Nel processo in corso a Trapani il politico è indagato per concorso esterno in associazione mafiosa
Liberainformazione - Ancora un nuovo rinvio per l’udienza preliminare davanti al gup Giovanni Francolini (Tribunale di Palermo) dove è indagato di concorso esterno in associazione mafiosa il senatore del Pdl Antonio D’Alì, oggi presidente della commissione Ambiente del Senato, e tra il 2001 e il 2006 sottosegretario all’Interno (con i ministri Scajola e Pisanu). La nuova data fissata è quella del 28 febbraio.
Si tratta di un secondo rinvio dovuto a produzione documentale. La stessa cosa era accaduta a dicembre in occasione della prima udienza, ed era stato il pubblico ministero Andrea Tarondo a presentare nuove carte che rappresenterebbero prove di colpevolezza per il parlamentare che siede in Senato sin dal 1994.
Nell’udienza odierna la pubblica accusa è tornata a fare una ulteriore produzione di documenti, e cioè un rapporto che si inserisce nell’alveo della cosiddetta inchiesta mafia e appalti che in passato ha portato alla condanna di alcuni imprenditori che sono stati riconosciuti fare parte della “cupola mafiosa” di Trapani e alla condanna del “reggente” del mandamento di Trapani, l’imprenditore pacecoto Francesco Pace, che ha avuto inflitta una pena di quasi 20 anni di carcere. Il secondo filone dell’inchiesta mafia e appalti ha riguardato la gestione irregolare di beni confiscati alla mafia e per questa ragione è stato condannato un funzionario del Demanio, Francesco Nasca, una corruzione per la costruzione di palazzine in cooperativa a Trapani, condannati ancora Pace e un professionista, nonché è scattata la prescrizione per lo stesso fatto per l’ex vice presidente della Regione Bartolo Pellegrino, assolto invece dalle accuse di concorso esterno in associazione mafiosa. Il terzo filone di mafia e appalti è condensato nel rapporto che oggi è entrato all’interno dell’udienza preliminare per il senatore D’Alì. Praticamente l’accusa è quella che a capo del vertice che avrebbe sovrainteso all’aggiudicazione pilotata di appalti ci sarebbe stato proprio il parlamentare. Dentro questa inchiesta “pesa” l’avviso di garanzia notificato ad uno dei più grossi imprenditori edili di Trapani, Francesco Morici: così come le sue imprese, Morici Costruzioni una, Coling l’altra, risultano assegnatarie dei più grossi appalti degli ultimi anni aggiudicati a Trapani, dalla costruzione della Funivia Trapani-Erice, ai lavori per il risanamento di una parte del centro storico e delle mura di tramontana della città, nonché per le nuove banchine portuali che dovevano essere funzionali alle gare di Coppa America del 2005 ma ancora oggi rappresentano una grossa incompiuta, si trattava di un appalto da 40 milioni di euro; allo stesso tempo il nome di Morici è stato ricorrente nei processi per mafia e appalti, un dipendente della Provincia regionale ha raccontato, per esempio, di come Morici pagava mazzette per aggiudicarsi lavori banditi dall’amministrazione provinciale.
La difesa ha anche prodotto documenti giudiziari: gli atti delle operazioni cosidette Golem, quelle che hanno riguardato i favoreggiatori del super latitante Matteo Messina Denaro e questo per dimostrare che il nome di D’Alì non compare in nessuna delle tantissime pagine dei relativi rapporti. Così come a dire della difesa non può adombrarsi alcun coinvolgimento del senatore D’Alì all’interno del recentissimo sequestro di beni operato ad un condannato per favoreggiamento alla mafia, l’imprenditore Michele Mazzara: in questo caso hanno prodotto il relativo comunicato stampa diffuso dalla questura (che non contiene riferimenti al senatore D’Alì) e la relativa informativa che ha portato il Tribunale al sequestro dei beni, dove il nome di D’Alì compare solo per un presunto interessamento di Mazzara a realizzare un documentario televisivo, ma il documentario non si è mai fatto e comunque non c’è un elemento che porta a dire che i due si siano incontrati, D’Alì anzi sostiene di non conoscere Michele Mazzara che però è certo che tentò di avvicinare il senatore attraverso il suo segretario particolare, il consigliere comunale Totò La Pica.
Oggi come nella precedente udienza il senatore D’Alì era presente in aula ma non ha reso dichiarazioni. I suoi difensori sono gli avvocati Stefano Pellegrino e Gino Bosco. Il 28 febbraio l’udienza riprenderà, la difesa del senatore D’Alì ha fatto informalmente riferimento ad una possibile richiesta di rito abbreviato, ma questo passaggio non è stato formalizzato e non è scontato, anche perché il gup per decidere avrebbe anche bisogno del parere del pubblico ministero. Parere che può essere reso solo con l’ufficializzazione della richiesta di rito alternativo.
Nel procedimento si sono costituiti parte civile le associazioni antiracket di Alcamo, Marsala e Mazara e il centro studi di Palermo Pio La Torre, a rappresentarli è l'avvocato Giuseppe Gandolfo.
