Sempre alta la tensione in Afghanistan. E’ stato rivelato il nome del graduato americano autore della strage di civili a Kandahar. Intanto proseguono le polemiche sulla data del ritiro delle truppe internazionali.
Radio Vaticana - Pochi giorni fa, la decisione del Consiglio degli Ulema di emanare un “codice di comportamento” riservato alle donne del Paese, con forti restrizioni alla loro libertà. Per un commento, ascoltiamo Simona Lanzoni, direttrice progetti della Fondazione Pangea Onlus, che opera in Afghanistan da quasi 10 anni nel campo del microcredito femminile. L’intervista è di Giada Aquilino:
R. – Questo nuovo dettato che il Consiglio degli Ulema ha emanato è estremamente conservatore, perché comunque riporta al periodo dei talebani: alle donne che non devono uscire se non accompagnate da un uomo - che può essere anche un bambino piccolo, ma deve comunque essere di sesso maschile - o al fatto che le donne possono subire violenza in casa a certe condizioni; insomma, sono regole intollerabili, soprattutto per il fatto che si scontrano con il principio di parità sancito dalla Costituzione. Sappiamo benissimo che quell’articolo della Costituzione sarebbe stato probabilmente irrealizzabile a breve tempo, però metterci sopra un diktat come quello emanato dagli Ulema - di tipo morale e religioso, estremamente conservatore e pesante - ci riporta, come un elastico, indietro di 10 anni: come se tutto quello che è stato fatto finora dalle donne, ma anche dagli uomini - attivisti della società civile - venisse cancellato nel giro di pochissimo.
D. – Perché è arrivata ora questa decisione? Si tenta forse di accontentare i talebani?
R. – Sicuramente sì. Sicuramente questo fa parte di una strategia di ricucitura con una parte della società che è appunto rappresentata dai talebani - cosiddetti moderati, che però comunque restano conservatori - per il fatto che ci sono delle trattative di cui noi non siamo a conoscenza. Pensiamo anche che nelle ultime ore Karzai ha detto che l’esercito degli Stati Uniti deve essere ritirato, ha fatto delle dichiarazioni che sicuramente sono importanti per tutta la popolazione afghana rispetto ai loro diritti, ma sono anche dichiarazioni collegate a un dialogo instaurato con i talebani.
D. – I talebani, tra l’altro, hanno annunciato uno stop al dialogo intrapreso a gennaio con gli Stati Uniti. Questa del dialogo con i talebani è sempre stata una carta giocata dalla diplomazia negli ultimi anni: ora cosa succede?
R. – Staremo a vedere, anche perché dobbiamo ricordarci che nel mese di maggio, a Chicago, ci sarà una conferenza Nato sull’Afghanistan, per capire che tipo di strategia utilizzare dal punto di vista militare, a proposito di Isaf e di esercito degli Stati Uniti. E’ importante comunque ricordare che c’è una società civile afghana che continua a lavorare e che avrebbe davvero bisogno di finanziamenti civili.
D. – Fondazione Pangea lavora in Afghanistan dal 2003: qual è la situazione oggi sul terreno?
R. – Continuiamo a lavorare perché ce n’è un estremo bisogno: si continuano a richiedere piccoli prestiti, microcrediti, si continua a fare alfabetizzazione. A brevissimo apriremo un asilo per bambini, all’interno di un centro donne, alla periferia di Kabul, proprio perché la vita quotidiana continua e qualcuno deve comunque sostenere queste persone. Fondazione Pangea è accanto a loro. (cp)
Radio Vaticana - Pochi giorni fa, la decisione del Consiglio degli Ulema di emanare un “codice di comportamento” riservato alle donne del Paese, con forti restrizioni alla loro libertà. Per un commento, ascoltiamo Simona Lanzoni, direttrice progetti della Fondazione Pangea Onlus, che opera in Afghanistan da quasi 10 anni nel campo del microcredito femminile. L’intervista è di Giada Aquilino:
R. – Questo nuovo dettato che il Consiglio degli Ulema ha emanato è estremamente conservatore, perché comunque riporta al periodo dei talebani: alle donne che non devono uscire se non accompagnate da un uomo - che può essere anche un bambino piccolo, ma deve comunque essere di sesso maschile - o al fatto che le donne possono subire violenza in casa a certe condizioni; insomma, sono regole intollerabili, soprattutto per il fatto che si scontrano con il principio di parità sancito dalla Costituzione. Sappiamo benissimo che quell’articolo della Costituzione sarebbe stato probabilmente irrealizzabile a breve tempo, però metterci sopra un diktat come quello emanato dagli Ulema - di tipo morale e religioso, estremamente conservatore e pesante - ci riporta, come un elastico, indietro di 10 anni: come se tutto quello che è stato fatto finora dalle donne, ma anche dagli uomini - attivisti della società civile - venisse cancellato nel giro di pochissimo.
D. – Perché è arrivata ora questa decisione? Si tenta forse di accontentare i talebani?
R. – Sicuramente sì. Sicuramente questo fa parte di una strategia di ricucitura con una parte della società che è appunto rappresentata dai talebani - cosiddetti moderati, che però comunque restano conservatori - per il fatto che ci sono delle trattative di cui noi non siamo a conoscenza. Pensiamo anche che nelle ultime ore Karzai ha detto che l’esercito degli Stati Uniti deve essere ritirato, ha fatto delle dichiarazioni che sicuramente sono importanti per tutta la popolazione afghana rispetto ai loro diritti, ma sono anche dichiarazioni collegate a un dialogo instaurato con i talebani.
D. – I talebani, tra l’altro, hanno annunciato uno stop al dialogo intrapreso a gennaio con gli Stati Uniti. Questa del dialogo con i talebani è sempre stata una carta giocata dalla diplomazia negli ultimi anni: ora cosa succede?
R. – Staremo a vedere, anche perché dobbiamo ricordarci che nel mese di maggio, a Chicago, ci sarà una conferenza Nato sull’Afghanistan, per capire che tipo di strategia utilizzare dal punto di vista militare, a proposito di Isaf e di esercito degli Stati Uniti. E’ importante comunque ricordare che c’è una società civile afghana che continua a lavorare e che avrebbe davvero bisogno di finanziamenti civili.
D. – Fondazione Pangea lavora in Afghanistan dal 2003: qual è la situazione oggi sul terreno?
R. – Continuiamo a lavorare perché ce n’è un estremo bisogno: si continuano a richiedere piccoli prestiti, microcrediti, si continua a fare alfabetizzazione. A brevissimo apriremo un asilo per bambini, all’interno di un centro donne, alla periferia di Kabul, proprio perché la vita quotidiana continua e qualcuno deve comunque sostenere queste persone. Fondazione Pangea è accanto a loro. (cp)
Tweet |
Sono presenti 0 commenti
Inserisci un commento
Gentile lettore, i commenti contententi un linguaggio scorretto e offensivo verranno rimossi.