E’ iniziata, in un clima di gioia e di affetto, la visita apostolica di Benedetto XVI in Messico. Il Papa è arrivato ieri pomeriggio, ora locale, all’aeroporto di León-Guanajuato, dove si è svolta la cerimonia di benvenuto alla presenza del presidente federale, Felipe Calderón e delle altre autorità civili e religiose. Il servizio da León del nostro inviato Giancarlo La Vella: ascolta
Radio Vaticana - Il Papa e il Messico, un rapporto di reciproco amore, nato con Giovanni Paolo II e proseguito con Benedetto XVI. “Sei il nostro fratello messicano”. Questo il primo saluto rivolto al Papa dai tanti fedeli che lo hanno accolto all’aeroporto. E il Santo Padre nel suo discorso ha subito ricambiato il gradito moto d’affetto. Visibilmente sereno e sorridente, il Pontefice ha detto di essere felice di questo viaggio da tempo desiderato nel profondo del suo cuore, per poter confermare nella fede il popolo di Dio di questa grande nazione. Un desiderio, già espresso ma non realizzato – ha detto il Papa – anche dal suo predecessore il Beato Giovanni Paolo II. Dopo aver ricordato il bicentenario dell’indipendenza messicana, uno dei motivi della visita, e Nostra Signora di Guadalupe, patrona del Paese, Bendetto XVI è entrato nel vivo delle motivazioni della sua presenza in Messico:
“Vengo como peregrino de la fe, de la esperanza y de la caridad…”
“Giungo come pellegrino della fede, della speranza e della carità – ha detto il Papa –. Desidero confermare nella fede i credenti in Cristo, consolidarli in essa e incoraggiarli a rivitalizzarla con l’ascolto della Parola di Dio, i Sacramenti e la coerenza di vita”.
Un obiettivo questo, ha continuato il Papa, riallacciandosi alla “missione continentale” lanciata nel 2007 ad Aparecida insieme con i vescovi latino-americani, che può essere raggiunto condividendo la fede stessa con gli altri, con l’essere missionari tra i propri fratelli ed essere fermento nella società, contribuendo a una convivenza rispettosa e pacifica, basata sulla incomparabile dignità di ogni persona umana, creata da Dio, e che nessun potere ha il diritto di dimenticare o disprezzare. Questa dignità – ha detto ancora – si manifesta in modo eminente nel diritto fondamentale alla libertà religiosa, nel suo genuino significato e nella sua piena integrità.
Ed è la speranza, in particolare, che cambia realmente l’esistenza concreta di ciascuno. Essa – ha sottolineato il Papa – se radicata in un popolo e condivisa, si diffonde come la luce che disperde le tenebre che offuscano e attanagliano:
“Este país, este Continente, está llamado a vivir la esperanza en Dios…”
“Questo Paese, questo Continente, sono chiamati a vivere la speranza in Dio come una convinzione profonda, trasformandola in un atteggiamento del cuore e in un impegno concreto a camminare uniti verso un mondo migliore. Continuate ad avanzare sena scoraggiarvi nella costruzione di una società fondata sullo sviluppo del bene, il trionfo dell’amore e la diffusione della giustizia”.
Ma è anche la carità – ha continuato il Papa – la chiave di volta alla quale il credente e la Chiesa devono ispirare la propria missione. La fame, la malattia, il bisogno devono far scattare questo senso di sincera solidarietà fraterna che deve essere rivolta verso chiunque…
“Nadie queda excluido por su origen o creencias…”
“Nessuno rimane escluso per la sua origine o le sue convinzioni da questa missione della Chiesa, che non entra in competizione con altre iniziative private o pubbliche, anzi, essa collabora volentieri con coloro che perseguono questi stessi fini. Tantomeno pretende altra cosa che non sia fare del bene, in maniera disinteressata e rispettosa, al bisognoso, a chi, molte volte, manca più di tutto proprio di una prova di amore autentico”.
Parole significative, dunque, quelle del Papa, rivolte ad un popolo che ha sofferto e che soffre – come aveva sottolineato nel suo saluto al Pontefice il presidente Calderón – per la crisi economica, per la violenza messa in atto dalla delinquenza comune e del crimine organizzato, per le catastrofi naturali. Ma è proprio la speranza, la solidarietà, la presenza di valori come la famiglia, la libertà, la democrazia e la pace, uniti alla proverbiale allegria del popolo messicano, che possono consentire la prosecuzione su un cammino di autentico sviluppo umano.
