Il poeta ha scritto profeticamente un anno fa una sorta di cahier de doleances del popolo italiano. I temi trattati erano così fortemente sentiti a livello politico e sociale che il libro ha quasi preannunciato la svolta politica e culturale del nuovo Governo Monti
di Carlo Mafera
A furia di ripetergli che è sovrano, il popolo si prende talora sul serio e chiede rispetto. Vi sono reazioni individuali e reazioni collettive, e forse la più grande risorsa e il più forte segnale per il popolo è quello di non andare a votare. Qualcuno sosteneva che le questioni politiche non si pongono autonomamente: qualcuno deve porle. Forse Gianturco nel suo libretto ha fatto un timido tentativo di porre sul tappeto le questioni fondamentali dell’attuale panorama politico, questioni che, alla fine, sono di carattere etico e sussistono allo stato latente, alimentando a volte forme spontanee di dissenso, ma aspettando anche che qualche uomo di cultura le elabori e le metta persino in versi, diventandone il loro portavoce più credibile. Poi naturalmente, dopo le idee ci vogliono gli uomini che concretamente le realizzino: i cosiddetti uomini della Provvidenza. Questi personaggi sono capaci di porre in evidenza le domande latenti e provare anche a rimuovere i motivi di malcontento.
Gianturco sembra far comprendere al lettore una verità inequivocabile: che non è la politica democratica, per com’è fatta, che odia i cittadini, ma sono i cittadini che odiano la politica. Si sa che i partiti attribuivano valore assai elevato alla partecipazione democratica – l’esercizio del diritto di voto, ad esempio, era un obbligo – e che essi erano macchine appositamente predisposte all’ascolto e al coinvolgimento degli elettori. Invece, quel che sembra succedere in questi ultimi anni è che, tranne eventi episodici quali le primarie, la politica invita i cittadini ad arrangiarsi e incoraggia quella forma di sotto-politica che si chiama “clientelismo”. Fortunatamente ci sono persone come Gian Manlio Gianturco e, insieme a lui, un partito enorme e silenzioso che è quello del non voto, che rappresenta quella parte della politica che rifugge la demagogia. Tale maggioranza silenziosa sta aguzzando l’ingegno per curare le ragioni di questa sofferenza, e nei versi del poeta-filosofo s’intravede la consapevolezza che non si tratta di un’impresa facile: sono ragioni eterogenee e ardue da coordinare tra loro.
A rendere ancora più difficile il mestiere della politica italiana sono i legami europei che gravano su di essa, posti dalle autorità e dai mercati sovranazionali, dalla concorrenza globale e via di seguito. Ma Gianturco nei suoi versi lascia intravedere che da qualche parte la terapia esiste e comunque va cercata, e quasi profeticamente ha intuito che qualche professore l’avrebbe poi realizzata. Qualcuno che non avesse troppi “cadaveri nell’armadio” e che, in fondo, curasse la nostra cara nazione e nello stesso tempo ambisse a far riacquistare alla politica una migliore reputazione. Perché alla fine un politico che si rispetti dovrebbe preoccuparsi proprio di questo…
di Carlo Mafera
A furia di ripetergli che è sovrano, il popolo si prende talora sul serio e chiede rispetto. Vi sono reazioni individuali e reazioni collettive, e forse la più grande risorsa e il più forte segnale per il popolo è quello di non andare a votare. Qualcuno sosteneva che le questioni politiche non si pongono autonomamente: qualcuno deve porle. Forse Gianturco nel suo libretto ha fatto un timido tentativo di porre sul tappeto le questioni fondamentali dell’attuale panorama politico, questioni che, alla fine, sono di carattere etico e sussistono allo stato latente, alimentando a volte forme spontanee di dissenso, ma aspettando anche che qualche uomo di cultura le elabori e le metta persino in versi, diventandone il loro portavoce più credibile. Poi naturalmente, dopo le idee ci vogliono gli uomini che concretamente le realizzino: i cosiddetti uomini della Provvidenza. Questi personaggi sono capaci di porre in evidenza le domande latenti e provare anche a rimuovere i motivi di malcontento.
Gianturco sembra far comprendere al lettore una verità inequivocabile: che non è la politica democratica, per com’è fatta, che odia i cittadini, ma sono i cittadini che odiano la politica. Si sa che i partiti attribuivano valore assai elevato alla partecipazione democratica – l’esercizio del diritto di voto, ad esempio, era un obbligo – e che essi erano macchine appositamente predisposte all’ascolto e al coinvolgimento degli elettori. Invece, quel che sembra succedere in questi ultimi anni è che, tranne eventi episodici quali le primarie, la politica invita i cittadini ad arrangiarsi e incoraggia quella forma di sotto-politica che si chiama “clientelismo”. Fortunatamente ci sono persone come Gian Manlio Gianturco e, insieme a lui, un partito enorme e silenzioso che è quello del non voto, che rappresenta quella parte della politica che rifugge la demagogia. Tale maggioranza silenziosa sta aguzzando l’ingegno per curare le ragioni di questa sofferenza, e nei versi del poeta-filosofo s’intravede la consapevolezza che non si tratta di un’impresa facile: sono ragioni eterogenee e ardue da coordinare tra loro.
A rendere ancora più difficile il mestiere della politica italiana sono i legami europei che gravano su di essa, posti dalle autorità e dai mercati sovranazionali, dalla concorrenza globale e via di seguito. Ma Gianturco nei suoi versi lascia intravedere che da qualche parte la terapia esiste e comunque va cercata, e quasi profeticamente ha intuito che qualche professore l’avrebbe poi realizzata. Qualcuno che non avesse troppi “cadaveri nell’armadio” e che, in fondo, curasse la nostra cara nazione e nello stesso tempo ambisse a far riacquistare alla politica una migliore reputazione. Perché alla fine un politico che si rispetti dovrebbe preoccuparsi proprio di questo…
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Sono presenti 3 commenti
FINALMENTE HO TROVATO UN SITO DOVE POTER DIRE "IO NON VOTO".VISTA LA SOLLECITUDINE CHE I PARTITI HANNO AVUTO NEL PRENDERE LE PARTI DELLE BANCHE, SCORDANDOSI DI FARLO ANCHE PER GLI ELETTORI RIDOTTI ALLA MISERIA, ALLE PROSSIME ELEZIONI IL CONSENSO VADANO A CERCARLO IN BANCA.
se si potesse formare un vero partito , avrebbero filo da torcere
...ed è quello che farò....non votare!!! bisognerebbe che tutti lo facciano per far capire ai nostri politici che vogliamo cambiare in meglio il nostro paese!! questo solo se vedremo facce nuove!!
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