Liberainformazione - Ancora un nuovo rinvio per l’udienza preliminare davanti al gup Giovanni Francolini (Tribunale di Palermo) dove è indagato di concorso esterno in associazione mafiosa il senatore del Pdl Antonio D’Alì, oggi presidente della commissione Ambiente del Senato, e tra il 2001 e il 2006 sottosegretario all’Interno (con i ministri Scajola e Pisanu). La nuova data fissata è quella del 28 febbraio.
Si tratta di un secondo rinvio dovuto a produzione documentale. La stessa cosa era accaduta a dicembre in occasione della prima udienza, ed era stato il pubblico ministero Andrea Tarondo a presentare nuove carte che rappresenterebbero prove di colpevolezza per il parlamentare che siede in Senato sin dal 1994.
Nell’udienza odierna la pubblica accusa è tornata a fare una ulteriore produzione di documenti, e cioè un rapporto che si inserisce nell’alveo della cosiddetta inchiesta mafia e appalti che in passato ha portato alla condanna di alcuni imprenditori che sono stati riconosciuti fare parte della “cupola mafiosa” di Trapani e alla condanna del “reggente” del mandamento di Trapani, l’imprenditore pacecoto Francesco Pace, che ha avuto inflitta una pena di quasi 20 anni di carcere. Il secondo filone dell’inchiesta mafia e appalti ha riguardato la gestione irregolare di beni confiscati alla mafia e per questa ragione è stato condannato un funzionario del Demanio, Francesco Nasca, una corruzione per la costruzione di palazzine in cooperativa a Trapani, condannati ancora Pace e un professionista, nonché è scattata la prescrizione per lo stesso fatto per l’ex vice presidente della Regione Bartolo Pellegrino, assolto invece dalle accuse di concorso esterno in associazione mafiosa. Il terzo filone di mafia e appalti è condensato nel rapporto che oggi è entrato all’interno dell’udienza preliminare per il senatore D’Alì. Praticamente l’accusa è quella che a capo del vertice che avrebbe sovrainteso all’aggiudicazione pilotata di appalti ci sarebbe stato proprio il parlamentare. Dentro questa inchiesta “pesa” l’avviso di garanzia notificato ad uno dei più grossi imprenditori edili di Trapani, Francesco Morici: così come le sue imprese, Morici Costruzioni una, Coling l’altra, risultano assegnatarie dei più grossi appalti degli ultimi anni aggiudicati a Trapani, dalla costruzione della Funivia Trapani-Erice, ai lavori per il risanamento di una parte del centro storico e delle mura di tramontana della città, nonché per le nuove banchine portuali che dovevano essere funzionali alle gare di Coppa America del 2005 ma ancora oggi rappresentano una grossa incompiuta, si trattava di un appalto da 40 milioni di euro; allo stesso tempo il nome di Morici è stato ricorrente nei processi per mafia e appalti, un dipendente della Provincia regionale ha raccontato, per esempio, di come Morici pagava mazzette per aggiudicarsi lavori banditi dall’amministrazione provinciale.
La difesa ha anche prodotto documenti giudiziari: gli atti delle operazioni cosidette Golem, quelle che hanno riguardato i favoreggiatori del super latitante Matteo Messina Denaro e questo per dimostrare che il nome di D’Alì non compare in nessuna delle tantissime pagine dei relativi rapporti. Così come a dire della difesa non può adombrarsi alcun coinvolgimento del senatore D’Alì all’interno del recentissimo sequestro di beni operato ad un condannato per favoreggiamento alla mafia, l’imprenditore Michele Mazzara: in questo caso hanno prodotto il relativo comunicato stampa diffuso dalla questura (che non contiene riferimenti al senatore D’Alì) e la relativa informativa che ha portato il Tribunale al sequestro dei beni, dove il nome di D’Alì compare solo per un presunto interessamento di Mazzara a realizzare un documentario televisivo, ma il documentario non si è mai fatto e comunque non c’è un elemento che porta a dire che i due si siano incontrati, D’Alì anzi sostiene di non conoscere Michele Mazzara che però è certo che tentò di avvicinare il senatore attraverso il suo segretario particolare, il consigliere comunale Totò La Pica.
Oggi come nella precedente udienza il senatore D’Alì era presente in aula ma non ha reso dichiarazioni. I suoi difensori sono gli avvocati Stefano Pellegrino e Gino Bosco. Il 28 febbraio l’udienza riprenderà, la difesa del senatore D’Alì ha fatto informalmente riferimento ad una possibile richiesta di rito abbreviato, ma questo passaggio non è stato formalizzato e non è scontato, anche perché il gup per decidere avrebbe anche bisogno del parere del pubblico ministero. Parere che può essere reso solo con l’ufficializzazione della richiesta di rito alternativo.
Nel procedimento si sono costituiti parte civile le associazioni antiracket di Alcamo, Marsala e Mazara e il centro studi di Palermo Pio La Torre, a rappresentarli è l'avvocato Giuseppe Gandolfo.
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