martedì, marzo 20, 2012
Dopo otto anni di attività, più di 1.000 vittime di tortura visitate e curate, riconoscimenti e successi, chiude, senza preavviso, per problemi meramente burocratici, il Centro per il Trattamento delle Patologie Post-Traumatiche e da Stress dell’Ospedale San Giovanni-Addolorata di Roma.

Radio Vaticana - Il grido d’allarme del direttore del centro, dott. Massimo Germani, e di Mohamed, un rifugiato afghano sfuggito alle torture dal suo Paese, raccolto da Luca Attanasio:

D. - Dottor Massimo Germani, lei per anni ha diretto il Centro per il trattamento delle vittime di tortura del San Giovanni-Addolorata…

R. - Il centro nasce nel 2004 per dare una risposta specialistica a un gran numero di persone richiedenti asilo, rifugiati provenienti da vari Paesi del mondo che avevano vissuto esperienze di torture, violenze, abusi, uomini e donne che arrivati nel nostro Paese non solo vivevano il dramma dell’esilio ma portavano nel corpo ma molto più spesso nell’anima i segni delle violenze subite con le conseguenze patologiche molto gravi e che impedivano un cammino, un percorso verso un’integrazione, una risposta del sistema sanitario pubblico che fino a quel punto non era mai esistita in Italia. In questi otto anni sono passati oltre mille sopravvissuti a torture e violenze.

D. – Un centro che rappresenta l’eccellenza che improvvisamente ha ricevuto un avviso di chiusura…

R. – Una cosa inspiegabile. In questi ultimi due anni proprio con l’emergenza Africa abbiamo raddoppiato le prestazioni. Nel 2011 abbiamo avuto oltre 1300 prestazioni e circa 280 nuovi pazienti. La direzione generale del mio ospedale ha detto che venendo meno la convenzione col Ministero dell’Interno tutta la struttura doveva chiudere. L’esecuzione della delibera è stata fatta in modo improvviso e non è stato dato il tempo di finire le terapie in corso, di avviare i pazienti ad altri centri e quindi i pazienti in carico, che in questo momento sono più di 200, spesso con gravi patologie di vario tipo, hanno trovato semplicemente la porta chiusa.

D. – Mohamed da quanto tempo sei in Italia e perché sei fuggito dall’Afghanistan?

R. – Sono in Italia da quattro anni. Si viene da una zona di guerra per rifugiarsi in un Paese dove si vive più tranquilli. Quando sono arrivato a Roma avevo difficoltà a causa delle torture subite e ho potuto parlare con un medico dello stress che avevo e piano, piano, mi sono recuperato. Purtroppo ultimamente sono andato allo studio e l’ho trovato chiuso.

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