Una donna che ha lasciato un segno nella cultura, nella spiritualità e nell’arte italiana. E’ santa Chiara d’Assisi celebrata ad 800 anni dalla sua consacrazione nella mostra “Ritorno alla Porziuncola.
Radio Vaticana - Chiara d'Assisi, il carisma e l'icona” inaugurata ieri presso la Basilica di santa Maria degli Angeli ad Assisi. L’esposizione, aperta fino all’11 agosto, raccoglie oggetti d’arte provenienti da Monasteri e Conventi, riproduzioni di miniature antiche e le parole scritte su Chiara dai biografi antichi e dai Papi, fino a Benedetto XVI. Vero capolavoro la Tavola del Maestro di Santa Chiara, capolavoro della fine del XIII secolo, la prima opera agiografica dedicata alla fondatrice delle Clarisse. Ci si sofferma al microfono di Paolo Ondarza lo storico dell’arte Alessandro Tomei: ascolta
R. – Si tratta di un importantissimo dipinto, datato 1283, che raffigura al centro Santa Chiara e, ai lati, otto storie della sua vita. Si tratta della prima tavola agiografica, dedicata appunto a Santa Chiara.
D. – Per quanto riguarda lo stile, come possiamo definirlo?
R. – E’ uno stile che, in qualche modo, coniuga la tradizione di stampo ancora bizantino, dominante nella cultura umbra, con le nuove correnti gotiche – e quindi settentrionali, soprattutto francesi – che si diffondono in quel periodo, in Umbria, anche grazie al movimento francescano. Del resto, la Basilica di San Francesco in Assisi è una Chiesa gotica e, in effetti, la Santa si trova all’interno di una nicchia dipinta – di un’edicola, come si dice in termine tecnico -, che ha un arco a sesto acuto, un arco ogivale, che è proprio una delle caratteristiche più eclatanti dello stile gotico.
D. – Professore, da dove proviene quest’opera?
R. – L’opera, molto probabilmente, è stata eseguita proprio per la Basilica di Santa Chiara ad Assisi. Nell’iscrizione lungo il margine inferiore della tavola, si nomina anche Papa Martino IV, quindi c’è anche un interessante riferimento storico dell’interessamento papale nei confronti delle Chiese di Assisi e del movimento francescano.
D. – E attualmente dov’è conservata?
R. – E’ conservata nella Basilica di Santa Chiara, dove non si può osservare così bene come la si può osservare invece in occasione di questa mostra. In occasione di questa mostra è posta ad altezza d’uomo, diciamo così, e quindi è perfettamente visibile e studiabile, e rivela anche interessantissime annotazioni di tipo stilistico che, prima, potevano essere apprezzate soltanto attraverso le riproduzioni fotografiche.
D. – Si tratta di una tavola istoriata: un genere pensato per veicolare contenuti religiosi e di fede, contenuti biblici, anche ai fedeli “illetterati”, analfabeti. Un aspetto, questo, tipicamente francescano del "fare arte"...
R. – Certo. Non a caso, vengono scelti proprio quegli episodi più significativi della vita della Santa, che fu redatta da Tommaso da Celano. Questi episodi si concentrano per l’appunto sulla forza e l’intensità della vocazione di Chiara e della sorella Agnese. E' rappresentato ad esempio il tentativo di strappare queste due giovani alla vita monastica, da parte dello zio Monaldo, il quale non voleva assolutamente che queste due fanciulle, di ricca famiglia, si dedicassero alla vita monastica ed abbracciassero la povertà predicata da San Francesco. Poi c’è l’ultima scena, quella della visita di Papa Innocenzo IV, che si trovava ad Assisi quando la Santa stava per morire. Egli, con tutta la corte papale, si precipitò immediatamente a rendere omaggio alla salma della Santa.
D. – Ed è, oggi, un’opera che parla ancora. Parla ancora a livello storico-artistico, ma ha anche una forte carica spirituale...
R. – Sì, perché l’icona centrale della Santa, ritratta frontalmente, ha un’intensità espressiva incredibile, anche per via del fatto che questa pala è di dimensioni molto elevate: è alta quasi due metri ed ottanta. Ha, quindi, delle dimensioni alquanto monumentali ed ha un’intensità spirituale estremamente marcata.
D. – Parliamo dell’autore: è un autore anonimo...
R. – E’ lo stato “storico” della maggior parte degli artisti del Medioevo. Pensi che, nel caso di Giotto, solo tre delle sue opere sono veramente firmate. Quindi questo è uno stato assolutamente normale nel Medioevo. Dal punto di vista della ricerca storico-artistica, vengono coniati i nomi di questi maestri, la cui denominazione parte appunto dalla loro opera principale e, in questo caso, si tratta della grande pala con Santa Chiara e le storie della sua vita. Il compito dello storico dell’arte è quello di riunire, attorno a questi nomi, un corpus – ossia un gruppo di opere – che noi riteniamo possano essere attribuite a questo maestro, il cui nome probabilmente rimarrà ignoto per sempre, a meno che non si trovi fortunosamente qualche documento.
