Ieri, mentre era in corso a Washington l'incontro tra il presidente Usa Barack Obama ed il premier israeliano Benyamin Netanyahu, a Vienna il direttore generale dell'International atomic energy agency (Iaea), Yukiya Amano, ha nuovamente espresso le sue preoccupazioni sulla «Eventuale dimensione militare del programma nucleare iraniano».
GreenReport - Ieri, mentre era in corso a Washington l'incontro tra il presidente Usa Barack Obama ed il premier israeliano Benyamin Netanyahu, a Vienna il direttore generale dell'International atomic energy agency (Iaea), Yukiya Amano, ha nuovamente espresso le sue preoccupazioni sulla «Eventuale dimensione militare del programma nucleare iraniano». Secondo l'Iaea «Il Paese ha triplicato la sua produzione mensile di uranio arricchito» e Amano ha detto al Board of governors dell'Iaea che «L'Iran non dà prova di una cooperazione sufficiente (...) L'Agenzia non è in grado di dare assicurazioni credibili sull'assenza di attività o materiale nucleare non dichiarati e non può quindi concludere che l'insieme del materiale (...) serva a delle attività pacifiche. Dal mio ultimo rapporto, diverse cose si sono evolute in Iran, tra le quali la moltiplicazione per tre della produzione dell'esafluoruro d'uranio(UF6) arricchito al 20%». L'Iaea ha assicurato che «Continuerà a ricercare una soluzione al problema nucleare iraniano attraverso il dialogo e con uno spirito costruttivo, al fine di fare il tour di tutte le questioni in sospeso ed in particolare quelle legate ad una possibile dimensione militare del programma nucleare dell'Iran».
Amano ha detto: «Esorto l'Iran a prendere delle iniziative per assicurare la messa in opera competa dell'accordo di salvaguardia, così come dei suoi altri obblighi, quali quelli definiti delle risoluzioni obbligatorie del Consiglio di sicurezza e del Board of governors e dell'Iaea».
Il rappresentante di Teheran all'Iaea, Ali Akbar Soltanieh, ha ribattuto subito dall'agenzia ufficiale Irna: «Nel suo discorso all'Iaea, il direttore generale Yukiya Amano ha ripetuto le accuse all'Iran, senza fornire prove e documenti tangibili. Nel suo ultimo rapporto ha mancato di riflettere l'accordo raggiunto con la Repubblica Islamica. Durante l'ultima visita dei rappresentati Iaea guidati da Herman Nackaerts a Teheran, le due parti avevano concordato di sottoscrivere un documento sulle modalità per risolvere le questioni ancora aperte sul nucleare iraniano. Documento che, secondo altre fonti, avrebbe dovuto essere una sorta di piano di lavoro sulle questioni aperte, ma che sarebbe stato bloccato dal rifiuto dell'Iran di far accedere i rappresentati Iaea nel sito militare di Parchin. L'Iran, non ha mai fatto obiezioni all'accesso dell'Iaea ai siti nucleari, ma le due parti devono firmare un documento prima di ogni ispezione».
Oggi l'ufficio di Soltanieh ha spiazzato tutti con una nota rilanciata dall'agenzia Isna, che annunciato a sorpresa che l'Iran «Consentirà agli esperti dell'International atomic energy agency (Iaea) di accedere alla sua base militare di Parchin. Consentiremo all'Aiea di visitare il sito ancora una volta. Parchin e' una base militare e per potervi accedere c'è un processo che richiede tempo, per questo le visite non possono essere autorizzate di frequente. L'Iran inoltre invita l'agenzia Onu per l'atomica di evitare le azioni che possano compromettere i rapporti tra le due parti».
Ma gli Iraniani, mentre facevano il bilancio delle elezioni stravinte dagli ultra-conservatori del leader supremo iraniano, l'ayatollah Ali Khamenei, con il 75% dei voti, guardavano certamente con molta più preoccupazione all'incontro Usa-Israele a Washington, dove circa 200 manifestanti protestavano davanti alla Casa Bianca contro il possibile attacco militare all'Iran. Gli attivisti di "Occupy Aipac", una coalizione di circa 130 organizzazioni Usa che contrastano la politica dell'American Israel public affairs committee (Aipac), la più potente lobby israeliana negli Usa, non potrebbero essere più lontani, per storia politica e concezione della democrazia e delle libertà personali dagli ayatollah che hanno stretto ancor più la loro presa sull'Iran, sono probabilmente tutti antinuclearisti convinti e considerano l'avventura nucleare di Teheran una follia, ma pensano che una pazzia ancora maggiore sarebbe dare il via a Netanyahu ed al suo governo di destra per sferrare un attacco militare in Iran. I manifestanti hanno chiesto anche la giustizia per l popolo palestinese e la fine della costruzione di insediamenti israeliani illegali nei territori occupati.
