La Chiesa della Tanzania teme il contagio del fondamentalismo islamico di matrice nigeriana.
ACS -Monsignor Rogatus Kimaryo, vescovo di Same – diocesi nel Nord del Paese – confida ad Aiuto alla Chiesa che Soffre la sua preoccupazione per la possibile radicalizzazione della comunità musulmana locale. «Abbiamo paura che quanto sta accadendo in Nigeria possa riverberarsi in altre nazioni africane». I 45 milioni di tanzanesi sono cristiani per il 53 per cento - tra questi 12 milioni di cattolici – musulmani per il 32 per cento e animisti per il 13 per cento. Il Paese ha finora vissuto una storia pacifica e per questo, afferma il presule, il crescente interesse dimostrato da gruppi sparuti per l’islamismo radicale causa molta apprensione tra i fedeli.
Monsignor Kimaryo testimonia che la coesistenza tra musulmani e cristiani è stata «fin qui all’insegna di una completa armonia». E ringrazia ACS per il forte sostegno al dialogo interreligioso a Same ed in altre diocesi della Tanzania. «Ma se gli sviluppi negativi a cui assistiamo in Africa Orientale dovessero propagarsi al resto del continente, - avverte - le conseguenze sarebbero deleterie per entrambe le comunità religiose».
Per monsignor Kimaryo, la Conferenza episcopale deve immediatamente rendere partecipe delle proprie preoccupazioni il governo e i leader islamici. I problemi, precisa il presule, non sono causati dalle autorità musulmane - «assolutamente affidabili e collaborative» - ma da isolate fazioni incontrollabili che si sentono «perennemente discriminate» e ne attribuiscono la colpa all’Occidente e alla Chiesa. Il vescovo di Same auspica dunque una piena collaborazione tra personalità religiose, perché «se non interveniamo ora per contrastare il propagarsi del fondamentalismo, non oso immaginare cosa potrebbe accadere in futuro».
ACS -Monsignor Rogatus Kimaryo, vescovo di Same – diocesi nel Nord del Paese – confida ad Aiuto alla Chiesa che Soffre la sua preoccupazione per la possibile radicalizzazione della comunità musulmana locale. «Abbiamo paura che quanto sta accadendo in Nigeria possa riverberarsi in altre nazioni africane». I 45 milioni di tanzanesi sono cristiani per il 53 per cento - tra questi 12 milioni di cattolici – musulmani per il 32 per cento e animisti per il 13 per cento. Il Paese ha finora vissuto una storia pacifica e per questo, afferma il presule, il crescente interesse dimostrato da gruppi sparuti per l’islamismo radicale causa molta apprensione tra i fedeli.
Monsignor Kimaryo testimonia che la coesistenza tra musulmani e cristiani è stata «fin qui all’insegna di una completa armonia». E ringrazia ACS per il forte sostegno al dialogo interreligioso a Same ed in altre diocesi della Tanzania. «Ma se gli sviluppi negativi a cui assistiamo in Africa Orientale dovessero propagarsi al resto del continente, - avverte - le conseguenze sarebbero deleterie per entrambe le comunità religiose».
Per monsignor Kimaryo, la Conferenza episcopale deve immediatamente rendere partecipe delle proprie preoccupazioni il governo e i leader islamici. I problemi, precisa il presule, non sono causati dalle autorità musulmane - «assolutamente affidabili e collaborative» - ma da isolate fazioni incontrollabili che si sentono «perennemente discriminate» e ne attribuiscono la colpa all’Occidente e alla Chiesa. Il vescovo di Same auspica dunque una piena collaborazione tra personalità religiose, perché «se non interveniamo ora per contrastare il propagarsi del fondamentalismo, non oso immaginare cosa potrebbe accadere in futuro».
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