venerdì, marzo 23, 2012
Nel libro di Arturo Paoli e Dino Biggio (Edizioni Paoline 2012) viene spiegata la sostanziale differenza tra felicità e gioia e le relative conseguenze

di Carlo Mafera

Forse molti pensano che essere felici debba essere il motivo e l’obiettivo principale della loro vita. E tutto ciò è giusto e legittimo. Ma non sanno che facendo così, paradossalmente, spesso e volentieri incappano in esperienze diametralmente opposte perché hanno fondato tutta la loro vita sulla soddisfazione di quei legittimi desideri e di quei giusti bisogni che ci sono indicati come tali dalla tradizione familiare e sociale. Basta esaminare la figura di Giobbe, che era felice fino a quando possedeva campi, bestiame, moglie e figli e viveva nell’abbondanza. La felicità è legata a tutto ciò che è effimero e che sappiamo che un giorno, prima o poi, passerà.

“Anche Dio è travolto dalla rovina della felicità … Perché quel Dio è lo sponsor della felicità. Quel Dio non è però il vero Dio – dice Arturo Paoli – ma una sua immagine, come la personificazione della nostra felicità, che raccoglie in sé desideri, timori e paure”. Paoli afferma, nel suo libro “Mi formavi nel silenzio” che c’è una profonda differenza tra felicità e gioia. La prima “si riferisce in modo particolare alla soddisfazione di un desiderio che si prolunga nel tempo e che spesso impegna la persona in notevoli sforzi e sacrifici”. Così anche l’allegria si ricollega ad uno stato d’animo superficiale legato più alla sensibilità.

Altro invece è la gioia. Questa ci richiama al concetto di autonomia dell’uomo. Paoli cita subito l’evangelista Giovanni (Gv 4,14): “Chi berrà dell’acqua che io gli darò, non avrà più sete in eterno. Anzi l’acqua che io gli darò diventerà in lui una sorgente di acqua che zampilla per la vita eterna”. Solo a recitare questo brano del vangelo ci sarebbe da esultare, per l’appunto, di gioia. È quindi la gioia uno stato interiore che non subisce cambiamenti, variazioni, interruzioni. La gioia è una pienezza e una completezza anche nel tempo. È un dono di Dio che si conquista con grande sofferenza ma che, una volta conquistato, dispiega i suoi effetti per sempre, “indipendentemente dalle circostanze e dagli avvenimenti che si svolgeranno intorno a noi”.

“Ma come trovare la gioia? - si domanda Arturo Paoli - Per trovarla bisogna essere sempre disposti a lasciare che vengano distrutte la felicità e l’allegria che sono nostre produzioni. Deve essere chiaro che noi abbiamo diritto alla gioia, in quanto essere umani. Però spesso spinti dalla ricerca di soddisfare questo diritto, creiamo la felicità, che è (solo) un’immagine della gioia. Ed è un’immagine che il più delle volte dobbiamo distruggere perché rappresenta uno spazio nel quale si manifestano la ferocia e la crudeltà dell’uomo”. E continua: “Dobbiamo però essere consapevoli che qualcuno paga questa nostra felicità! Il mondo è senza gioia perché ci sono uomini avidi di felicità”.

Un esempio tra tanti è quello del Coltan, un minerale dall'importanza economica e strategica immensa; in particolare, spiegano gli esperti, serve a ottimizzare il consumo della corrente elettrica nei chip di nuovissima generazione (telefonini, telecamere o computer portatili per esempio) dove il problema più difficile da risolvere è quello della durata delle batterie. Così noi per soddisfare la nostra felicità di possedere un telefonino di nuova generazione, perché quello precedente era obsoleto e “consumava troppo”, uccidiamo due bambini al giorno nelle miniere del Congo dove essi sono impegnati ad estrarre questo prezioso minerale!

Un’altra condizione importante per raggiungere la gioia è il silenzio. Dice Paoli: “Il silenzio è la sola atmosfera in cui possiamo pensare a queste cose e soprattutto possiamo ascoltare la voce dello Spirito”. L’autore sottolinea spesso nel suo libro questo aspetto di spiritualità: “Ricordati sempre che il cammino è uno solo: ascoltare. Non moltiplicare le parole. Non dare retta a chi dirà che è nata una nuova devozione o che la Madonna è apparsa in un luogo nuovo. C’è un’unica strada – scrive Arturo Paoli – una sola: Gesù. Non stanchiamoci mai di questa guida. È l’unica guida nel deserto della vita”.

E poi ancora l’autore specifica un altro concetto fondamentale: il luogo dove attingere la gioia. Certamente il silenzio ne è la condizione e la modalità, come si è detto, ma il luogo dove essa abita siamo proprio noi stessi; Paoli cita l’episodio della Samaritana (Gv 4,23-24), quando Gesù invita l’uomo a non adorare Dio in un luogo piuttosto che in un altro, perché non è più il tempo di fare ciò, ma dice espressamente: ”Voi adorerete il Padre in spirito e verità”. Il piccolo fratello Charles de Foucauld spiega così questo passo di Giovanni: “Noi saremo l’adorazione del Padre. Proprio noi, ciascuno di noi”.

E così, per concludere, Arturo Paoli in una sua composizione dal titolo “Bisogna rinascere” ci introduce all’ultimo passaggio, quello più profondo: “Nel silenzio ascoltiamo lo Spirito di Dio che è presente in mezzo a noi per farci il dono più bello che possa fare a persone molto amate: farci rinascere”. Ecco la bontà infinità del Signore. Egli ci mostra prima i doni umani da non inseguire vanamente: felicità e allegria. Poi ci mostra poi il dono vero da acquistare: la gioia. Quindi ci mostra il luogo dove trovarla: noi stessi. E infine la modalità, il silenzio, per acquisire alfine il dono più bello: farci rinascere.

Dobbiamo ringraziare Arturo Paoli per questo moderno itinerario dell’anima verso Dio, molto prezioso perché scritto in un’epoca come la nostra così assetata di silenzio, di gioia e di rinascita.

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