Le loro voci non sono probabilmente nemmeno arrivate nelle sale della Casa Bianca, ma al loro interno lo scontro è stato duro ed ha riguardato una diversa concezione della geopolitica. Secondo Obama esiste ancora una "finestra" per una soluzione diplomatica alla questione nucleare iraniana, anche se ha detto che tutte le opzioni (compresa quella militare) restano sul tavolo.
Il presidente Usa concorda con Netanyahu probabilmente su una sola cosa: «Sarebbe inaccettabile vedere l'Iran dotarsi di un'arma atomica». Parlando con i giornalisti, ma rivolto soprattutto a Netanyahu che era al suo fianco, Obama ha puntigliosamente ricordato che l'impegno della sua amministrazione nei confronti di Israele é altissimo, con un dispiegamento di intelligence, di forze e di tecnologie in Medio Oriente che probabilmente non ha avuto uguali durante le precedenti amministrazioni: «Il nostro impegno per la sicurezza di Israele è saldo come una roccia», aveva detto il giorno prima proprio all'Aipac , confermando che non esiterà a ricorrere alla forza per difendere Israele (quindi non per attaccare l'Iran) ed ha sottolineato che c'è ancora tempo per la diplomazia.
Netaniahu è andato via da Washington senza un accordo e confermando tutte le divergenze Usa-Israele sul programma nucleare iraniano. Per mettere i puntini sulle i la Casa Bianca ha emesso un comunicato che evidenzia il momento critico nel quale è avvenuto il summit e che fa capire che probabilmente è fallito il tentativo di dissuadere il leader della destra israeliana a sferrare un attacco contro i siti nucleari iraniani. Il nulla di fatto si riassume in una frase: «I due leader hanno convenuto di concertare strettamente durante il prossimo periodo».
Obama, con a fianco Netaniahu, aveva messo le mani avanti: «So che il primo ministro, come me, preferirebbe risolvere il problema per via diplomatica. Siamo coscienti dei costi di ogni azione militare». Ma il premier israeliano ha ribattuto freddo: «Quando si tratta della sicurezza di Israele, Israele ha il diritto, il diritto sovrano, di prendere le sue decisioni. La mia responsabilità suprema, in quanto Primo ministro di Israele è quella di assicurami che Israele resti il padrone del proprio destino».
Poi, dal podio dell'Aipac, il premier israeliano ha detto: «Nessuno di noi può permettersi di aspettare ancora a lungo. Dobbiamo parlare del prezzo che saremo costretti a pagare se non fermiamo l'Iran. Purtroppo il programma nucleare iraniano continua ad andare avanti. Israele ha aspettato che la diplomazia facesse il suo lavoro. Abbiamo aspettato che le sanzioni facessero il loro corso. Nessuno di noi può permettersi di aspettare ancora a lungo».
Una vera e propria sfida ad Obama ed un rischio fortissimo per la sua campagna elettorale che il governo estremista israeliano potrebbe far naufragare in una nuova guerra dalle conseguenze incalcolabili per la pace e l'economia mondiale.
Obama spera di poter almeno ritardare un attacco di Israele contro l'Iran chiedendo a Tel Aviv di aspettare che le sanzioni contro Teheran producano i loro effetti. Ma alla vigilia dell'incontro il presidente di Israele, l'ex laburista Shimon Peres, aveva detto all'Aipac che «L'Iran è un pericolo per il mondo intero» e aveva promesso di impedire ad ogni costo che la Repubblica islamica si doti della bomba atomica (che Israele ha già in abbondanza). «Israele e Stati Uniti condividono lo stesso obiettivo: impedire all'Iran di sviluppare l'arma nucleare. Il nostero messaggio è chiaro: l'Iran non sarà autorizzato a sviluppare l'arma nucleare».
Mentre Israele entra a gamba tesa nelle presidenziali americane, l'Iran cerca di aprire qualche spiraglio. Passate le elezioni intrise di retorica nazionalista, il portavoce del ministero della giustizia, Gholam-Hossein Mohseni-Ejei, ha annunciato l'annullamento della pena di morte per due "spie della Cia".
