E’ accaduto l’impensabile, ed é accaduto sotto gli occhi quasi attoniti di tutti noi telespettatori, bombardati in diretta da una della più angoscianti vicende di mare di questi ultimi decenni
Dolore, rabbia e disperazione per persone che pagano con la vita il pressapochismo imperante. Non mi riferisco solo alla tragedia dell’Isola del Giglio ma anche ad altre tragedie quasi quotidiane che avvengono nel mondo del lavoro. Si muore sui cantieri edili, nelle fabbriche e ovunque qualcuno dimentica che un errore, a volte trascurabile, diventa fonte di dolore e di lacrime per chi resta. Tutto è ormai un pressapochismo dilagante. Abbiamo letto sui giornali di pazienti che, entrati in ospedale per futili motivi, non ne sono usciti più con le loro gambe, poiché qualcuno, che forse pensava ad altro in quel momento, ha scambiato le bombole dell’ossigeno con qualcos’altro.
Ma sì, tanto chi se ne frega! Il lavoro ormai serve solo a portare a casa la michetta e a compiere il minimo indispensabile per mantenersi un posto. Ci fu un tempo, e poi nemmeno tanto lontano, in cui il lavoro (e la dignità che comportava) era un valore altissimo, gratificante al di la d’ogni compenso. Penso che in molti dovremmo andare a rileggerci le pagine dell’immediato dopoguerra per ritrovare quello slancio che permise all’Italia sconfitta, umiliata e vilipesa di assurgere in pochi decenni al rango di settima potenza industriale mondiale. Ma allora altri erano gli uomini, altro il sentire e altro ancora l’amore per la Nazione e per il suo onore. Oggi invece siam qui a mendicare aiuti a destra e a manca per sopravvivere al nostro rifiuto di sacrifici necessari. Illustri professionisti storcono il naso ora che qualcuno che ha conservato dentro di sé la tempra di cui sopra li prende per il bavero e li scrolla un momentino, affinché si adeguino ai tempi in cui le vacche magre debbono essere per tutti e non solo per alcuni che non hanno davanti al loro cognome quella parolina che li pone un palmo sopra gli altri: Dr., Avv., Ing. e via discorrendo. Che hanno mai fatto questi illustri signori per sentirsi padreterni? Non sono forse italiani a loro volta?
Invece di sbraitare contro un doveroso richiamo all’ordine prendiamo coscienza d’essere un popolo che fu grande e che conserva ancora dentro di sé quel quid che gli potrebbe permettere di tornar tale. Torniamo ad essere seri, vigili e consapevoli di quanto l’impegno del singolo possa contribuire a far sì che tragedie come questa non s’abbiano più a ripetere sotto gli occhi beffardi del pianeta. Certamente siamo sempre uomini e, come tali, soggetti a compiere errori, ma siccome ne siamo consapevoli cerchiamo di far sempre del nostro meglio, anche se questa società degradata ci bollerà come dei fessi.
So bene che quanto sto scrivendo passerà inosservato e magari bollato di perbenismo o di predica ma, credetemi, o noi cambiamo ora o di navi alla deriva ne vedremo ancora e per molto. E non parlo di imbarcazioni in senso letterale. Non mi voglio attribuire la veste del moralista poiché nemmeno io ne ho i numeri ma, a volte, mi capita ancora di soffermarmi a pensare.
Dolore, rabbia e disperazione per persone che pagano con la vita il pressapochismo imperante. Non mi riferisco solo alla tragedia dell’Isola del Giglio ma anche ad altre tragedie quasi quotidiane che avvengono nel mondo del lavoro. Si muore sui cantieri edili, nelle fabbriche e ovunque qualcuno dimentica che un errore, a volte trascurabile, diventa fonte di dolore e di lacrime per chi resta. Tutto è ormai un pressapochismo dilagante. Abbiamo letto sui giornali di pazienti che, entrati in ospedale per futili motivi, non ne sono usciti più con le loro gambe, poiché qualcuno, che forse pensava ad altro in quel momento, ha scambiato le bombole dell’ossigeno con qualcos’altro.
