Francesco D’Agostino, presidente dell’Unione Giuristi Cattolici Italiani (UGCI), membro della Pontificia Accademia per la Vita nonché del Consiglio Scientifico dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana, ha scritto un interessante articolo su Avvenire intitolato: “Perché non possiamo non dirci antirelativisti”.
Uccr - Pochi giorni dopo ne ha parlato anche Padre Giovanni Cavalcoli sul sito “Libertà e Persona“, dicendo: «Si sostiene che tutti cerchiamo la verità, ma in maniere diverse: ciò che è vero per me non lo è per te». Ma ciò non fa problema, dice Padre Giovanni. «E’ segno di libertà e di pluralismo. E guai a chi pretende “confutare”, “correggere” o “condannare” in base al proprio concetto di verità, chi ne avesse uno “diverso”. La “diversità” (scambiata con la contrarietà e il falso), si dice, è una ricchezza, è un valore. Non dobbiamo essere tutti fatti con lo stampino. Ognuno dev’esser libero di concepire la verità come crede, “secondo la propria coscienza”. E’ chiaro – dico io – che la legittima diversità è un valore. Ma non va scambiata col falso e con l’errore. Anche il malato è “diverso” dal sano. Ma chi avrebbe piacere di essere malato e di godere di questa “diversità”?».
D’Agostino approfondisce, elencando cinque motivi per cui bisogna essere assolutamente antirelativisti. In particolare sono 3 argomenti laici e 2 cattolici. Egli dice:
1) Il relativismo è incompatibile con il riconoscimento dei diritti umani, come diritti fondamentali e inviolabili di ogni uomo, quale che sia la sua cultura e la sua religione di appartenenza. Da quando le Nazioni Unite hanno approvato nel 1948 la grande Carta dei Diritti si sono moltiplicati i tentativi di criticarla, di minimizzarla, di ridicolizzarla, di interpretarla come una mera risposta a aspettative storiche contingenti. La Carta dell’Onu, però, ha resistito a tutte le intemperie e continua ad essere il modello per tutte le ulteriori Carte dei diritti umani. È un dato, questo, su cui i relativisti non si fermano mai a riflettere.
2) Il relativismo, o almeno quello patrocinato dai ‘relativisti’, non è mai veramente tale, perché a partire da esso, ma contro ogni buona ragione, i relativisti si fanno promotori della tolleranza, della democrazia e della libertà, di tre valori splendidi, assolutamente “non relativizzabili”. La contraddizione è palese. Un vero relativista dovrebbe ragionare in altro modo: poiché non esistono valori assoluti e non ho alcun criterio razionale per stabilire che i valori altrui siano migliori o anche equivalenti ai miei, rispetterò i valori altrui solo quando questo rispetto non mi nuoce: in caso di conflitto, però, cercherò sempre di far prevalere i miei valori, per la semplice ragione che sono i miei e nella serena presunzione che nessuno potrà mai accusarmi di aver agito ingiustamente, dato che per definizione una giustizia assoluta non esiste (almeno per un relativista).
3) Non è vero che democrazia e relativismo siano indissolubili, come pensa Dario Antiseri, citando Kelsen. Lo dimostra il fatto che le grandi democrazie occidentali, partendo dal Regno Unito e dagli Stati Uniti (e mettiamo nel novero anche l’Italia) si fondano su costituzioni liberali, ma non relativistiche.
4) Assimilare, per amore di polemica, gli antirelativisti ai fondamentalisti è assolutamente scorretto. L’antirelativista crede alla verità del bene e assume le parole di Dio come quelle di un Padre, che ama tutti i suoi figli (anche se ‘prodighi’!) e vuole il loro bene. Il fondamentalista, invece, non vede Dio come un Padre, ma come un Sovrano che emana ordini insindacabili e ineludibili da parte degli uomini, cioè dei suoi sudditi ed è pronto a punire con la morte la loro disubbidienza.
5) Il relativismo è incompatibile con l’articolo fondamentale del Credo cristiano: «Credo in un solo Dio». C’è un solo Dio, che ha creato il cielo, la terra e gli esseri umani, che fa piovere sui giusti e sugli ingiusti e che offre a tutti la sua grazia: per questo dobbiamo considerarci tutti fratelli e sperare tutti nella salvezza di tutti. I relativisti reputano insuperabili le differenze tra gli uomini e le loro culture e amano sottolinearne la reciproca irriducibilità; gli antirelativisti operano invece per reinterpretarle, per superarle, per unificarle, nella certezza che tutto nell’esperienza umana può essere volto al bene. Come può un cristiano non essere antirelativista?
