Il paradosso del paese africano: essere uno dei maggiori produttori di petrolio del mondo e non potersi permettere di avere carburante in quantità sufficiente per le proprie necessità
Agli attentati del gruppo terroristico Boko Haram e allo stato d'emergenza proclamato dal presidente Goodluck Jonathan, si aggiungono ora le proteste per il raddoppio del prezzo del carburante, subito sfociate in guerriglia urbana in tutto il paese. A Lagos e Bako, al secondo giorno dello sciopero ad oltranza indetto dai sindacati, si registrano 5 morti e decine di feriti. I tagli delle sovvenzioni statali per l'acquisto del carburante (che viene importato dall'estero) sono state decise dal governo nigeriano di concerto con il Fondo Mondiale Internazionale: in un sol giorno il costo del carburante è raddoppiato ed in alcuni casi triplicato; un litro è salito a 0,86 dollari alla pompa e a 1,23 dollari al mercato nero. Il prezzo raggiunto è insostenibile, visto che la maggior parte della popolazione vive con meno di 2 dollari al giorno.
Appare paradossale che il reddito pro-capite del 1° produttore di petrolio dell'Africa (6° nel mondo) sia così basso da essere appena sufficiente per l’acquisto di due litri di carburante; mentre negli altri principali paesi produttori mondiali mai si supera per il consumo interno il prezzo di 0,50 dollari al litro.
In realtà, la Nigeria dispone di giacimenti di petrolio e gas di entitàtale da poter risolvere tutti i problemi interni. Invece, nonostante le royalties petrolifere delle esportazioni siano elevate, pochi (e solo al sud) ne beneficiano e così il paese importa gran parte del carburante necessario per il fabbisogno interno.
“Il risparmio derivante dalla revoca dei sussidi (valutato in 8 miliardi di dollari) sarà destinato allo sviluppo e alla sanità”, ha detto il Capo di Stato nigeriano: ma nonostante dagli anni ‘70 è iniziato un boom economico ininterrotto (legato all’aumento del prezzo del greggio), per la maggior parte della popolazione nigeriana non c’è stato alcun progresso, e quindi la reazione della gente è stata di scetticismo.
La corruzione e la cattiva gestione hanno sempre impedito un miglioramento diffuso della qualità di vita: la situazione sanitaria è disastrosa, migliaia sono le morti per malattie da noi facilmente prevenibili o curabili; il livello di disoccupazione è del 47% ; pur provvista di grandi bacini idrici, per l'80% della popolazione l'acqua potabile è una merce rara; l'agricoltura, un tempo florida, con grossi surplus che venivano esportati, oggi non riesce neanche a far fronte ai bisogni alimentari della popolazione. L’insicurezza nel paese ha fatto dichiarare al presidente lo stato di emergenza. "La situazione odierna è persino peggiore della guerra civile" ha dichiarato il Presidente Jonathan facendo riferimento alla guerra per la secessione del Biafra (1967-70) che provocò un milione di morti.
La posizione della Chiesa è stata espressa dai vescovi locali delle province di Ibadan (sud della Nigeria), che si dicono “rammaricati” per “la decisione impopolare” di abolire i sussidi sulla benzina e hanno messo in relazione la revoca dei sussidi da parte del governo con le stragi contro i cristiani dei giorni scorsi.
Agli attentati del gruppo terroristico Boko Haram e allo stato d'emergenza proclamato dal presidente Goodluck Jonathan, si aggiungono ora le proteste per il raddoppio del prezzo del carburante, subito sfociate in guerriglia urbana in tutto il paese. A Lagos e Bako, al secondo giorno dello sciopero ad oltranza indetto dai sindacati, si registrano 5 morti e decine di feriti. I tagli delle sovvenzioni statali per l'acquisto del carburante (che viene importato dall'estero) sono state decise dal governo nigeriano di concerto con il Fondo Mondiale Internazionale: in un sol giorno il costo del carburante è raddoppiato ed in alcuni casi triplicato; un litro è salito a 0,86 dollari alla pompa e a 1,23 dollari al mercato nero. Il prezzo raggiunto è insostenibile, visto che la maggior parte della popolazione vive con meno di 2 dollari al giorno.
Appare paradossale che il reddito pro-capite del 1° produttore di petrolio dell'Africa (6° nel mondo) sia così basso da essere appena sufficiente per l’acquisto di due litri di carburante; mentre negli altri principali paesi produttori mondiali mai si supera per il consumo interno il prezzo di 0,50 dollari al litro.
In realtà, la Nigeria dispone di giacimenti di petrolio e gas di entitàtale da poter risolvere tutti i problemi interni. Invece, nonostante le royalties petrolifere delle esportazioni siano elevate, pochi (e solo al sud) ne beneficiano e così il paese importa gran parte del carburante necessario per il fabbisogno interno.
“Il risparmio derivante dalla revoca dei sussidi (valutato in 8 miliardi di dollari) sarà destinato allo sviluppo e alla sanità”, ha detto il Capo di Stato nigeriano: ma nonostante dagli anni ‘70 è iniziato un boom economico ininterrotto (legato all’aumento del prezzo del greggio), per la maggior parte della popolazione nigeriana non c’è stato alcun progresso, e quindi la reazione della gente è stata di scetticismo.
La corruzione e la cattiva gestione hanno sempre impedito un miglioramento diffuso della qualità di vita: la situazione sanitaria è disastrosa, migliaia sono le morti per malattie da noi facilmente prevenibili o curabili; il livello di disoccupazione è del 47% ; pur provvista di grandi bacini idrici, per l'80% della popolazione l'acqua potabile è una merce rara; l'agricoltura, un tempo florida, con grossi surplus che venivano esportati, oggi non riesce neanche a far fronte ai bisogni alimentari della popolazione. L’insicurezza nel paese ha fatto dichiarare al presidente lo stato di emergenza. "La situazione odierna è persino peggiore della guerra civile" ha dichiarato il Presidente Jonathan facendo riferimento alla guerra per la secessione del Biafra (1967-70) che provocò un milione di morti.
La posizione della Chiesa è stata espressa dai vescovi locali delle province di Ibadan (sud della Nigeria), che si dicono “rammaricati” per “la decisione impopolare” di abolire i sussidi sulla benzina e hanno messo in relazione la revoca dei sussidi da parte del governo con le stragi contro i cristiani dei giorni scorsi.
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