Questa nuova e integrale traduzione di Benedetto Piacentini per le Edizioni Paoline ci fa riscoprire la loro intensa bellezza
di Carlo Mafera
La lettura meditata dei Salmi è forse una delle forme di preghiera più alte. Non credo che ci sia stato uomo nella nostra società occidentale che non si sia imbattuto almeno una volta nella sua vita nella lettura di un versetto del Salterio. I salmi toccano infatti gli aspetti più profondi della nostra esistenza e si radicano nella nostra esperienza vitale più intima. Nei momenti forti e antropologicamente più significativi della vita, si sente l’esigenza di incontrare la Parola scritta nei Salmi, di gustare la sua fragranza, di assimilarla a tal punto da fare in modo che si stabilisca eternamente nel nostro cuore.
Una delle fasi della meditazione è proprio la cosiddetta “ruminatio”, cioè la possibilità di sciogliere e spezzare la Parola, di esaminarla in profondità per comprendere il suo significato più recondito. Ed è proprio in questa fase, prima dell’assimilazione definitiva, che riveste un ruolo importante il traduttore, il commentatore, il filologo. Benedetto Piacentini, religioso della Piccola Famiglia dell’Annunziata, è maestro nell’andare in profondità e penetrare i vari significati di alcuni termini, mostrando così le varie modalità espressive lontane da quelle greco-latine a noi più consone. Infatti quelle ebraiche e semitiche sono alquanto distanti dalla nostra sensibilità ma è bene conoscere, confrontarsi e cogliere altre risonanze ispirate ad un’interpretazione più letterale, che non preclude ma illumina l’interpretazione cristiana neotestamentaria.
Reduce ora da un esame di antropologia filosofica, è rimasta significativa la lettura di qualche salmo di questo prezioso libro. Dall’incontro dei due testi, quello antropologico e quello del libro di Piacentini, è scaturita la medesima domanda: “Qual è l’esperienza più immediata che l’uomo fa della vita e del suo mistero?”. Mi sono risposto che lo stupore e insieme l’angoscia sono i due sentimenti più ricorrenti all’interno dell’anima umana di fronte al dono imperscrutabile e insondabile della vita. Lo stupore infatti è il momento culminante in cui siamo pienamente coscienti e meravigliati del dono gratuito della nostra esistenza, che ci viene donata liberamente da Qualcuno da cui tutto proviene. Nello stesso tempo, accanto all’esperienza della meraviglia, siamo afferrati dall’angoscia quando prendiamo coscienza dei nostri limiti e quando siamo colpiti dal dolore, dal male e poi dal limite più grande, che è la morte.
Con una lettura approfondita e filologicamente comparata come quella che ci consente di fare Benedetto Piacentini, illustre biblista francescano, i Salmi dispiegano tutta la loro potenza espressiva e per così dire “psicoterapeutica”. I Salmi infatti ci restituiscono la sostanza della vita, ci insegnano a stupirci, a ringraziare, a interrogarci pensosamente sul significato ultimo della nostra esistenza. Leggendoli ma soprattutto pregandoli e riscoprendo tutte le varie sfumature espressive e linguistiche (latine ed ebraiche), riconosciamo che lo stupore e l’angoscia si sciolgono infine in lode, in supplica o in lamento, che sono poi le variegate e non contraddittorie modalità dell’esperienza umana più profonda.
La dimensione spirituale dei Salmi viene esaltata vieppiù da questo tipo di traduzione per così dire comparata: si è più facilmente raggiunti dal movimento poetico-creativo che promana dal Salmo. Il moto spirituale infatti scaturisce dallo Spirito di Dio che scruta persino le profondità di Dio stesso andando oltre le profondità dell’uomo, come viene messo in evidenza nel versetto 7 del salmo 64: “Ma verrà un uomo di sapienza insondabile e sarà esaltato da Dio” (dove l’aggettivo “insondabile” e quindi profondo è riferito alla sapienza divina). Così, grazie a questo prezioso lavoro del biblista francescano Benedetto Piacentini, veniamo meglio introdotti in questa poetica preghiera dei salmi, che è poi la nostra più sublime risposta alla rivelazione di Dio.