Ma l'intromissione (a livelli probabilmente mai visti) della destra israeliana nelle elezioni presidenziali Usa ha ringalluzzito l'estremismo del Partito repubblicano: l'ex candidato alla presidenza Usa John McCain (sconfitto da Obama nel 2008) ha detto che «Gli Stati Uniti devono assumere un ruolo primario per guidare gli sforzi internazionali verso l'avvio di attacchi aerei in Siria». Dato che il regime di Bashir al Assad ha commesso "crimini di guerra. «i Paesi della regione interverranno militarmente contro Damasco in ogni caso, con o senza l'aiuto degli Stati Uniti. Washington ha un obbligo morale e strategico a riguardo e deve obbligare Assad a lasciare il potere». Il Partito repubblicano aveva criticato l'attacco Nato in Libia e ora chiede la stessa cosa in Sieia ed Iran...
Un clima che, invece di aumentare la sicurezza di Israele invocata da Netanyahu sembra diminuirla: Israele ha introdotto nuove misure di protezione per aumentare la sicurezza in tempo di guerra tra le quali la costruzione di rifugi e il rafforzamento dei servizi di soccorso di emergenza nel caso di un contrattacco iraniano. Roi Flyshman, portavoce del ministero della protezione civile israeliana, ha detto che i nuovi rifugi costruiti a Tel Aviv sono in grado di ospitare oltre 1.600 persone, sono molto avanzati e potrebbero servire da modello per altri Paesi.
Intanto c'è stato un nuovo attentato al gasdotto che collega l'Egitto ad Israele. L'attacco è avvenuto nuovamente nella zona di al-Arish, nel Sinai settentrionale, ed è stato attuato da un gruppo di uomini armati a volto coperto. Nessuno ha rivendicato l'esplosione ma ad un anno dalla fine del regime Hosni Mubarak sono ormai più di 10 gli attacchi portati al gasdotto. Secondo le autorità egiziane la responsabilità di questi attacchi è da attribuire a tribù locali che protestano contro l'accordo firmato nel 2008 che garantisce per 15 anni esportazioni preferenziali di gas in Israele, un accordo che anche il nuovo parlamento egiziano, dominato da partiti islamici e filo-palestinesi, vuole stracciare.
GreenReport - Ieri, mentre era in corso a Washington l'incontro tra il presidente Usa Barack Obama ed il premier israeliano Benyamin Netanyahu, a Vienna il direttore generale dell'International atomic energy agency (Iaea), Yukiya Amano, ha nuovamente espresso le sue preoccupazioni sulla «Eventuale dimensione militare del programma nucleare iraniano». Secondo l'Iaea «Il Paese ha triplicato la sua produzione mensile di uranio arricchito» e Amano ha detto al Board of governors dell'Iaea che «L'Iran non dà prova di una cooperazione sufficiente (...) L'Agenzia non è in grado di dare assicurazioni credibili sull'assenza di attività o materiale nucleare non dichiarati e non può quindi concludere che l'insieme del materiale (...) serva a delle attività pacifiche. Dal mio ultimo rapporto, diverse cose si sono evolute in Iran, tra le quali la moltiplicazione per tre della produzione dell'esafluoruro d'uranio(UF6) arricchito al 20%». L'Iaea ha assicurato che «Continuerà a ricercare una soluzione al problema nucleare iraniano attraverso il dialogo e con uno spirito costruttivo, al fine di fare il tour di tutte le questioni in sospeso ed in particolare quelle legate ad una possibile dimensione militare del programma nucleare dell'Iran».
Amano ha detto: «Esorto l'Iran a prendere delle iniziative per assicurare la messa in opera competa dell'accordo di salvaguardia, così come dei suoi altri obblighi, quali quelli definiti delle risoluzioni obbligatorie del Consiglio di sicurezza e del Board of governors e dell'Iaea».
