venerdì, marzo 30, 2012
Possiamo continuare a parlare di diritti umani e dell’importanza del rispetto degli obblighi internazionali, ma le nostre parole resteranno senza senso fino a quando continueremo a lasciar morire le persone, forse perché non ne conosciamo l’identità o perché vengono dall’Africa: lo ha detto la deputata olandese Tineke Strik, in occasione della presentazione del rapporto del Consiglio d’Europa sulla morte di 63 migranti che fuggivano via mare dalla Libia.

E-ilmensile - Una tragedia dello scorso anno, avvenuta nel Mediterraneo e, per la precisione, in un tratto di mare in cui erano presenti unità italiane, spagnole e della Nato. “Chi è responsabile delle 63 vite perdute nel Mediterraneo?”, questo il titolo del rapporto che la senatrice olandese ha presentato all’organismo europeo per la tutela dei diritti umani. La risposta è inequivocabile. Errori da parte di unità militari e commerciali che navigavano vicino alla rotta dei migranti, oltre all’ambiguità nelle chiamate d’emergenza tra le Guardie Costiere e alla confusione su quali autorità dovessero organizzare il soccorso si sommano all’assenza di una politica seria da parte di Nazioni Unite, Nato e nazioni europee sull’aumento esponenziale dei rifugiati in fuga dal Nord Africa durante l’intervento militare del 2011.

La vicenda, rivelata per la prima volta dal Guardian, narra di un barcone partito da Tripoli nel maggio 2011 con 72 persone a bordo. Per un guasto, fu preda delle correnti per due settimane, prima di venire risospinto dalle onde sulle coste libiche. Nonostante le chiamate di emergenza e l’esatta localizzazione e identificazione della barca da parte delle autorità marittime europee, nessun salvataggio fu messo in atto. Dei 72, solo nove sopravvissero. Gli altri, inclusi due bambini, morirono per la sete, la fame o le tempeste.

Il rapporto racconta che il centro di coordinamento per il soccorso marittimo di Roma lanciò l’Sos, ad almeno un’unità navale in missione Nato, la fregata spagnola Méndez Nùnez, che era nelle immediate vicinanze del barcone ed era equipaggiata con elicotteri. Un ufficiale della Nato ha rivelato al Guardian che il salvataggio sarebbe stato “come mangiare una fetta di torta”. Sempre secondo il rapporto, il comando navale Nato di Napoli non passò l’Sos alle sue unità dispiegate nell’area, ma la nave spagnola avrebbe dovuto ricevere almeno le chiamate successive, diramate dal centro di Roma su altre reti satellitari. La Nato nega ogni addebito, dicendo – per voce della portavoce Oana Lungescu – che mezzi navali dell’organizzazione non hanno mai preso contatto con il barcone in questione.

Anche una nave militare italiana, il pattugliatore Borsini, che ha preso parte alla missione anti-pirateria Atalanta, era posizionata nei pressi del barcone dei migranti libici quando l’Sos fu lanciato. Il rapporto critica pesantemente sia la Nato che gli Stati sotto la cui bandiera operavano le navi militari.

L’identità di un elicottero – riporta il quotidiano britannico Guardian – che volò brevemente sulla barca, lasciò cadere del cibo e poi scomparve, non è mai stata accertata.

Quella tragedia rappresenta una pagina nera nel nostro continente, e avrebbe potuto essere evitata, dice la Strik. “Quando si pensa all’attenzione dei media sulla Costa Concordia – dice la Strik – e la si paragona a quella delle centinaia di migranti morti nel Mediterraneo nel 2011, allora si stanno usando due metri di giudizio diversi”.

I migranti in arrivo dalla Libia avrebbero avuto diritto alla tutela e all’assistenza prevista dal diritto umanitario, in quanto richiedenti asilo. Nel 2010 si sono registrate 42mila domande d’asilo in più: il Paese che ne ha ricevute di più è la Francia, con 56.250, seguito dalla Germania, 53.260, e dall’Italia, 34.115. Su un totale di 301mila domande, quelle accolte sono state 59.465: una su cinque. Fra le domande accettate per motivi umanitari, l’Italia è in testa con 3.085, davanti a Olanda, 2.050, e Germania, 1.910.

Secondo l’Agenzia Onu per i rifugiati, 13 barconi con 840 africani hanno già raggiunto le coste dell’Italia dall’inizio dell’anno, e si stima che nei prossimi mesi ci saranno nuovi arrivi. Lo scorso anno il bilancio dei viaggi della speranza è stato di 1.500 vittime.

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