Dopo la violenta separazione nel 2007 tra le fazioni di Fatah e Hamas, i rispettivi rappresentanti hanno firmato un documento di riconciliazione. Ad Abu Mazen l’incarico di un governo di tecnici
Città Nuova -Insomma ci sono riusciti. Dopo essersi scontrati a suo tempo a colpi di kalashnikov, Hamas e Fatah, le due principali organizzazioni palestinesi, sono riuscite a raggiungere un accordo. Grazie alla mediazione del Qatar attraverso l’emiro Hamd Bin Khalifa al-Thani, il presidente della Autorità Nazionale Palestinese (Anp) Abu Mazen, in rappresentazione di Fatah, e lo sceicco Khaled Meshal, rappresentante di Hamas, hanno siglato una dichiarazione a Doha.
In base al testo, Abu Mazen sarà incaricato di costituire un governo di tecnici che possa gestire la vita dei palestinesi sia di Cisgiordania che della striscia di Gaza. Contemporaneamente, il governo appronterà le misure necessarie per celebrare le elezioni politiche e presidenziali da celebrarsi nei territori il prossimo mese di maggio.
L’accordo siglato a Doha si presenta come uno sforzo per riconciliare queste due fazioni che dal 2007 erano giunte ad una virtuale separazione dei territori palestinesi. Hamas rappresenta l’ala più intransigente, ma anche quella più popolare, meno invischiata negli scandali per corruzione che hanno spesso macchiato il più numeroso gruppo di Fatah, impegnato tra l’altro ad affrontare forse con maggior pragmatismo l’annosa questione del conflitto con Israele.
Ed infatti è proprio da parte israeliana che giungono le maggiori critiche all’accordo di riconciliazione raggiunto in questi giorni. Il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu ha criticato energicamente il riavvicinamento tra i due gruppi, affermando che Abu Mazen deve scegliere tra la pace con Israele e la pace con Hamas. Per il premier israeliano la pace con Hamas e con Israele è inconciliabile, almeno finché l’organizzazione non deciderà di abbandonare la pratica del terrorismo, non riconoscerà il diritto di esistere dello Stato israeliano e non rispetterà gli impegni assunti dall’Anp. Forse con maggiore cautela, la Casa Bianca ha invece ribadito l’appoggio a una riconciliazione tra palestinesi, ma se verrà promossa la pace.
Nel frattempo, Abu Mazen e Meshal hanno stabilito anche di ricostituire il Consiglio nazionale palestinese, massimo organo della Olp. Sia a Gaza che in Cisgiordania la notizia è stata ben ricevuta dai rispettivi capi degli esecutivi delle due fazioni.
L’accordo raggiunto non suppone aver sormontato gli ostacoli esistenti, tra questi, il poco tempo disponibile per formare un governo e organizzare le prossime elezioni. Inoltre, non pare facile che il governo possa ottenere il controllo sulla milizia armata di Hamas, che ha dimostrato essere efficace e ben armata. Ciò nonostante si tratta di un passo pur sempre positivo. La vittoria dei Fratelli mussulmani e di gruppi vicini ad Hamas nelle elezioni svoltesi in vari Paesi arabi negli ultimi mesi ha reso il gruppo meno disponibile a fare concessione ad Abu Mazen e Fatah. Anche se tale vittoria è stata possibile probabilmente dal maggiore pragmatismo dimostrato proprio dai menzionati gruppi. Certo è che la separazione tra palestinesi giovava poco alla causa della pace in Medio Oriente.
Città Nuova -Insomma ci sono riusciti. Dopo essersi scontrati a suo tempo a colpi di kalashnikov, Hamas e Fatah, le due principali organizzazioni palestinesi, sono riuscite a raggiungere un accordo. Grazie alla mediazione del Qatar attraverso l’emiro Hamd Bin Khalifa al-Thani, il presidente della Autorità Nazionale Palestinese (Anp) Abu Mazen, in rappresentazione di Fatah, e lo sceicco Khaled Meshal, rappresentante di Hamas, hanno siglato una dichiarazione a Doha.
In base al testo, Abu Mazen sarà incaricato di costituire un governo di tecnici che possa gestire la vita dei palestinesi sia di Cisgiordania che della striscia di Gaza. Contemporaneamente, il governo appronterà le misure necessarie per celebrare le elezioni politiche e presidenziali da celebrarsi nei territori il prossimo mese di maggio.
L’accordo siglato a Doha si presenta come uno sforzo per riconciliare queste due fazioni che dal 2007 erano giunte ad una virtuale separazione dei territori palestinesi. Hamas rappresenta l’ala più intransigente, ma anche quella più popolare, meno invischiata negli scandali per corruzione che hanno spesso macchiato il più numeroso gruppo di Fatah, impegnato tra l’altro ad affrontare forse con maggior pragmatismo l’annosa questione del conflitto con Israele.
Ed infatti è proprio da parte israeliana che giungono le maggiori critiche all’accordo di riconciliazione raggiunto in questi giorni. Il primo ministro israeliano Benyamin Netanyahu ha criticato energicamente il riavvicinamento tra i due gruppi, affermando che Abu Mazen deve scegliere tra la pace con Israele e la pace con Hamas. Per il premier israeliano la pace con Hamas e con Israele è inconciliabile, almeno finché l’organizzazione non deciderà di abbandonare la pratica del terrorismo, non riconoscerà il diritto di esistere dello Stato israeliano e non rispetterà gli impegni assunti dall’Anp. Forse con maggiore cautela, la Casa Bianca ha invece ribadito l’appoggio a una riconciliazione tra palestinesi, ma se verrà promossa la pace.
Nel frattempo, Abu Mazen e Meshal hanno stabilito anche di ricostituire il Consiglio nazionale palestinese, massimo organo della Olp. Sia a Gaza che in Cisgiordania la notizia è stata ben ricevuta dai rispettivi capi degli esecutivi delle due fazioni.
L’accordo raggiunto non suppone aver sormontato gli ostacoli esistenti, tra questi, il poco tempo disponibile per formare un governo e organizzare le prossime elezioni. Inoltre, non pare facile che il governo possa ottenere il controllo sulla milizia armata di Hamas, che ha dimostrato essere efficace e ben armata. Ciò nonostante si tratta di un passo pur sempre positivo. La vittoria dei Fratelli mussulmani e di gruppi vicini ad Hamas nelle elezioni svoltesi in vari Paesi arabi negli ultimi mesi ha reso il gruppo meno disponibile a fare concessione ad Abu Mazen e Fatah. Anche se tale vittoria è stata possibile probabilmente dal maggiore pragmatismo dimostrato proprio dai menzionati gruppi. Certo è che la separazione tra palestinesi giovava poco alla causa della pace in Medio Oriente.
Tweet |
Sono presenti 0 commenti
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.