mercoledì, gennaio 11, 2012
La morte del commerciante cinese e della figlia interrogano sulla sicurezza delle nostre città e sull'economia etnica che ha saputo creare ricchezza aprendo nuovi mercati e nuove imprese.

Cittanuova - Martedì, ore 15. A Roma si sta tenendo una grande fiaccolata organizzata dalla comunità cinese per commemorare il tragico omicidio del 4 gennaio scorso, avvenuto nel quartiere Torpignattara, in cui sono rimasti uccisi nel corso di una rapina la piccola Yao di 9 mesi e suo papà Zhou. Sono in migliaia ad essere scesi in piazza per condannare un atto che ha violato uno dei tabù più grandi: il rispetto per la vita di una bambina di soli nove mesi, completamente indifesa in braccio al suo papà.

Prendo parte a una piccola folla di un centinaio di persone, di origine cinese e italiana, che si riunisce in contemporanea nella “Chinatown” milanese. L’eco di indignazione e commozione sembra essere arrivato anche qui, dove sono presenti i rappresentanti delle istituzioni locali e della comunità cinese, oltre che numerosi abitanti del quartiere. A Roma come a Milano emerge chiara la richiesta accorata della comunità cinese alle istituzioni politiche di protezione dei propri commercianti, troppo spesso vittime di rapine, borseggi, assalti. Le istituzioni intervengono dicendo che ad essere colpita non è la comunità cinese in Italia ma l’intera comunità di cui tutti siamo parte, abitanti di più antica o recente acquisizione accomunati da una quotidianità di vita.

Eppure se è vero che questo doppio delitto colpisce tutta la comunità è anche vero che esiste una specifica questione che riguarda la sicurezza dell’imprenditoria cinese. Questo episodio infatti sale agli onori delle cronache per la sua sconcertante gravità ma solleva il velo che copre una realtà più vasta di attacchi, pressioni, taglieggiamenti rivolti in particolare alle comunità etniche più attive sul piano economico.

Mi interrogo sulla questione insieme a Luca,30 anni, giunto in Italia dalla Cina dalla prima infanzia. Da un paio d’anni ha aperto un ristorante in un paese dell’hinterland milanese. E’ un investimento imprenditoriale reso possibile dalla particolare struttura di mutuo aiuto che caratterizza la sua comunità di origine. Nella rete di famiglie cinesi in Italia, infatti, quando una coppia si sposa accade che i membri della famiglia allargata debbano fare regali ingenti di denaro agli sposi, proprio per permettere loro di aprire una propria attività. E’ una catena: si apre un’attività per poter dare dei soldi ai propri famigliari, li si riceve per poter incrementare la propria. E’ in virtù di questo sistema, basato su rapporti di rispetto e fiducia all’interno, che all’interno della comunità cinese girano spesso somme ingenti di denaro contante, che servono appunto al sostentamento delle attività imprenditoriali dell’intera comunità.
Un sistema autosufficiente - autonomo rispetto ai meccanismi finanziari delle banche e fondato su mutualità e legami di reciprocità - poco conosciuto e oggetto di forti pregiudizi, che spesso alimenta l’opinione diffusa secondo cui la comunità cinese è molto “chiusa”, uno dei luoghi comuni che Luca e gli altri giovani delle seconde generazioni cercano strenuamente di combattere nei propri ambienti quotidiani di vita.

In realtà questa dinamica economica richiede di essere osservata con grande attenzione, soprattutto in tempo di crisi. Nonostante le numerose difficoltà sono infatti molte le popolazioni d’origine immigrata che hanno raggiunto un buon grado di stabilizzazione nei contesti urbani, "l'economia etnica" ha raggiunto un alto livello di complessità, con una crescente capacità di adattamento, con un’inclinazione a “osare” attraverso la creazione di imprese personali, mediante l’acquisto di alloggi e immobili, l’offerta di servizi e prodotti inconsueti e aperti a nuovi mercati. Quest’azzardo, che spesso nasce proprio come risposta di sopravvivenza rispetto ad un contesto che rende difficile il processo di insediamento e integrazione, diviene una risorsa per l’intera città. Una risorsa al contempo dinamica ma anche fragile, più esposta al ricatto, alla minaccia, al pericolo.
La folla di Roma, così come quella di Milano e di altre città coinvolte, sembra evocare l’idea che da questa condizione di crisi, di insicurezza, di violenza, siamo chiamati ad uscire insieme, uniti, vecchi e nuovi cittadini, con il sostegno imparziale delle istituzioni.

di Anna Granata

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