sabato, marzo 03, 2012
Dopo le notizie sulla liberazione in Mali della cooperante italiana Rossella Urru, rapita il 22 ottobre nel sud dell'Algeria, purtroppo non arrivano conferme. Nel piccolo centro in provincia di Oristano, dove risiede la famiglia della ragazza, si attende la conferma da parte delle autorità italiane

Radio Vaticana - Eugenio Bonanata ne ha parlato con mons. Ignazio Sanna, arcivescovo di Oristano:

R. - C’è stata una solidarietà inaspettata: questa ragazza è divenuta, in qualche modo, la sorella di tutti. In ogni famiglia si sentiva quasi un rapporto di parentela, per quanto prima nessuno o quasi la conosceva. Dal momento in cui è stata sequestrata e si è visto anche che la sua missione era una missione di solidarietà, di vicinanza con chi soffre, è diventata subito simpatica a tutti. E la comunità ecclesiale si è mossa con delle fiaccolate, delle preghiere, con tutti quelli che erano i nostri mezzi, per suscitare solidarietà e anche per dimostrare ai familiari che eravamo vicini a loro.

D. - Come ha vissuto la comunità questi oltre quattro mesi?

R. - C’è stata una solidarietà inaspettata: questa ragazza è divenuta, in qualche modo, la sorella di tutti. In ogni famiglia si sentiva quasi un rapporto di parentela, per quanto prima nessuno o quasi la conosceva. Dal momento in cui è stata sequestrata e si è visto anche che la sua missione era una missione di solidarietà, di vicinanza con chi soffre, è diventata subito simpatica a tutti. E la comunità ecclesiale si è mossa con delle fiaccolate, delle preghiere, con tutti quelli che erano i nostri mezzi, per suscitare solidarietà e anche per dimostrare ai familiari che eravamo vicini a loro.

D. - Adesso cosa farete?

R. - Adesso devo mettermi d’accordo con il parroco di Samugheo. Io da Oristano volevo andare a trovare i genitori, per stare vicino a loro, per abbracciarli. Abbiamo promesso di fare una cerimonia di ringraziamento al Signore perché il Signore ci ha ascoltato.

D. - I genitori hanno vissuto sostanzialmente nel silenzio questi mesi...

R. – Sì. Con molta sobrietà. Sono stati esemplari. Erano continuamente assaliti dai mezzi di comunicazione. Hanno conservato la loro dignità e il loro riserbo, e hanno confidato anche nell’aiuto di Dio e in tutto quello che noi potevamo fare. Sono andato diverse volte a visitarli, a incoraggiarli ma li ho trovati sempre con molta dignità e molta serenità. Questo è un bell’esempio. Ci hanno dato un bell’esempio.

D. - Comunque la comunità si è stretta al loro fianco...

R. - Sì, in modo particolare, inizialmente, con la comunità di Samugheo, la Parrocchia di Samugheo, perché dal primo istante il parroco è stato vicinissimo. Ogni settimana facevano una Messa, un Rosario. Quindi volevano far sentire questa vicinanza direi anche fisica, per quanto poi loro erano molto riservati. Insieme alla parrocchia di Samugheo, come ho detto prima, tutte le altre parrocchie, si sono mobilitate. Era una gara di solidarietà e si è visto che di fronte a queste occasioni, in cui c’è una passione umanitaria, non si fa più differenza tra chi è battezzato e chi non lo è, perché nel volto del povero si vede il volto di Cristo, si va avanti e si fa del bene purché questo venga accolto e sia riconosciuto come tale.

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