenzia ha giudicato con scetticismo le misure di austerità messe in atto dai singoli governi europei perché recessive: i mercati temono l’austerità più del debito. Ma a stretto giro, è arrivata la pesante replica del governatore della BCE: "I mercati e gli enti regolamentari procedano senza rating“; ha poi aggiunto che tali agenzie, pur se importanti, sono “solo uno dei fattori utili per la valutazione” ed infine ha ammonito che "bisogna attuare tempestivamente le decisioni che sono state prese al vertice europeo” .
Dello stesso avviso si è dimostrato il presidente Sarkozy che ha commentato il downgrade sostenendo che sostanzialmente ”non cambia nulla”, e gli ha fatto eco il commissario europeo degli affari economici e monetari Olli Rehn che ha messo in seria discussione anche l’obiettività e l’imparzialità delle agenzie americane.
In realtà le valutazioni delle agenzie di rating non sono prive di conflitti di interesse o di errori. Essi sono provati da vicende in cui si evince la valutazione errata, come ad esempio avvenne con il crack della Orange County negli USA nel 1996 a cui l’agenzia Standard & Poor’s aveva dato ‘AA’, e nel 2003 quello della Parmalat che dalla stessa agenzia aveva avuto per tre anni consecutivi il rating BBB.
Ma “rassicurare” gli investitori non potrà ottenere sempre l’effetto sperato: se al giudizio dell’agenzia Standard & Poors si aggiungeranno quello delle altre (Moody's e Fitch), le cose potranno andare diversamente. Il motivo è “tecnico”: allo stato attuale non esiste un modo per diminuire l’influenza esercitata dalle agenzie di rating sulle decisioni dei mercati. Ciò avviene perché la maggior parte dei grandi investitori (che sono principalmente assicurazioni di fondi) per statuto sono obbligati ad avere in portafoglio solo determinati prodotti finanziari dotati almeno del giudizio ‘A’. Tuttavia, perché un downgrade abbia ripercussioni sensibili occorre che la valutazione sia adottata da almeno due delle tre principali agenzie. In tale evenienza, un altro eventuale declassamento costringerebbe obbligatoriamente molti grandi investitori a liberarsi al più presto dei prodotti di debito pubblico in portafoglio, e naturalmente ciò avrebbe un effetto nefasto anche sulle banche e sulle grandi emissioni societarie. E’ facile allora dar credito ai dubbi sull’imparzialità quando osserviamo che le agenzie di rating sono società quotate in borsa, per fare profitto, e che sono a loro volte possedute da grandi società finanziarie, e che la maggior parte dei pacchetti di maggioranza sono detenuti da pochi uomini di affari.
Ed ecco perché è positiva la forte presa di posizione europea, che ha rassicurato i mercati: la borsa di Milano per esempio ha chiuso ieri con il segno positivo e lo spread è tornato sotto quota 500.
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