Un politico musulmano inglese chiede al papa che l’identità cristiana nel vecchio continente si rafforzi: «Non è una reliquia pre-industriale, serve a sradicare i fondamentalismi».
Cittanuova - L’Europa deve «fidarsi di più della propria cristianità per incoraggiare l’armonia sociale, la gente ha bisogno di sentire più forti le proprie identità religiose e avere più fiducia nel proprio credo religioso. Non si possono sradicare le fondamenta cristiane dell’Europa dall’evoluzione delle nostre nazioni, così come non si possono cancellare le guglie e i pinnacoli dai panorami delle nostre città». Frasi forti, che dovrebbero portare a una riflessione profonda se si pensa che a pronunciarle è stata la baronessa Sayeeda Hussain Warsi, capo della delegazione del governo britannico, che, nei giorni scorsi, ha fatto visita al Vaticano in occasione del trentesimo anniversario dell’avvio delle relazioni diplomatiche fra Santa Sede e Regno Unito.
La baronessa Warsi, musulmana, nata da genitori pakistani emigrati in Inghilterra, è intervenuta presso la Pontificia accademica ecclesiastica rivolgendosi ai futuri diplomatici del Vaticano e al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Il suo intervento - Il ruolo della religione nel dibattito politico e negli affari internazionali – ha suscitato notevole scalpore se, per esempio, il noto vaticanista John Allan, pur cosciente che in questioni riguardanti il Vaticano è sempre delicato usare la parola «senza precedenti», non ha avuto timore a definire l’avvenimento come qualcosa che senz’altro non accade tutti i giorni, intitolando il suo pezzo sul National Catholic Reporter con uno stimolante British Muslim pol tells pope, 'Europe needs confident Christians' (Politico musulmano inglese dice al papa: ‘L’Europa ha bisogno di cristiani convinti’)[1]
La Warsi, prima donna musulmana a ricoprire cariche di governo nel Regno Unito, si è laureata in Legge prima di arrivare all’impegno politico e già dal 2007 faceva parte del governo ombra conservatore, come ministro per la Coesione sociale. In occasione del suo discorso non ha mancato di fare riferimenti significativi alla sua esperienza personale. Ha raccontato, infatti, di essere «rafforzata nella fede musulmana» proprio grazie «all’identità cristiana» dell’Inghilterra e ha scelto di educare la propria figlia in una scuola anglicana, dove «un forte senso della cristianità non ha minacciato la nostra identità musulmana».
Anche in questa prospettiva personale, oltre al ruolo di politico europeo, si comprende la centralità che la baronessa musulmana assegna al dialogo interreligioso, che, ha tenuto a sottolineare, non deve mirare a un minimo comun denominatore fra le fedi, perché annullerebbe le differenze che le caratterizzano. «Proprio come l’esperanto, che ha tentato di costruire una nuova lingua neutralizzando le componenti di altri idiomi, una lingua comune fra le fedi rischia di annacquare la diversità e l’intensità delle nostre rispettive religioni». Si tratta di restare fermi nelle proprie convinzioni per lavorare insieme, ha chiarito la capodelegazione inglese.
Già nel settembre del 2010, in occasione della visita di Benedetto XVI in Inghilterra e in Scozia, la baronessa si era resa protagonista di una serie di interventi pubblici a sottolineare l’importanza del fattore religioso nel contesto della nuova Europa. Aveva parlato, infatti, di un governo laburista che considerava la religione come «una reliquia dell’epoca pre-industriale con forti sospetti riguardo ai potenziali contributi che la fede può dare alla società.»
Non meraviglia, dunque, il fatto che la Warsi non abbia avuto timore di sottolineare come il continente Europa sia minacciato da un «secolarismo militante, profondamente intollerante». Nel corso del suo intervento, ha, di fatto, sottolineato il ruolo della fede per assicurare dei valori veramente democratici e l’impossibilità di separare la tradizione cristiana dalla storia del continente. Sono temi cari a Benedetto XVI, che lui stesso aveva evidenziato con chiarezza anche nel corso del discorso a Westminster nel settembre del 2010. La capodelegazione del governo britannico ha, inoltre, incoraggiato uomini e donne di fede a proclamare con «fiducia» e serenità il proprio credo, coscienti che la «pluralità di fedi», ormai carattere tipico del mondo attuale, conferma quanto la religione abbia un suo posto nella società.
L’intervento della baronessa inglese di fede musulmana è un segnale importante sulla necessità di trovare strade di dialogo per l’integrazione di comunità di diverse etnie, culture e religioni, che fanno ormai parte del panorama europeo. Non solo. L’intervento presso la sede che forma i futuri diplomatici del papa mette in evidenza con chiarezza il nuovo ruolo della religione nelle relazioni internazionali, un aspetto assolutamente imprevisto, almeno nella prospettiva dell’Europa laica fino a qualche decennio fa, e che si sta imponendo con chiarezza sullo scenario mondiale attuale.
