martedì, gennaio 31, 2012
Un libro sulla singolare leadership di Gandhi, frutto non di tecniche della comunicazione, ma di quella che lui stesso definiva "la voce interiore". Intervista all'autore Allan Nazareth, ex ambasciatore dell'India

Città Nuova -Allan Nazareth, già ambasciatore dell’India, è in pensione da circa vent’anni. Ancora molto attivo e pieno di iniziative, da tempo si sta dedicando a far conoscere la figura di Gandhi sia in India che all’estero. Per questo ha fondato la Sarvodaya International, un’organizzazione che, fra i suoi membri, vanta Rajmohan Gandhi, nipote del Mahatma, oltre a vari personaggi di primo piano che nelle rispettive professioni e nella vita si sono ispirati alla sua figura.

L’ambasciatore Nazareth è anche l’autore di un testo originale: Gandhi’s outstanding leadership (La leadership eccezionale di Gandhi, ndr.), con il quale ha desiderato mettere in evidenza le qualità del vero leader della grande anima. È un testo tradotto in molte lingue indiane, oltre che in portoghese, mentre è prossima la presentazione del testo in lingua spagnola.

Ho incontrato l’ambasciatore alla vigilia del dell’anniversario del martirio di Gandhi, avvenuto il 30 gennaio del 1947.

Perché un testo sulle qualità di Gandhi come leader?«Se guardiamo ai leaders di spicco del XX secolo e, soprattutto, a quanto hanno ottenuto, all’impatto storico che hanno determinato e alle motivazioni che sono riusciti ad infondere negli altri, Gandhi, emerge come un gigante. Infatti, in un secolo che si è distinto, probabilmente, come il più violento della storia umana, Gandhi ha avuto il coraggio di affrontare con un metodo non-violento l’impero allora più potente al mondo e di arrivare all’indipendenza dell’India. Soprattutto, ha ispirato con il suo metodo la lotta non-violenta di molti popoli che, grazie alle sue idee, sono riusciti a completare il processo della decolonizzazione o ad arrivare alla parità razziale o, ancora, a mettere fine a lunghi periodi di dittatura»

Come diplomatico, Lei ha girato il mondo ed ha visto situazioni complesse nel corso della sua carriera fra gli anni Sessanta e la fine del secolo scorso. Qual è il segreto di Gandhi come leader e come modello di lotta non-violenta?«Sono convinto che, come diceva proprio Gandhi "essendo delle creature limitate lontane dall’infinito, il tipo di leadership di cui abbiamo bisogno debba essere profondamente radicata nei valori moral". In ultima analisi una leadership buona e degna della fiducia della gente deve avere come fondamento il giudizio morale che aiuti a prendere le decisioni giuste e compiere delle azioni giuste. La storia, infatti, ha dimostrato ampiamente che, alla fine, è sempre la Verità a trionfare. In fin dei conti questo è quanto Gandhi è riuscito a fare, convincendo la gente comune che lo spirito di Cristo, di Buddha, dei profeti dell’Antico Testamento e dei sapienti della Grecia antica possono essere messi in pratica anche al giorno d’oggi»

Com'è riuscito ad essere credibile in un mondo che si avviava alla modernizzazione e al processo dello sviluppo tecnologico?«È stato un uomo buono in un mondo dove pochi resistevano all’influenza del potere, della ricchezza e della vanità. Soprattutto, però, non ha parlato tanto di Dio e della religione, ma è stato un sermone vivente»

Gandhi proveniva dai villaggi del Gujarat, aveva studiato legge ed era un buon avvocato. Da dove è nata la sua forza ed ispirazione di leader?«La sua leadership è stata assolutamente un lavoro paziente e personale rivolto a sé stesso. Non l’ha mai cercata e tanto meno appresa dai libri. Direi che è nata e fiorita dai suoi esperimenti con la Verità e dai suoi costanti tentativi di applicare le verità eterne che scopriva dentro di sé alla sua vita quotidiana. Gandhi non ha mai beneficiato di corsi che sono poi diventati una vera moda e che coinvolgono lo sviluppo della personalità, insegnano il management o fanno uso delle tecniche della comunicazione. Non si è mai preoccupato né della sua immagine né di come parlava con delle tecniche che tutti oggi abbiamo davanti agli occhi

«Aveva una sola guida: quella che chiamava la voce interiore. Fra le grandi verità che aveva imparato c’era la convinzione che un uomo solo può fare la differenza e che “un piccolo gruppo di spiriti convinti e infuocati da una fede infinita nella loro missione possono cambiare il corso della storia”».

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