Uccr - Pochi giorni dopo ne ha parlato anche Padre Giovanni Cavalcoli sul sito “Libertà e Persona“, dicendo: «Si sostiene che tutti cerchiamo la verità, ma in maniere diverse: ciò che è vero per me non lo è per te». Ma ciò non fa problema, dice Padre Giovanni. «E’ segno di libertà e di pluralismo. E guai a chi pretende “confutare”, “correggere” o “condannare” in base al proprio concetto di verità, chi ne avesse uno “diverso”. La “diversità” (scambiata con la contrarietà e il falso), si dice, è una ricchezza, è un valore. Non dobbiamo essere tutti fatti con lo stampino. Ognuno dev’esser libero di concepire la verità come crede, “secondo la propria coscienza”. E’ chiaro – dico io – che la legittima diversità è un valore. Ma non va scambiata col falso e con l’errore. Anche il malato è “diverso” dal sano. Ma chi avrebbe piacere di essere malato e di godere di questa “diversità”?».
D’Agostino approfondisce, elencando cinque motivi per cui bisogna essere assolutamente antirelativisti. In particolare sono 3 argomenti laici e 2 cattolici. Egli dice:
1) Il relativismo è incompatibile con il riconoscimento dei diritti umani, come diritti fondamentali e inviolabili di ogni uomo, quale che sia la sua cultura e la sua religione di appartenenza. Da quando le Nazioni Unite hanno approvato nel 1948 la grande Carta dei Diritti si sono moltiplicati i tentativi di criticarla, di minimizzarla, di ridicolizzarla, di interpretarla come una mera risposta a aspettative storiche contingenti. La Carta dell’Onu, però, ha resistito a tutte le intemperie e continua ad essere il modello per tutte le ulteriori Carte dei diritti umani. È un dato, questo, su cui i relativisti non si fermano mai a riflettere.
2) Il relativismo, o almeno quello patrocinato dai ‘relativisti’, non è mai veramente tale, perché a partire da esso, ma contro ogni buona ragione, i relativisti si fanno promotori della tolleranza, della democrazia e della libertà, di tre valori splendidi, assolutamente “non relativizzabili”. La contraddizione è palese. Un vero relativista dovrebbe ragionare in altro modo: poiché non esistono valori assoluti e non ho alcun criterio razionale per stabilire che i valori altrui siano migliori o anche equivalenti ai miei, rispetterò i valori altrui solo quando questo rispetto non mi nuoce: in caso di conflitto, però, cercherò sempre di far prevalere i miei valori, per la semplice ragione che sono i miei e nella serena presunzione che nessuno potrà mai accusarmi di aver agito ingiustamente, dato che per definizione una giustizia assoluta non esiste (almeno per un relativista).
3) Non è vero che democrazia e relativismo siano indissolubili, come pensa Dario Antiseri, citando Kelsen. Lo dimostra il fatto che le grandi democrazie occidentali, partendo dal Regno Unito e dagli Stati Uniti (e mettiamo nel novero anche l’Italia) si fondano su costituzioni liberali, ma non relativistiche.
4) Assimilare, per amore di polemica, gli antirelativisti ai fondamentalisti è assolutamente scorretto. L’antirelativista crede alla verità del bene e assume le parole di Dio come quelle di un Padre, che ama tutti i suoi figli (anche se ‘prodighi’!) e vuole il loro bene. Il fondamentalista, invece, non vede Dio come un Padre, ma come un Sovrano che emana ordini insindacabili e ineludibili da parte degli uomini, cioè dei suoi sudditi ed è pronto a punire con la morte la loro disubbidienza.
5) Il relativismo è incompatibile con l’articolo fondamentale del Credo cristiano: «Credo in un solo Dio». C’è un solo Dio, che ha creato il cielo, la terra e gli esseri umani, che fa piovere sui giusti e sugli ingiusti e che offre a tutti la sua grazia: per questo dobbiamo considerarci tutti fratelli e sperare tutti nella salvezza di tutti. I relativisti reputano insuperabili le differenze tra gli uomini e le loro culture e amano sottolinearne la reciproca irriducibilità; gli antirelativisti operano invece per reinterpretarle, per superarle, per unificarle, nella certezza che tutto nell’esperienza umana può essere volto al bene. Come può un cristiano non essere antirelativista?
Tweet |
Sono presenti 0 commenti
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.