Nella magnifica cornice della Sala della Crociera, all’interno del Collegio Romano, nel cuore di Roma, è andato in scena, nei giorni scorsi, lo “Splendore dell’acqua - Le poesie di Karol Wojtyla”, una rappresentazione con recite e declamazioni a opera dei quattro attori Francesca Benedetti, Paolo Graziosi, Marta Bifano, Nestor Saied, con la partecipazione di Fao Staff Coop Philharmonic Orchestra e il Coro Cappella Ars Musicalis della Associazione Musica per la Pace.
Radio Vaticana - Scritti tra il 1950, quando era vicario della chiesa di San Floriano di Cracovia, e il 1975, tre anni prima di essere eletto Papa, questi testi rivelano il volto delicato di un poeta nella sua vita di semplice prete, poi arcivescovo e cardinale. Composizioni che trasmettono emozioni ma che risultano di incredibile attualità. I sentimenti, le passioni, le gioie e i dolori dell’uomo destinato a diventare Papa. Ma ascoltiamo le interviste di Luca Attanasio ai protagonisti dell’evento: ascolta
D. - Marta Bifano, lei è la regista di questa rappresentazione sulle poesie di Karol Wojtyla. Che esperienza è stata per lei?
R. – Ci sono delle parole che sono rimaste scolpite dentro di me. Una straordinaria, che voglio ricordare, è che la maggior parte delle sofferenze degli uomini nascono per la mancanza di visione. La sofferenza è qualcosa che noi possiamo limitare attraverso la meditazione, la preghiera, per scegliere anche in questa vita una strada di felicità.
D. – Paolo Graziosi, l’uomo di Dio in qualche modo è facilitato nella poesia?
R. – Io credo che per quanto l’uomo sia di Dio ha bisogno di una vocazione letteraria. Papa Wojtyla aveva questa vocazione. Si sente nel suo modo di sprofondare nel mistero dell’universo...
D. – La produzione poetica di quello che poi sarà Papa Wojtyla parte dal periodo in cui un semplice sacerdote poi passa per il periodo in cui è arcivescovo di Cracovia, fino a diventare cardinale. Si comprende questo suo viaggio spirituale e pastorale?
R. – C’è un percorso in cui si vede la metamorfosi del Santo Padre e di come man mano si libra in una meditazione sempre più alta: si parte dalla natura e si arriva a Dio nel Magnificat. La poesia, la musica e l’arte in generale, sono tutti dei veicoli per raggiungere Dio.
D. – Dottoressa Cetta Petrollo, direttrice della Sala della Crociera del Collegio Romano di Roma, come si è inserita all’interno delle vostre attività questa rappresentazione?
R. – La Sala della Crociera è una sezione staccata della Biblioteca di Archeologia e Storia dell’Arte di Roma, che sempre ospita delle manifestazioni artistiche di vario tipo. Ci sono venuti a chiedere l’ospitalità di un poeta particolare, che è il Papa, e ho subito accettato, perché mi piaceva conoscere e far conoscere questo aspetto particolare di Wojtyla. E’ una lingua poeticamente forte, una poesia necessitata, che si distacca da qualsiasi manierismo poetico, perché si muove su un tessuto discorsivo e anche molto ben costruito. Tutto ciò fa pensare ad un forte laboratorio poetico. Sarebbe stato un grande poeta, se non fosse stato un grandissimo uomo e un grandissimo Papa. (ap)
Radio Vaticana - Scritti tra il 1950, quando era vicario della chiesa di San Floriano di Cracovia, e il 1975, tre anni prima di essere eletto Papa, questi testi rivelano il volto delicato di un poeta nella sua vita di semplice prete, poi arcivescovo e cardinale. Composizioni che trasmettono emozioni ma che risultano di incredibile attualità. I sentimenti, le passioni, le gioie e i dolori dell’uomo destinato a diventare Papa. Ma ascoltiamo le interviste di Luca Attanasio ai protagonisti dell’evento: ascolta
D. - Marta Bifano, lei è la regista di questa rappresentazione sulle poesie di Karol Wojtyla. Che esperienza è stata per lei?
R. – Ci sono delle parole che sono rimaste scolpite dentro di me. Una straordinaria, che voglio ricordare, è che la maggior parte delle sofferenze degli uomini nascono per la mancanza di visione. La sofferenza è qualcosa che noi possiamo limitare attraverso la meditazione, la preghiera, per scegliere anche in questa vita una strada di felicità.
D. – Paolo Graziosi, l’uomo di Dio in qualche modo è facilitato nella poesia?
R. – Io credo che per quanto l’uomo sia di Dio ha bisogno di una vocazione letteraria. Papa Wojtyla aveva questa vocazione. Si sente nel suo modo di sprofondare nel mistero dell’universo...
D. – La produzione poetica di quello che poi sarà Papa Wojtyla parte dal periodo in cui un semplice sacerdote poi passa per il periodo in cui è arcivescovo di Cracovia, fino a diventare cardinale. Si comprende questo suo viaggio spirituale e pastorale?
R. – C’è un percorso in cui si vede la metamorfosi del Santo Padre e di come man mano si libra in una meditazione sempre più alta: si parte dalla natura e si arriva a Dio nel Magnificat. La poesia, la musica e l’arte in generale, sono tutti dei veicoli per raggiungere Dio.
D. – Dottoressa Cetta Petrollo, direttrice della Sala della Crociera del Collegio Romano di Roma, come si è inserita all’interno delle vostre attività questa rappresentazione?
R. – La Sala della Crociera è una sezione staccata della Biblioteca di Archeologia e Storia dell’Arte di Roma, che sempre ospita delle manifestazioni artistiche di vario tipo. Ci sono venuti a chiedere l’ospitalità di un poeta particolare, che è il Papa, e ho subito accettato, perché mi piaceva conoscere e far conoscere questo aspetto particolare di Wojtyla. E’ una lingua poeticamente forte, una poesia necessitata, che si distacca da qualsiasi manierismo poetico, perché si muove su un tessuto discorsivo e anche molto ben costruito. Tutto ciò fa pensare ad un forte laboratorio poetico. Sarebbe stato un grande poeta, se non fosse stato un grandissimo uomo e un grandissimo Papa. (ap)
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