A due settimane dalle esplosioni verificatesi il 4 marzo al deposito di armi di Mpila, un quartiere nord-orientale di Brazzaville, la situazione nella capitale congolese rimane difficile dal punto di vista della sicurezza, mentre i bilanci contrastanti delle vittime alimentano interrogativi.
Misna - Il quotidiano ufficiale ‘Les Dépêches de Brazzaville’ riferisce che 1500 chilogrammi di munizioni sono stati recuperati da organismi locali sostenuti da organizzazioni internazionali. “Un dato destinato ad aumentare man mano che le operazioni proseguono. Per ora prevediamo che ci vorranno almeno due mesi per ripulire le zone circostanti. Il punto d’impatto rimane un problema e un pericolo perché ci sono troppi danni e ancora molti ordigni inesplosi” ha dichiarato Charles Frisby, coordinatore dell’agenzia specializzata in sminamento ‘Congo United Nations Mine Action Service’ (Unmas). “La zona assomiglia a ‘Ground Zero’: c’è un buco enorme e attorno tutto è andato distrutto. Per ripulirla ci vorranno mesi, se non anni. La gente non deve assolutamente entrare nel perimetro protetto, i rischi di esplosione sono troppo alti” ha avvertito un responsabile della società britannica ‘Mag’ incaricata delle operazioni di sminamento e bonifica.
Oltre all’aspetto tecnico, è necessaria una campagna di informazione rivolta alla popolazione, in particolare ai bambini. “Stiamo preparando messaggi audiovisivi, radiofonici e scritti per informare la gente del pericolo rappresentato da munizioni sparse ovunque. Devono essere informazioni comprensibili a tutti e andremo nei quartieri per parlare con gli abitanti” ha annunciato Mariane Flech, rappresentante del Fondo Onu per l’infanzia (Unicef) in Repubblica del Congo.
Intanto sul versante umanitario, aiuti dall’estero continuano ad arrivare a Brazzaville, in sostegno di quei 15.000 sfollati accolti in centri improvvisati nei quali servono ancora beni alimentari, acqua, medicinali, kit per cucinare e infrastrutture igienico-sanitarie. L’assistenza da fornire ai senzatetto è resa ulteriormente complicata dalle piogge della stagione umida che il paese sta vivendo, che comportano un forte rischio di epidemie come il colera.
Dopo le critiche iniziali e il malcontento della gente per la lentezza dei soccorsi e la disorganizzazione dell’intervento umanitario, ora emergono molti interrogativi sui bilanci ufficiali delle vittime dell’incidente di Mpila.
Secondo l’Associazione per i diritti umani e il mondo carcerario (Adhuc), una ong locale citata dalla testata della chiesa cattolica ‘La Semaine Africaine’, in realtà almeno 900 persone sono rimaste uccise nelle esplosioni di due settimane fa: un dato molto lontano dal bilancio ufficiale di 223 morti. Il sito d’informazione vicino all’opposizione ‘Mwinda’ si chiede “dove sono finiti tutti questi corpi visto che all’obitorio ne sono stati trasportati 223”. Un altro dramma ‘silenzioso’ è quello dei dispersi: una situazione che riguarda un numero imprecisato di persone e sul quale le autorità rimangono molto vaghe. “Da due settimane diverse famiglie sono rimaste senza notizie dei loro cari scomparsi nel nulla. C’è chi ha già fatto pubblicare avvisi di ricerca sulla stampa locale per sapere che fine hanno fatto i scomparsi di Mpila” riferisce ancora la ‘Semaine Africaine’.
Misna - Il quotidiano ufficiale ‘Les Dépêches de Brazzaville’ riferisce che 1500 chilogrammi di munizioni sono stati recuperati da organismi locali sostenuti da organizzazioni internazionali. “Un dato destinato ad aumentare man mano che le operazioni proseguono. Per ora prevediamo che ci vorranno almeno due mesi per ripulire le zone circostanti. Il punto d’impatto rimane un problema e un pericolo perché ci sono troppi danni e ancora molti ordigni inesplosi” ha dichiarato Charles Frisby, coordinatore dell’agenzia specializzata in sminamento ‘Congo United Nations Mine Action Service’ (Unmas). “La zona assomiglia a ‘Ground Zero’: c’è un buco enorme e attorno tutto è andato distrutto. Per ripulirla ci vorranno mesi, se non anni. La gente non deve assolutamente entrare nel perimetro protetto, i rischi di esplosione sono troppo alti” ha avvertito un responsabile della società britannica ‘Mag’ incaricata delle operazioni di sminamento e bonifica.
Oltre all’aspetto tecnico, è necessaria una campagna di informazione rivolta alla popolazione, in particolare ai bambini. “Stiamo preparando messaggi audiovisivi, radiofonici e scritti per informare la gente del pericolo rappresentato da munizioni sparse ovunque. Devono essere informazioni comprensibili a tutti e andremo nei quartieri per parlare con gli abitanti” ha annunciato Mariane Flech, rappresentante del Fondo Onu per l’infanzia (Unicef) in Repubblica del Congo.
Intanto sul versante umanitario, aiuti dall’estero continuano ad arrivare a Brazzaville, in sostegno di quei 15.000 sfollati accolti in centri improvvisati nei quali servono ancora beni alimentari, acqua, medicinali, kit per cucinare e infrastrutture igienico-sanitarie. L’assistenza da fornire ai senzatetto è resa ulteriormente complicata dalle piogge della stagione umida che il paese sta vivendo, che comportano un forte rischio di epidemie come il colera.
Dopo le critiche iniziali e il malcontento della gente per la lentezza dei soccorsi e la disorganizzazione dell’intervento umanitario, ora emergono molti interrogativi sui bilanci ufficiali delle vittime dell’incidente di Mpila.
Secondo l’Associazione per i diritti umani e il mondo carcerario (Adhuc), una ong locale citata dalla testata della chiesa cattolica ‘La Semaine Africaine’, in realtà almeno 900 persone sono rimaste uccise nelle esplosioni di due settimane fa: un dato molto lontano dal bilancio ufficiale di 223 morti. Il sito d’informazione vicino all’opposizione ‘Mwinda’ si chiede “dove sono finiti tutti questi corpi visto che all’obitorio ne sono stati trasportati 223”. Un altro dramma ‘silenzioso’ è quello dei dispersi: una situazione che riguarda un numero imprecisato di persone e sul quale le autorità rimangono molto vaghe. “Da due settimane diverse famiglie sono rimaste senza notizie dei loro cari scomparsi nel nulla. C’è chi ha già fatto pubblicare avvisi di ricerca sulla stampa locale per sapere che fine hanno fatto i scomparsi di Mpila” riferisce ancora la ‘Semaine Africaine’.
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