sabato, febbraio 25, 2012
Nel dipartimento dell’Huila – cuore delle Ande, lungo le valli dei fiumi Magdalena e Paez – da tempo si sta vivendo l’ennesimo dramma umano, sociale e ambientale, provocato dall’ennesimo sopruso delle multinazionali energetiche. Questa volta al centro di tutto c’è Emgesa-Impregilo, una compartecipata Enel, che ha ottenuto dal governo colombiano di poter costruire un’immensa diga sul grande fiume Magdalena nell’ambito del progetto idroelettrico El Quimbo.

E-il mensile - Sorgerà a 150 metri sul livello del mare, sarà lunga 635 metri, alta 66 e profonda 410, con un bacino idrico di 8250 ha, che dovrebbe generare a pieno regime una energia media di 2.216 gigawattora all’anno utile a fornire l’8 percento del fabbisogno energetico colombiano fino al 2034. Le trattative iniziarono quattro anni fa e la prima pietra è stata posta da un anno. Da allora la gente del luogo non si è mai arresa e, costituitasi in un comitato, si è organizzata per resistere con ogni mezzo pacifico a questo sopruso.

Per i contadini, le popolazioni indigene della zona e i pescatori, questa diga significa sfollamento e povertà, significa sradicamento da un territorio perfetto, nel quale vivono da sempre, coltivando, allevando animali e pescando nei fiumi. Si tratta infatti di una riserva forestale protetta che ha una biodiversità molto ricca.

Per adesso, sono ottocento le famiglie che hanno dovuto lasciare casa e campi coltivati per far spazio ai primi lavori della Impregilo, ditta appaltatrice di Emgesa, il tutto dietro la supervisione dell’esercito colombiano, messa a guardia degli interessi della multinazionale contro la sua stessa gente. A niente sono valse le marce, le proteste, le petizioni, il governo ha proceduto ad espropriare le terre per darle allo Straniero, senza prevedere un piano efficiente di reintegro per le famiglie sfollate. Sono già state costrette a chiudere 25 aziende di caffè e nessuno ha dato loro un pesos di risarcimento. Il tutto in cambio di 3000 posti di lavoro per costruire l’impianto e di soli 40 per poi mantenerlo attivo. E a farne le spese non saranno soltanto gli uomini, ma l’intero ecosistema.

Inutili sono state anche le richieste avanzate dalle popolazioni indigene di incontrare Emgesa basandosi sulla Convenzione 169 dell’Ilo ratificata dalla Colombia nel 1989. Si tratta di un accordo che riconosce i diritti ancestrali degli indigeni sui territori che abitano da sempre e che dunque vincola ogni governo a interpellarli prima di qualsiasi azione su tali terre. La multinazionale ha risposto che l’incontro non può essere preteso in quanto contesta la legalità della concessione della licenza e non il mancato rispetto delle norme previste dalla licenza stessa. In poche parole, questa gente è stata tradita in primis dal governo che ha svenduto terre e risorse preziose senza coscienza e calpestando i diritti dei suoi stessi cittadini.

Il fiume Magdalena è dunque destinato a essere deviato senza ritorno. Emgesa è andata avanti imperterrita, tentando di trovare un accordo diretto con la comunità senza però concedere nulla. Non trovandolo ha tolto ogni maschera, mostrando le sue reali intenzioni. Ha sguinzagliato l’esercito in tenuta antisommossa, inviato da Bogotà ed è stato il caos.

“L’unica risposta alla resistenza e disobbedienza civile non violenta guidata da Asoquimbo è stato il brutale sfollamento ordinato dal Governo Santos nei giorni 14 e 15 febbraio. Sono stati cacciati tutti gli abitanti dei villaggi nati decine di anni fa sulle rive del Magdalena, nonostante siano protette dalla Legge 1242 del 2008, che stabilisce come i trenta metri lungo ogni lato di un corso d’acqua sia un bene di uso pubblico, inalienabile, imprescrittibile e intoccabile – hanno raccontato dall’associazione -. Il violento blitz è stato concordato dal Governo e dalla Emgesa contro contadini e pescatori inermi che vogliono soltanto difendere il fiume, loro fonte di vita. Per sfuggire alla retata e ai lacrimogeni qualcuno si è persino buttato in acqua. Ma i colpi lanciati a salve hanno ferito molta gente”.

Il Governo ha così imposto con forza la sua decisione di andare avanti con il Progetto ricorrendo alla violenza pur di proteggere gli affari della multinazionale, calpestando i diritti di gente piegata dalla povertà. È stato anche impedito a osservatori internazionali in difesa dei diritti umani di accompagnare questa gente e di proteggerla. “Nonostante tutto continueremo a resistere – promettono dal comitato – e non cederemo. Difenderemo il nostro territorio, il Magdalena e la dignità di noi cittadini aggrediti dallo sfollamento di stato criminale e dalla Emgesa”. La deviazione del fiume, infatti, è stata ulteriormente posticipata dall’azienda e fissata per il 6 marzo proprio a causa della paralisi dei lavori causata dalla protesta di Asoquimbo. E nel frattempo la mobilitazione non finirà.

Il capitale dalla società appaltatrice Emgesa è formato per il 37,5 percento da Empresa de Energia de Bogotà, per il 26,9 percento da Empresa Nacional de Electricidad e per il 21,6 percento da Endesa, la multinazionale spagnola dell’energia acquisita nel 2008 dall’Enel. L’Enel (Ente Nazionale Energia Elettrica) è per il 31 èercento di proprietà dello Stato italiano, nettamente azionista di maggioranza visto che il secondo azionista, la banca BNP Paribas, non arriva al 3,5 percento delle azioni.

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