D. – Il corpus attorno al Maestro di Santa Chiara è consistente?
R. – Si sta costruendo. Stiamo cominciando a lavorarci. (vv)
Radio Vaticana - Chiara d'Assisi, il carisma e l'icona” inaugurata ieri presso la Basilica di santa Maria degli Angeli ad Assisi. L’esposizione, aperta fino all’11 agosto, raccoglie oggetti d’arte provenienti da Monasteri e Conventi, riproduzioni di miniature antiche e le parole scritte su Chiara dai biografi antichi e dai Papi, fino a Benedetto XVI. Vero capolavoro la Tavola del Maestro di Santa Chiara, capolavoro della fine del XIII secolo, la prima opera agiografica dedicata alla fondatrice delle Clarisse. Ci si sofferma al microfono di Paolo Ondarza lo storico dell’arte Alessandro Tomei: ascolta
R. – Si tratta di un importantissimo dipinto, datato 1283, che raffigura al centro Santa Chiara e, ai lati, otto storie della sua vita. Si tratta della prima tavola agiografica, dedicata appunto a Santa Chiara.
D. – Per quanto riguarda lo stile, come possiamo definirlo?
R. – E’ uno stile che, in qualche modo, coniuga la tradizione di stampo ancora bizantino, dominante nella cultura umbra, con le nuove correnti gotiche – e quindi settentrionali, soprattutto francesi – che si diffondono in quel periodo, in Umbria, anche grazie al movimento francescano. Del resto, la Basilica di San Francesco in Assisi è una Chiesa gotica e, in effetti, la Santa si trova all’interno di una nicchia dipinta – di un’edicola, come si dice in termine tecnico -, che ha un arco a sesto acuto, un arco ogivale, che è proprio una delle caratteristiche più eclatanti dello stile gotico.
D. – Professore, da dove proviene quest’opera?
R. – L’opera, molto probabilmente, è stata eseguita proprio per la Basilica di Santa Chiara ad Assisi. Nell’iscrizione lungo il margine inferiore della tavola, si nomina anche Papa Martino IV, quindi c’è anche un interessante riferimento storico dell’interessamento papale nei confronti delle Chiese di Assisi e del movimento francescano.
D. – E attualmente dov’è conservata?
R. – E’ conservata nella Basilica di Santa Chiara, dove non si può osservare così bene come la si può osservare invece in occasione di questa mostra. In occasione di questa mostra è posta ad altezza d’uomo, diciamo così, e quindi è perfettamente visibile e studiabile, e rivela anche interessantissime annotazioni di tipo stilistico che, prima, potevano essere apprezzate soltanto attraverso le riproduzioni fotografiche.
D. – Si tratta di una tavola istoriata: un genere pensato per veicolare contenuti religiosi e di fede, contenuti biblici, anche ai fedeli “illetterati”, analfabeti. Un aspetto, questo, tipicamente francescano del "fare arte"...
R. – Certo. Non a caso, vengono scelti proprio quegli episodi più significativi della vita della Santa, che fu redatta da Tommaso da Celano. Questi episodi si concentrano per l’appunto sulla forza e l’intensità della vocazione di Chiara e della sorella Agnese. E' rappresentato ad esempio il tentativo di strappare queste due giovani alla vita monastica, da parte dello zio Monaldo, il quale non voleva assolutamente che queste due fanciulle, di ricca famiglia, si dedicassero alla vita monastica ed abbracciassero la povertà predicata da San Francesco. Poi c’è l’ultima scena, quella della visita di Papa Innocenzo IV, che si trovava ad Assisi quando la Santa stava per morire. Egli, con tutta la corte papale, si precipitò immediatamente a rendere omaggio alla salma della Santa.
D. – Ed è, oggi, un’opera che parla ancora. Parla ancora a livello storico-artistico, ma ha anche una forte carica spirituale...
R. – Sì, perché l’icona centrale della Santa, ritratta frontalmente, ha un’intensità espressiva incredibile, anche per via del fatto che questa pala è di dimensioni molto elevate: è alta quasi due metri ed ottanta. Ha, quindi, delle dimensioni alquanto monumentali ed ha un’intensità spirituale estremamente marcata.
D. – Parliamo dell’autore: è un autore anonimo...
R. – E’ lo stato “storico” della maggior parte degli artisti del Medioevo. Pensi che, nel caso di Giotto, solo tre delle sue opere sono veramente firmate. Quindi questo è uno stato assolutamente normale nel Medioevo. Dal punto di vista della ricerca storico-artistica, vengono coniati i nomi di questi maestri, la cui denominazione parte appunto dalla loro opera principale e, in questo caso, si tratta della grande pala con Santa Chiara e le storie della sua vita. Il compito dello storico dell’arte è quello di riunire, attorno a questi nomi, un corpus – ossia un gruppo di opere – che noi riteniamo possano essere attribuite a questo maestro, il cui nome probabilmente rimarrà ignoto per sempre, a meno che non si trovi fortunosamente qualche documento.
D. – Il corpus attorno al Maestro di Santa Chiara è consistente?
R. – Si sta costruendo. Stiamo cominciando a lavorarci. (vv)
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