Salvato un angolo di paradiso della Sardegna grazie alla mobilitazione del pastore Ovidio e dell’associazione Italia Nostra
di Paola Bisconti
L’abusivismo edilizio questa volta non ha violato la natura e a vincere sono stati i diritti dell’uomo e la salvaguardia dell’ambiente. Siamo in Sardegna e nella zona sud-occidentale della regione, l’area di Capo Malfatano, sarebbe dovuto sorgere un resort a cinque stelle. Il complesso prevedeva un centro termale, piscine, ristoranti, ville esclusive e la totale distruzione della “via del pascolo”, un antico tragitto percorso, tra gli altri, dal gregge allevato dal pastore Ovidio Marras. Il protagonista della storia a lieto fine è proprio il caparbio ottantaduenne, che ha ottenuto giustizia facendo ricorso presso il Tribunale di Cagliari.
Ovidio è l’uomo che ha sconfitto la lobby del cemento che avrebbe ricoperto 30 km di costa della spiaggia di Tuerredda, vicino a Teulada, di fronte alla sua abitazione. A rappresentarlo legalmente è stato l’avvocato Filippo Satta, figlio del celebre giurista autore del romanzo “Il giorno del giudizio”. L’avvocato Satta a sua volta lavora per conto di “Italia Nostra”, l’associazione nazionale per la tutela del patrimonio artistico, storico e naturale della nazione, che è intervenuta attivamente in difesa dei diritti di Ovidio, di tutti gli abitanti sardi e del territorio dell’isola. È stata l’organizzazione a presentare il ricorso accettato dal Tar il 6 febbraio che ha ordinato la demolizione del rustico.
Gli antagonisti della vicenda sono i grandi nomi dell’industria italiana: la Sansedoni Spa, immobiliare di proprietà del Monte dei Paschi di Siena, avente il 43% dei profitti, che aveva dichiarato che avrebbe prestato particolare attenzione al rispetto del territorio e dell’ambiente secondo linee architettoniche innovative e che avrebbero minimizzato l’impatto ambientale utilizzando le più moderne tecnologie. L’amministrazione teuladina è stata la prima a subire l’incantesimo della promessa di posti di lavoro per la popolazione ma in realtà dietro al progetto si nascondevano una serie di interessi.
Ad essere coinvolti erano la Sitas (società iniziative turistiche agricole sarde) che vede fra i propri azionisti l’ingegnere Toti, imprenditore romano a capo del gruppo Lamaro, un colosso dell’edilizia e beneficiario dell’11,8% insieme al gruppo Benetton, a cui spettava il 24% di un investimento di 150 milioni di euro. La struttura, una volta terminata, sarebbe stata gestita dal gruppo Mita Resort di Emma Marcegaglia, che forse ha dimenticato che a sostenere l’economia italiana non sono solo le industrie ma anche quegli antichi mestieri, nobili e faticosi, di cui va tanto fiero il pastore Ovidio.
Ti è piaciuto l'articolo? Vota Ok
di Paola Bisconti
L’abusivismo edilizio questa volta non ha violato la natura e a vincere sono stati i diritti dell’uomo e la salvaguardia dell’ambiente. Siamo in Sardegna e nella zona sud-occidentale della regione, l’area di Capo Malfatano, sarebbe dovuto sorgere un resort a cinque stelle. Il complesso prevedeva un centro termale, piscine, ristoranti, ville esclusive e la totale distruzione della “via del pascolo”, un antico tragitto percorso, tra gli altri, dal gregge allevato dal pastore Ovidio Marras. Il protagonista della storia a lieto fine è proprio il caparbio ottantaduenne, che ha ottenuto giustizia facendo ricorso presso il Tribunale di Cagliari.
Ovidio è l’uomo che ha sconfitto la lobby del cemento che avrebbe ricoperto 30 km di costa della spiaggia di Tuerredda, vicino a Teulada, di fronte alla sua abitazione. A rappresentarlo legalmente è stato l’avvocato Filippo Satta, figlio del celebre giurista autore del romanzo “Il giorno del giudizio”. L’avvocato Satta a sua volta lavora per conto di “Italia Nostra”, l’associazione nazionale per la tutela del patrimonio artistico, storico e naturale della nazione, che è intervenuta attivamente in difesa dei diritti di Ovidio, di tutti gli abitanti sardi e del territorio dell’isola. È stata l’organizzazione a presentare il ricorso accettato dal Tar il 6 febbraio che ha ordinato la demolizione del rustico.
Gli antagonisti della vicenda sono i grandi nomi dell’industria italiana: la Sansedoni Spa, immobiliare di proprietà del Monte dei Paschi di Siena, avente il 43% dei profitti, che aveva dichiarato che avrebbe prestato particolare attenzione al rispetto del territorio e dell’ambiente secondo linee architettoniche innovative e che avrebbero minimizzato l’impatto ambientale utilizzando le più moderne tecnologie. L’amministrazione teuladina è stata la prima a subire l’incantesimo della promessa di posti di lavoro per la popolazione ma in realtà dietro al progetto si nascondevano una serie di interessi.
Ad essere coinvolti erano la Sitas (società iniziative turistiche agricole sarde) che vede fra i propri azionisti l’ingegnere Toti, imprenditore romano a capo del gruppo Lamaro, un colosso dell’edilizia e beneficiario dell’11,8% insieme al gruppo Benetton, a cui spettava il 24% di un investimento di 150 milioni di euro. La struttura, una volta terminata, sarebbe stata gestita dal gruppo Mita Resort di Emma Marcegaglia, che forse ha dimenticato che a sostenere l’economia italiana non sono solo le industrie ma anche quegli antichi mestieri, nobili e faticosi, di cui va tanto fiero il pastore Ovidio.
Ti è piaciuto l'articolo? Vota Ok
Tweet |
È presente 1 commento
grazie per questo racconto di difesa della terra e del territorio... e grazie al pastore Ovidio, segno di speranza per la povera Italia che sta distruggendo la Madre Terra!
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.