sabato, febbraio 11, 2012
Condannato all’ergastolo Khaing Guek Eav, il professore cambogiano che eseguiva atroci interrogatori

di Paola Bisconti

Dopo i crimini commessi contro l’umanità, il “Compagno Duck” torna a destare clamore durante i processi che lo vedono colpevole delle atrocità compiute nel carcere fatto costruire da lui stesso, il Tuol Sleng. Le lacrime versate dal cambogiano Khaing Guek Eav non hanno impietosito il Tribunale dell’ONU, che il 3 febbraio lo ha condannato all’ergastolo. La prima sentenza emanata nel 2010 prevedeva una pena di soli 30 anni ritenuti insufficienti per scontare tutto il male compiuto su migliaia di innocenti.

Quando nel 1979 i vietnamiti occuparono Phnom Penh, il comandante Khaing si nascose in Thailandia tentando di cancellare il passato. Cambiò nome, si fece battezzare e divenne pastore evangelico… ma dal destino non si può scappare. Rientrando in Cambogia nel 1998 in seguito al “cessate il fuoco”, tutti lo credevano morto. Tuttavia il fotoreporter nordirlandese Nic Dunlop riconobbe che chi stava vedendo camminare per le strade della regione di Samlaut non era un fantasma ma l’uomo che durante il regime di Pol Pot uccise 700.000 prigionieri, fra cui 2000 bambini. Così Khaing concesse un’intervista esclusiva al prestigioso mensile asiatico “Far eastern economic review”. Rispondendo alle domande del giornalista Nate Thayer, fece luce sui reati commessi nella prigione S-21 (“tuol seng” in lingua khmer significa “collina degli alberi” e il numero 21 è il codice del Santèbal, la polizia di sicurezza). In seguito Khaing si consegnò alle autorità che ricostruirono i fatti cercando i colpevoli dei reati. A confermare i raccapriccianti dettagli ci sono le foto scattate da Ho Van Tay, il primo fotoreporter che scoprì il luogo degli orrori seguendo il cattivo odore che si sentiva nelle strade limitrofe al carcere di Phon Phen.

Oggi Tuol Sleng è un museo che riceve una media di 500 visitatori al giorno tra cui molte scolaresche. Prima di diventare una prigione era un liceo e durante la guerra fu convertito in prigione. L’edificio fu circondato dal filo spinato elettrificato, le classi furono trasformate in celle e camere della tortura, le finestre furono sbarrate con assi di ferro. Il carcere trattenne diversi prigionieri, tra cui intellettuali e politici comunisti arrestati con tutta le loro famiglie. Erano accusati di spionaggio e di tramare congiure contro Pol Pot. Il “Compagno Duck” fu responsabile delle loro morti.

Khaing era un insegnante, e sarebbe dovuta essere questa la sua professione, ma così non è stato. Ha, invece, eseguito gli ordini del comandante Nuon Chea, da cui imparò le tecniche di interrogatorio tramite elettroshock, strumenti incandescenti e terribili sevizie. Molti morivano durante le torture, ad altri veniva tagliata la gola per poi effettuare su di loro esperimenti. Non utilizzavano le pallottole perché le ritenevano troppo preziose per sprecarle in quel modo, come se le vite dei prigionieri non contassero abbastanza. Alcuni cadaveri vennero fatti bruciare sui copertoni per non lasciare traccia neanche delle loro ossa. Anche i bambini furono uccisi con metodi brutali, e i crani ritrovati nel carcere testimoniano le violenze commesse. Alcuni ragazzini, figli dei prigionieri, tra cui vietnamiti, laotiani, indiani, britannici, statunitensi, francesi, neozelandesi e australiani, furono addestrati e resi sadici. I superstiti sono solo 7, sopravvissuti grazie ai loro mestieri: Vann Nath, per esempio, era un pittore e fu incaricato di eseguire i ritratti del dittatore Pol Pot, mentre Bou Meng scampò grazie alle sue capacità di meccanico.

Questo capitolo di storia sembra essersi chiuso con un giusto epilogo nei confronti di un uomo che ha distrutto una generazione. Nessuna condanna riuscirà a dare giustizia per quanto è accaduto. Ma conoscere il passato è indispensabile per non ripetere mai più gli stessi errori. Sarebbe utile rileggere il testo “Fantasmi. Dispacci dalla Cambogia” del grande scrittore e giornalista Tiziano Terzani, che fu uno dei primi a raggiungere l’Asia fornendo delle informazioni all’Europa ignara di quanto stesse accadendo. Nel 1974 Terzani scriveva: “Il coprifuoco comincia alle 7 e nemmeno i cani restano per la strada, perché in queste settimane di assedio e di fame la gente ha finito per mangiarseli”.

Sono presenti 0 commenti

Inserisci un commento

Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.



___________________________________________________________________________________________
Testata giornalistica iscritta al n. 5/11 del Registro della Stampa del Tribunale di Pisa
Proprietario ed Editore: Fabio Gioffrè
Sede della Direzione: via Socci 15, Pisa