Ma sì, tanto chi se ne frega! Il lavoro ormai serve solo a portare a casa la michetta e a compiere il minimo indispensabile per mantenersi un posto. Ci fu un tempo, e poi nemmeno tanto lontano, in cui il lavoro (e la dignità che comportava) era un valore altissimo, gratificante al di la d’ogni compenso. Penso che in molti dovremmo andare a rileggerci le pagine dell’immediato dopoguerra per ritrovare quello slancio che permise all’Italia sconfitta, umiliata e vilipesa di assurgere in pochi decenni al rango di settima potenza industriale mondiale. Ma allora altri erano gli uomini, altro il sentire e altro ancora l’amore per la Nazione e per il suo onore. Oggi invece siam qui a mendicare aiuti a destra e a manca per sopravvivere al nostro rifiuto di sacrifici necessari. Illustri professionisti storcono il naso ora che qualcuno che ha conservato dentro di sé la tempra di cui sopra li prende per il bavero e li scrolla un momentino, affinché si adeguino ai tempi in cui le vacche magre debbono essere per tutti e non solo per alcuni che non hanno davanti al loro cognome quella parolina che li pone un palmo sopra gli altri: Dr., Avv., Ing. e via discorrendo. Che hanno mai fatto questi illustri signori per sentirsi padreterni? Non sono forse italiani a loro volta?
Invece di sbraitare contro un doveroso richiamo all’ordine prendiamo coscienza d’essere un popolo che fu grande e che conserva ancora dentro di sé quel quid che gli potrebbe permettere di tornar tale. Torniamo ad essere seri, vigili e consapevoli di quanto l’impegno del singolo possa contribuire a far sì che tragedie come questa non s’abbiano più a ripetere sotto gli occhi beffardi del pianeta. Certamente siamo sempre uomini e, come tali, soggetti a compiere errori, ma siccome ne siamo consapevoli cerchiamo di far sempre del nostro meglio, anche se questa società degradata ci bollerà come dei fessi.
So bene che quanto sto scrivendo passerà inosservato e magari bollato di perbenismo o di predica ma, credetemi, o noi cambiamo ora o di navi alla deriva ne vedremo ancora e per molto. E non parlo di imbarcazioni in senso letterale. Non mi voglio attribuire la veste del moralista poiché nemmeno io ne ho i numeri ma, a volte, mi capita ancora di soffermarmi a pensare.
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Sono presenti 6 commenti
E' ora davvero che ci si risvegli dal lungo sonno con cui ci hanno intorpidito la mente. Diamoci da fare e non dovremo vergognarci di essere italiani.Viva Mario Monti presidente.
BRAVISSIMO !!! Era ora che queste parole vengano dette! Sono un Itliana all'estero e mi vergogno quasi di esserlo!!! Dov`è andato l'orgogliio di essere una persona per Bene, con Responsabilità, Cultura e Dignità!!! Troppa droga, troppi tatuaggi, troppo schifo! Troppo menefreghismo! Troppo egoismo e poco altruismo. Sfido io che in Italia c'è tanto casino.
BRAVISSIMO !!! Era ora che queste parole vengano dette! Sono un Italiana all'estero e mi vergogno quasi di esserlo!!! Dov`è andato l'orgogliio di essere una persona per Bene, con Responsabilità, Cultura e Dignità!!! Troppa droga, troppi tatuaggi, troppo schifo! Troppo menefreghismo! Troppo egoismo e poco altruismo. Sfido io che in Italia c'è tanto casino.
22 gennaio 2012 10:05
Io non mi vergogno di essere italiano, mi vergogno però di come siamo stati così stupidi da affidare il nostro paese a degli incompetente e voltagabbana che hanno fatto del ladrocinio il loro simbolo e stile di vita. Sono un cinquantenne comunista ( con la C maiuscola ) che ancora ricorda come noi facemmo della questione morale il cardine della nostra vita ed oggi vedi tante mezze calzette che ci hanno distrutto. BUTTIAMOLI a MARE e riprendiamoci l'orgoglio di essere VIVI
Anche io sono cinquantenne ma non comunista. Questa volta però ti do ragione.
Meglio di loro tutti!!!!!!!!!
Fanno schifo: buttiamoli a mare:
Non sei moralista ma una persona per bene e benpensante,non si può che essere d'accordo con quanto scritto e dirti ancora una volta, con tanta ammirazione, bravissimo.
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