giovedì, marzo 01, 2012
Avvenire: senza media cattolici disattenzione su molti Paesi

Radio Vaticana - Diverse realtà del settore dell’informazione, della società civile e del mondo missionario, tra cui Tavola della pace, Articolo 21, Usigrai, Nigrizia e Misna, hanno lanciato oggi un accorato appello alla Rai affinché non chiuda, come annunciato, alcune sue sedi all’estero. Durante l’incontro, tenutosi a Roma nella sede della Federazione nazionale della stampa italiana, si è anche ricordato che è in corso in Italia un processo di impoverimento dell’informazione. Al microfono di Amedeo Lomonaco, il direttore di Avvenire, Marco Tarquinio: ascolta.

R. - C’è un alto depauperamento della capacità della stampa italiana nel suo complesso - televisiva, cartacea, radiofonica - di aprire gli occhi degli italiani sui grandi processi del mondo. Ci troviamo in un Paese dove si sta disarmando l’informazione sul mondo. Se non ci fossero i media cattolici, ci sarebbe una disattenzione totale.

D. - Tra l’altro, quello che non si spende, che non si investe per mantenere queste sedi aperte, si riversa in altre voci che occhi sul mondo non ne hanno affatto…

R - Ho utilizzato a più riprese, nel dibattito sul destino dell’informazione Rai, soprattutto nel Sud del mondo, il termine di paragone dei compensi che vengono riconosciuti alle cosiddette “grandi star” dalla televisione. Credo ci siano due questioni: una è l’ingiustizia di questo squilibrio. L’altra, soprattutto in un tempo di sacrifici come quello che stiamo vivendo nel nostro Paese, è di sentire che la Rai elargisce centinaia di migliaia di euro per apparizioni che possono avere anche una loro importanza, ma non aggiungono nulla. Credo sia qualcosa che si commenta da sola, e non in senso positivo.

D. - Un altro dibattito attuale è quello che riguarda l’avanzata della cronaca nera, che erode spazi ad altri ambiti dell’informazione…

R. - La realtà della cronaca nera, quella rosa, del gossip e di una certa informazione apparentemente glamour è la grande melassa che contribuisce a far perdere di vista questioni fondamentali. Questioni come quelle legate al riequilibrio dal punto di vista economico del mondo, i grandi temi dell’etica della vita che ne discende, la questione della distruzione dei posti di lavoro. Questa crisi è già costata 30 milioni di posti di lavoro nel mondo cosiddetto “sviluppato”. E questi sono i temi che preferisco.

A rischio chiusura, per motivi di bilancio, sono le sedi Rai di Nairobi, Beirut, Istanbul, Nuova Delhi, Buenos Aires, Mosca e il canale "Rai Med". Nell’appello si chiede più informazione di qualità dal mondo sul mondo, meno gossip e più attenzione ai popoli. Sul perché il mondo missionario abbia scelto di aderire a questo appello, affinché la Rai non riduca drasticamente alcuni suoi uffici di corrispondenza, Amedeo Lomonaco ha chiesto un parere a padre Mario Menin, direttore della rivista dei Saveriani “Missione Oggi”.

R. – La prima ragione è quella di dare più voce ai missionari - non solo attraverso le nostre riviste, che sono una realtà molteplice e variegata - i quali hanno bisogno di un supporto come quello della Rai, di un servizio pubblico che possa dare più “gambe” a queste notizie. La seconda ragione è che le nostre riviste sviluppano anche la dimensione dell’informazione di aiutare gli italiani a sommare in maniera positiva l’identità italiana, che sta diventando sempre più plurale, con nuove identità di persone originarie di altri Paesi che abitano nel territorio italiano.

D. – In questa Italia plurale, poche testate escono dal coro dell’informazione dando spazio anche a situazioni e a terre spesso dimenticate. L’occhio missionario può sopperire alla mancanza di una prospettiva, in questo senso, da parte del servizio pubblico?

R. – Senz’altro, perché se il servizio pubblico anche solo chiedesse alle varie testate missionarie dei servizi, delle immagini, sicuramente si arricchirebbe molto perché la stampa missionaria è quella che è più ricca di fonti informative dal mondo. E sono fonti attendibili, corrispondono a persone che dedicano anni della loro vita alle realtà in cui vivono, che quindi conoscono a fondo con le relative problematiche. Possono certamente essere utili per un’informazione più attenta al mondo e anche per sviluppare quella vocazione di dialogo con il mondo che l’Italia ha sempre avuto.

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