Cittanuova - L’Europa deve «fidarsi di più della propria cristianità per incoraggiare l’armonia sociale, la gente ha bisogno di sentire più forti le proprie identità religiose e avere più fiducia nel proprio credo religioso. Non si possono sradicare le fondamenta cristiane dell’Europa dall’evoluzione delle nostre nazioni, così come non si possono cancellare le guglie e i pinnacoli dai panorami delle nostre città». Frasi forti, che dovrebbero portare a una riflessione profonda se si pensa che a pronunciarle è stata la baronessa Sayeeda Hussain Warsi, capo della delegazione del governo britannico, che, nei giorni scorsi, ha fatto visita al Vaticano in occasione del trentesimo anniversario dell’avvio delle relazioni diplomatiche fra Santa Sede e Regno Unito.
La baronessa Warsi, musulmana, nata da genitori pakistani emigrati in Inghilterra, è intervenuta presso la Pontificia accademica ecclesiastica rivolgendosi ai futuri diplomatici del Vaticano e al corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede. Il suo intervento - Il ruolo della religione nel dibattito politico e negli affari internazionali – ha suscitato notevole scalpore se, per esempio, il noto vaticanista John Allan, pur cosciente che in questioni riguardanti il Vaticano è sempre delicato usare la parola «senza precedenti», non ha avuto timore a definire l’avvenimento come qualcosa che senz’altro non accade tutti i giorni, intitolando il suo pezzo sul National Catholic Reporter con uno stimolante British Muslim pol tells pope, 'Europe needs confident Christians' (Politico musulmano inglese dice al papa: ‘L’Europa ha bisogno di cristiani convinti’)[1]
La Warsi, prima donna musulmana a ricoprire cariche di governo nel Regno Unito, si è laureata in Legge prima di arrivare all’impegno politico e già dal 2007 faceva parte del governo ombra conservatore, come ministro per la Coesione sociale. In occasione del suo discorso non ha mancato di fare riferimenti significativi alla sua esperienza personale. Ha raccontato, infatti, di essere «rafforzata nella fede musulmana» proprio grazie «all’identità cristiana» dell’Inghilterra e ha scelto di educare la propria figlia in una scuola anglicana, dove «un forte senso della cristianità non ha minacciato la nostra identità musulmana».
Anche in questa prospettiva personale, oltre al ruolo di politico europeo, si comprende la centralità che la baronessa musulmana assegna al dialogo interreligioso, che, ha tenuto a sottolineare, non deve mirare a un minimo comun denominatore fra le fedi, perché annullerebbe le differenze che le caratterizzano. «Proprio come l’esperanto, che ha tentato di costruire una nuova lingua neutralizzando le componenti di altri idiomi, una lingua comune fra le fedi rischia di annacquare la diversità e l’intensità delle nostre rispettive religioni». Si tratta di restare fermi nelle proprie convinzioni per lavorare insieme, ha chiarito la capodelegazione inglese.
Già nel settembre del 2010, in occasione della visita di Benedetto XVI in Inghilterra e in Scozia, la baronessa si era resa protagonista di una serie di interventi pubblici a sottolineare l’importanza del fattore religioso nel contesto della nuova Europa. Aveva parlato, infatti, di un governo laburista che considerava la religione come «una reliquia dell’epoca pre-industriale con forti sospetti riguardo ai potenziali contributi che la fede può dare alla società.»
Non meraviglia, dunque, il fatto che la Warsi non abbia avuto timore di sottolineare come il continente Europa sia minacciato da un «secolarismo militante, profondamente intollerante». Nel corso del suo intervento, ha, di fatto, sottolineato il ruolo della fede per assicurare dei valori veramente democratici e l’impossibilità di separare la tradizione cristiana dalla storia del continente. Sono temi cari a Benedetto XVI, che lui stesso aveva evidenziato con chiarezza anche nel corso del discorso a Westminster nel settembre del 2010. La capodelegazione del governo britannico ha, inoltre, incoraggiato uomini e donne di fede a proclamare con «fiducia» e serenità il proprio credo, coscienti che la «pluralità di fedi», ormai carattere tipico del mondo attuale, conferma quanto la religione abbia un suo posto nella società.
L’intervento della baronessa inglese di fede musulmana è un segnale importante sulla necessità di trovare strade di dialogo per l’integrazione di comunità di diverse etnie, culture e religioni, che fanno ormai parte del panorama europeo. Non solo. L’intervento presso la sede che forma i futuri diplomatici del papa mette in evidenza con chiarezza il nuovo ruolo della religione nelle relazioni internazionali, un aspetto assolutamente imprevisto, almeno nella prospettiva dell’Europa laica fino a qualche decennio fa, e che si sta imponendo con chiarezza sullo scenario mondiale attuale.
di Ravindra Chheda
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