Il rappresentante di Teheran all'Iaea, Ali Akbar Soltanieh, ha ribattuto subito dall'agenzia ufficiale Irna: «Nel suo discorso all'Iaea, il direttore generale Yukiya Amano ha ripetuto le accuse all'Iran, senza fornire prove e documenti tangibili. Nel suo ultimo rapporto ha mancato di riflettere l'accordo raggiunto con la Repubblica Islamica. Durante l'ultima visita dei rappresentati Iaea guidati da Herman Nackaerts a Teheran, le due parti avevano concordato di sottoscrivere un documento sulle modalità per risolvere le questioni ancora aperte sul nucleare iraniano. Documento che, secondo altre fonti, avrebbe dovuto essere una sorta di piano di lavoro sulle questioni aperte, ma che sarebbe stato bloccato dal rifiuto dell'Iran di far accedere i rappresentati Iaea nel sito militare di Parchin. L'Iran, non ha mai fatto obiezioni all'accesso dell'Iaea ai siti nucleari, ma le due parti devono firmare un documento prima di ogni ispezione».
Oggi l'ufficio di Soltanieh ha spiazzato tutti con una nota rilanciata dall'agenzia Isna, che annunciato a sorpresa che l'Iran «Consentirà agli esperti dell'International atomic energy agency (Iaea) di accedere alla sua base militare di Parchin. Consentiremo all'Aiea di visitare il sito ancora una volta. Parchin e' una base militare e per potervi accedere c'è un processo che richiede tempo, per questo le visite non possono essere autorizzate di frequente. L'Iran inoltre invita l'agenzia Onu per l'atomica di evitare le azioni che possano compromettere i rapporti tra le due parti».
Ma gli Iraniani, mentre facevano il bilancio delle elezioni stravinte dagli ultra-conservatori del leader supremo iraniano, l'ayatollah Ali Khamenei, con il 75% dei voti, guardavano certamente con molta più preoccupazione all'incontro Usa-Israele a Washington, dove circa 200 manifestanti protestavano davanti alla Casa Bianca contro il possibile attacco militare all'Iran. Gli attivisti di "Occupy Aipac", una coalizione di circa 130 organizzazioni Usa che contrastano la politica dell'American Israel public affairs committee (Aipac), la più potente lobby israeliana negli Usa, non potrebbero essere più lontani, per storia politica e concezione della democrazia e delle libertà personali dagli ayatollah che hanno stretto ancor più la loro presa sull'Iran, sono probabilmente tutti antinuclearisti convinti e considerano l'avventura nucleare di Teheran una follia, ma pensano che una pazzia ancora maggiore sarebbe dare il via a Netanyahu ed al suo governo di destra per sferrare un attacco militare in Iran. I manifestanti hanno chiesto anche la giustizia per l popolo palestinese e la fine della costruzione di insediamenti israeliani illegali nei territori occupati.
Le loro voci non sono probabilmente nemmeno arrivate nelle sale della Casa Bianca, ma al loro interno lo scontro è stato duro ed ha riguardato una diversa concezione della geopolitica. Secondo Obama esiste ancora una "finestra" per una soluzione diplomatica alla questione nucleare iraniana, anche se ha detto che tutte le opzioni (compresa quella militare) restano sul tavolo.
Il presidente Usa concorda con Netanyahu probabilmente su una sola cosa: «Sarebbe inaccettabile vedere l'Iran dotarsi di un'arma atomica». Parlando con i giornalisti, ma rivolto soprattutto a Netanyahu che era al suo fianco, Obama ha puntigliosamente ricordato che l'impegno della sua amministrazione nei confronti di Israele é altissimo, con un dispiegamento di intelligence, di forze e di tecnologie in Medio Oriente che probabilmente non ha avuto uguali durante le precedenti amministrazioni: «Il nostro impegno per la sicurezza di Israele è saldo come una roccia», aveva detto il giorno prima proprio all'Aipac , confermando che non esiterà a ricorrere alla forza per difendere Israele (quindi non per attaccare l'Iran) ed ha sottolineato che c'è ancora tempo per la diplomazia.
Netaniahu è andato via da Washington senza un accordo e confermando tutte le divergenze Usa-Israele sul programma nucleare iraniano. Per mettere i puntini sulle i la Casa Bianca ha emesso un comunicato che evidenzia il momento critico nel quale è avvenuto il summit e che fa capire che probabilmente è fallito il tentativo di dissuadere il leader della destra israeliana a sferrare un attacco contro i siti nucleari iraniani. Il nulla di fatto si riassume in una frase: «I due leader hanno convenuto di concertare strettamente durante il prossimo periodo».
