lunedì, gennaio 30, 2012
“L’altro come valore. Facilitare la conoscenza e l’accoglienza reciproca per un’Italia più solidale e più aperta al futuro”, è il tema della Assemblea nazionale di “Religions for Peace” (Wrfp) in corso da ieri mattina a Roma presso la “Casa Accoglienza” del Complesso ospedaliero “San Camillo”. Il servizio di Davide Dionisi: ascolta

Radio Vaticana - Costruire relazioni positive con gli immigrati e le minoranze, contribuire ad un’evoluzione democratica e pluralista delle rivoluzioni esplose in Nord Africa grazie all’iniziativa dei giovani per affermare la propria dignità e richiedere libertà, favorire la corresponsabilità di fronte alla grave crisi strutturale che investe Italia, Europa e Stati Uniti, fino a non molto tempo fa forze trainanti dell’economia mondiale. Questi gli argomenti principali dell'Assemblea Nazionale di “Religions for Peace” in corso da ieri mattina presso il complesso ospedaliero "San Camillo” di Roma. Un impegno concreto da condividere anche con coloro che non si riconoscono in prospettive religiose, per estendere il rispetto concreto dei diritti umani, per contrastare le varie forme di povertà e per il disarmo degli arsenali nucleari. Ma quali sfide attendono il Movimento all’indomani dell’Assemblea nazionale? Ce lo spiega Luigi De Salvia, segretario generale della sezione italiana di “Religions for Peace”.

R. – Nel nostro Paese in particolare ci proponiamo intanto di creare l’accoglienza delle specificità religiose, anche all’interno dei luoghi di cura, per esempio: questo è un modo concreto per dare un segno di rispetto della dignità della persona, valorizzando le proprie tradizioni e valorizzando il momento spirituale come centrale anche per la cura. Poi, anche all’interno delle scuole, ci sembra importante questo lavoro di incoraggiare all’apertura. Non dobbiamo considerare così automatico il fatto di accogliere persone diverse per cultura; certe volte, sottovalutiamo quello che c’è di più profondo, di perplessità, di preoccupazione, di fronte a qualcosa che non si conosce. Il risentimento, l’avversione, sono dinamiche forti e importanti, quindi lavorare in positivo per facilitare, per far conoscere e per affrontare le piccole o grandi contraddizioni che sorgono, ci sembra centrale. Quando persone di religioni diverse danno testimonianza che si può lavorare insieme sui valori condivisi, già danno credibilità.

D. - Quali sono le difficoltà che incontrate nel promuovere la cultura del dialogo e della cooperazione, che sono i punti attorno ai quali ruota gran parte della vostra attività?

R. – Con un approccio che tiene conto anche delle difficoltà e delle resistenze, in realtà, non si incontrano grandi difficoltà. Spesso le difficoltà nascono quando proprio persone che si ritengono più aperte, che sembrano non avvertire problemi di fronte alla diversità, sottovalutano le perplessità degli altri e si crea quasi un’arroganza da parte di chi è più aperto, questo crea difficoltà: il non rispettare posizioni un po’ più tradizionali, anche tradizionaliste. Queste difficoltà vanno capite. Certe volte atteggiamenti un po’ impazienti e antirazzisti creano più difficoltà di quanto si creda.

D. - Quanto sono interessati i giovani al vostro progetto?

R. – Vedo che c’è un grosso interesse ai vari livelli. Nei confronti dei giovani bisogna trovare anche le vie più adatte e incontrare i loro temi specifici. Uno di quelli più importanti è il terreno dello sport. Noi siamo coinvolti con altre associazioni in esperienze nelle quali - per esempio il calcio, in particolare a Roma, ma l’esperienza di calcio sociale, che è nata un po’ dal basso, si sta estendendo anche in altre città - intorno all’esperienza sportiva si cerca di creare integrazione e formazione. Tra l’altro, anche esplicitamente, questi giovani poi concludono il torneo con i cosiddetti incontri di spiritualità nei quali vogliono incontrare persone con sensibilità e tradizioni diverse. (bf)

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