di Carlo Mafera
La lettura meditata dei Salmi è forse una delle forme di preghiera più alte. Non credo che ci sia stato uomo nella nostra società occidentale che non si sia imbattuto almeno una volta nella sua vita nella lettura di un versetto del Salterio. I salmi toccano infatti gli aspetti più profondi della nostra esistenza e si radicano nella nostra esperienza vitale più intima. Nei momenti forti e antropologicamente più significativi della vita, si sente l’esigenza di incontrare la Parola scritta nei Salmi, di gustare la sua fragranza, di assimilarla a tal punto da fare in modo che si stabilisca eternamente nel nostro cuore.
Una delle fasi della meditazione è proprio la cosiddetta “ruminatio”, cioè la possibilità di sciogliere e spezzare la Parola, di esaminarla in profondità per comprendere il suo significato più recondito. Ed è proprio in questa fase, prima dell’assimilazione definitiva, che riveste un ruolo importante il traduttore, il commentatore, il filologo. Benedetto Piacentini, religioso della Piccola Famiglia dell’Annunziata, è maestro nell’andare in profondità e penetrare i vari significati di alcuni termini, mostrando così le varie modalità espressive lontane da quelle greco-latine a noi più consone. Infatti quelle ebraiche e semitiche sono alquanto distanti dalla nostra sensibilità ma è bene conoscere, confrontarsi e cogliere altre risonanze ispirate ad un’interpretazione più letterale, che non preclude ma illumina l’interpretazione cristiana neotestamentaria.
Reduce ora da un esame di antropologia filosofica, è rimasta significativa la lettura di qualche salmo di questo prezioso libro. Dall’incontro dei due testi, quello antropologico e quello del libro di Piacentini, è scaturita la medesima domanda: “Qual è l’esperienza più immediata che l’uomo fa della vita e del suo mistero?”. Mi sono risposto che lo stupore e insieme l’angoscia sono i due sentimenti più ricorrenti all’interno dell’anima umana di fronte al dono imperscrutabile e insondabile della vita. Lo stupore infatti è il momento culminante in cui siamo pienamente coscienti e meravigliati del dono gratuito della nostra esistenza, che ci viene donata liberamente da Qualcuno da cui tutto proviene. Nello stesso tempo, accanto all’esperienza della meraviglia, siamo afferrati dall’angoscia quando prendiamo coscienza dei nostri limiti e quando siamo colpiti dal dolore, dal male e poi dal limite più grande, che è la morte.
Con una lettura approfondita e filologicamente comparata come quella che ci consente di fare Benedetto Piacentini, illustre biblista francescano, i Salmi dispiegano tutta la loro potenza espressiva e per così dire “psicoterapeutica”. I Salmi infatti ci restituiscono la sostanza della vita, ci insegnano a stupirci, a ringraziare, a interrogarci pensosamente sul significato ultimo della nostra esistenza. Leggendoli ma soprattutto pregandoli e riscoprendo tutte le varie sfumature espressive e linguistiche (latine ed ebraiche), riconosciamo che lo stupore e l’angoscia si sciolgono infine in lode, in supplica o in lamento, che sono poi le variegate e non contraddittorie modalità dell’esperienza umana più profonda.
La dimensione spirituale dei Salmi viene esaltata vieppiù da questo tipo di traduzione per così dire comparata: si è più facilmente raggiunti dal movimento poetico-creativo che promana dal Salmo. Il moto spirituale infatti scaturisce dallo Spirito di Dio che scruta persino le profondità di Dio stesso andando oltre le profondità dell’uomo, come viene messo in evidenza nel versetto 7 del salmo 64: “Ma verrà un uomo di sapienza insondabile e sarà esaltato da Dio” (dove l’aggettivo “insondabile” e quindi profondo è riferito alla sapienza divina). Così, grazie a questo prezioso lavoro del biblista francescano Benedetto Piacentini, veniamo meglio introdotti in questa poetica preghiera dei salmi, che è poi la nostra più sublime risposta alla rivelazione di Dio.
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