Infine, per Benedetto XVI il bagno di folla festante - moltissimi i giovani - che, senza soluzione di continuità, lo ha accompagnato nel trasferimento in papamobile dall’aeroporto di León-Guanajuato sino alla residenza pontificia del Collegio Santisima Virgen de Miraflores. Trentaquattro chilometri di reciproco affetto per riconoscere nel Successore di Pietro una guida spirituale essenziale.
Radio Vaticana - Il Papa e il Messico, un rapporto di reciproco amore, nato con Giovanni Paolo II e proseguito con Benedetto XVI. “Sei il nostro fratello messicano”. Questo il primo saluto rivolto al Papa dai tanti fedeli che lo hanno accolto all’aeroporto. E il Santo Padre nel suo discorso ha subito ricambiato il gradito moto d’affetto. Visibilmente sereno e sorridente, il Pontefice ha detto di essere felice di questo viaggio da tempo desiderato nel profondo del suo cuore, per poter confermare nella fede il popolo di Dio di questa grande nazione. Un desiderio, già espresso ma non realizzato – ha detto il Papa – anche dal suo predecessore il Beato Giovanni Paolo II. Dopo aver ricordato il bicentenario dell’indipendenza messicana, uno dei motivi della visita, e Nostra Signora di Guadalupe, patrona del Paese, Bendetto XVI è entrato nel vivo delle motivazioni della sua presenza in Messico:
“Vengo como peregrino de la fe, de la esperanza y de la caridad…”
“Giungo come pellegrino della fede, della speranza e della carità – ha detto il Papa –. Desidero confermare nella fede i credenti in Cristo, consolidarli in essa e incoraggiarli a rivitalizzarla con l’ascolto della Parola di Dio, i Sacramenti e la coerenza di vita”.
Un obiettivo questo, ha continuato il Papa, riallacciandosi alla “missione continentale” lanciata nel 2007 ad Aparecida insieme con i vescovi latino-americani, che può essere raggiunto condividendo la fede stessa con gli altri, con l’essere missionari tra i propri fratelli ed essere fermento nella società, contribuendo a una convivenza rispettosa e pacifica, basata sulla incomparabile dignità di ogni persona umana, creata da Dio, e che nessun potere ha il diritto di dimenticare o disprezzare. Questa dignità – ha detto ancora – si manifesta in modo eminente nel diritto fondamentale alla libertà religiosa, nel suo genuino significato e nella sua piena integrità.
Ed è la speranza, in particolare, che cambia realmente l’esistenza concreta di ciascuno. Essa – ha sottolineato il Papa – se radicata in un popolo e condivisa, si diffonde come la luce che disperde le tenebre che offuscano e attanagliano:
“Este país, este Continente, está llamado a vivir la esperanza en Dios…”
“Questo Paese, questo Continente, sono chiamati a vivere la speranza in Dio come una convinzione profonda, trasformandola in un atteggiamento del cuore e in un impegno concreto a camminare uniti verso un mondo migliore. Continuate ad avanzare sena scoraggiarvi nella costruzione di una società fondata sullo sviluppo del bene, il trionfo dell’amore e la diffusione della giustizia”.
Ma è anche la carità – ha continuato il Papa – la chiave di volta alla quale il credente e la Chiesa devono ispirare la propria missione. La fame, la malattia, il bisogno devono far scattare questo senso di sincera solidarietà fraterna che deve essere rivolta verso chiunque…
“Nadie queda excluido por su origen o creencias…”
“Nessuno rimane escluso per la sua origine o le sue convinzioni da questa missione della Chiesa, che non entra in competizione con altre iniziative private o pubbliche, anzi, essa collabora volentieri con coloro che perseguono questi stessi fini. Tantomeno pretende altra cosa che non sia fare del bene, in maniera disinteressata e rispettosa, al bisognoso, a chi, molte volte, manca più di tutto proprio di una prova di amore autentico”.
Parole significative, dunque, quelle del Papa, rivolte ad un popolo che ha sofferto e che soffre – come aveva sottolineato nel suo saluto al Pontefice il presidente Calderón – per la crisi economica, per la violenza messa in atto dalla delinquenza comune e del crimine organizzato, per le catastrofi naturali. Ma è proprio la speranza, la solidarietà, la presenza di valori come la famiglia, la libertà, la democrazia e la pace, uniti alla proverbiale allegria del popolo messicano, che possono consentire la prosecuzione su un cammino di autentico sviluppo umano.
Infine, per Benedetto XVI il bagno di folla festante - moltissimi i giovani - che, senza soluzione di continuità, lo ha accompagnato nel trasferimento in papamobile dall’aeroporto di León-Guanajuato sino alla residenza pontificia del Collegio Santisima Virgen de Miraflores. Trentaquattro chilometri di reciproco affetto per riconoscere nel Successore di Pietro una guida spirituale essenziale.
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