Obama, con a fianco Netaniahu, aveva messo le mani avanti: «So che il primo ministro, come me, preferirebbe risolvere il problema per via diplomatica. Siamo coscienti dei costi di ogni azione militare». Ma il premier israeliano ha ribattuto freddo: «Quando si tratta della sicurezza di Israele, Israele ha il diritto, il diritto sovrano, di prendere le sue decisioni. La mia responsabilità suprema, in quanto Primo ministro di Israele è quella di assicurami che Israele resti il padrone del proprio destino».
Poi, dal podio dell'Aipac, il premier israeliano ha detto: «Nessuno di noi può permettersi di aspettare ancora a lungo. Dobbiamo parlare del prezzo che saremo costretti a pagare se non fermiamo l'Iran. Purtroppo il programma nucleare iraniano continua ad andare avanti. Israele ha aspettato che la diplomazia facesse il suo lavoro. Abbiamo aspettato che le sanzioni facessero il loro corso. Nessuno di noi può permettersi di aspettare ancora a lungo».
Una vera e propria sfida ad Obama ed un rischio fortissimo per la sua campagna elettorale che il governo estremista israeliano potrebbe far naufragare in una nuova guerra dalle conseguenze incalcolabili per la pace e l'economia mondiale.
Obama spera di poter almeno ritardare un attacco di Israele contro l'Iran chiedendo a Tel Aviv di aspettare che le sanzioni contro Teheran producano i loro effetti. Ma alla vigilia dell'incontro il presidente di Israele, l'ex laburista Shimon Peres, aveva detto all'Aipac che «L'Iran è un pericolo per il mondo intero» e aveva promesso di impedire ad ogni costo che la Repubblica islamica si doti della bomba atomica (che Israele ha già in abbondanza). «Israele e Stati Uniti condividono lo stesso obiettivo: impedire all'Iran di sviluppare l'arma nucleare. Il nostero messaggio è chiaro: l'Iran non sarà autorizzato a sviluppare l'arma nucleare».
Mentre Israele entra a gamba tesa nelle presidenziali americane, l'Iran cerca di aprire qualche spiraglio. Passate le elezioni intrise di retorica nazionalista, il portavoce del ministero della giustizia, Gholam-Hossein Mohseni-Ejei, ha annunciato l'annullamento della pena di morte per due "spie della Cia".
Ma l'intromissione (a livelli probabilmente mai visti) della destra israeliana nelle elezioni presidenziali Usa ha ringalluzzito l'estremismo del Partito repubblicano: l'ex candidato alla presidenza Usa John McCain (sconfitto da Obama nel 2008) ha detto che «Gli Stati Uniti devono assumere un ruolo primario per guidare gli sforzi internazionali verso l'avvio di attacchi aerei in Siria». Dato che il regime di Bashir al Assad ha commesso "crimini di guerra. «i Paesi della regione interverranno militarmente contro Damasco in ogni caso, con o senza l'aiuto degli Stati Uniti. Washington ha un obbligo morale e strategico a riguardo e deve obbligare Assad a lasciare il potere». Il Partito repubblicano aveva criticato l'attacco Nato in Libia e ora chiede la stessa cosa in Sieia ed Iran...
Un clima che, invece di aumentare la sicurezza di Israele invocata da Netanyahu sembra diminuirla: Israele ha introdotto nuove misure di protezione per aumentare la sicurezza in tempo di guerra tra le quali la costruzione di rifugi e il rafforzamento dei servizi di soccorso di emergenza nel caso di un contrattacco iraniano. Roi Flyshman, portavoce del ministero della protezione civile israeliana, ha detto che i nuovi rifugi costruiti a Tel Aviv sono in grado di ospitare oltre 1.600 persone, sono molto avanzati e potrebbero servire da modello per altri Paesi.
Intanto c'è stato un nuovo attentato al gasdotto che collega l'Egitto ad Israele. L'attacco è avvenuto nuovamente nella zona di al-Arish, nel Sinai settentrionale, ed è stato attuato da un gruppo di uomini armati a volto coperto. Nessuno ha rivendicato l'esplosione ma ad un anno dalla fine del regime Hosni Mubarak sono ormai più di 10 gli attacchi portati al gasdotto. Secondo le autorità egiziane la responsabilità di questi attacchi è da attribuire a tribù locali che protestano contro l'accordo firmato nel 2008 che garantisce per 15 anni esportazioni preferenziali di gas in Israele, un accordo che anche il nuovo parlamento egiziano, dominato da partiti islamici e filo-palestinesi, vuole stracciare.
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