Se lo domandate, sono uno di quelli che dicono: “Sì, sto bene”.
di Atsushi Shizumi
E-ilmensile - Credo che la vita sia cambiata ma d’altra parte anche che non sia cambiata per nulla. Anche se non fosse successo, ci sarebbero stati momenti sia felici sia infelici. Di felicità e di infelicità ne ho avute abbastanza, dopo l’accaduto. Anche se non sono una diretta vittima del disastro, in qualche modo lo sono, perché mi ha messo in difficoltà portandomi via tutto quel lavoro che ero fiero di fare.
È una brutta esperienza, da cui, però, ne nascono altre buone. E di queste, sono contento di averne avute. Ovviamente non mi sarebbero capitate se non avessi vissuto quella brutta.
Amo il Giappone. Penso che la ricostruzione del Paese sia legata a quella di me stesso.
Per questo ho fatto qualche attività di volontariato laggiù. Avrei voluto fare di più, ma ora gli impegni di lavoro, che per fortuna sono riuscito a trovare, non mi permettono più di andare nei luoghi del disastro.
Quando ho ricevuto la prima paga, ho fatto una donazione da 100mila yen (equivalenti a circa 1000 euro) al comune di Minami Souma, nella regione di Fukushima, che raccoglie fondi per i bambini vittima: morti, sinistrati o rimasti orfani.
Credo che sia stato il massimo che potessi fare. Non godo affatto di una condizione agiata, ma penso di poter dire che non mi sono mai dimenticato di quei luoghi e di tutta la tristezza che c’è ancora.
Se lo domandate, sono uno di quelli che dicono: “Sì, sto bene”, ma anche uno di quelli la cui vita è salva e che continuano ad andare avanti.
Finché vivo e mi guadagno il pane da solo, continuerò a dare il mio contributo in qualche modo per esprimere il mio pensiero per il Giappone.
Accoglierò quelle 14:46 dell’11 marzo in una giornata come tante altre. Tanto, si ripeterà per molti anni.
Atsushi Shizumi, guida turistica, ha perso il lavoro dopo la catena di disastri che si sono abbattuti sul Giappone l’11 marzo 2011. Ha collaborato con PeaceReporter e con E-il mensile per raccontare condizioni ed emozioni del suo Paese in ginocchio.
di Atsushi Shizumi
E-ilmensile - Credo che la vita sia cambiata ma d’altra parte anche che non sia cambiata per nulla. Anche se non fosse successo, ci sarebbero stati momenti sia felici sia infelici. Di felicità e di infelicità ne ho avute abbastanza, dopo l’accaduto. Anche se non sono una diretta vittima del disastro, in qualche modo lo sono, perché mi ha messo in difficoltà portandomi via tutto quel lavoro che ero fiero di fare.
È una brutta esperienza, da cui, però, ne nascono altre buone. E di queste, sono contento di averne avute. Ovviamente non mi sarebbero capitate se non avessi vissuto quella brutta.
Amo il Giappone. Penso che la ricostruzione del Paese sia legata a quella di me stesso.
Per questo ho fatto qualche attività di volontariato laggiù. Avrei voluto fare di più, ma ora gli impegni di lavoro, che per fortuna sono riuscito a trovare, non mi permettono più di andare nei luoghi del disastro.
Quando ho ricevuto la prima paga, ho fatto una donazione da 100mila yen (equivalenti a circa 1000 euro) al comune di Minami Souma, nella regione di Fukushima, che raccoglie fondi per i bambini vittima: morti, sinistrati o rimasti orfani.
Credo che sia stato il massimo che potessi fare. Non godo affatto di una condizione agiata, ma penso di poter dire che non mi sono mai dimenticato di quei luoghi e di tutta la tristezza che c’è ancora.
Se lo domandate, sono uno di quelli che dicono: “Sì, sto bene”, ma anche uno di quelli la cui vita è salva e che continuano ad andare avanti.
Finché vivo e mi guadagno il pane da solo, continuerò a dare il mio contributo in qualche modo per esprimere il mio pensiero per il Giappone.
Accoglierò quelle 14:46 dell’11 marzo in una giornata come tante altre. Tanto, si ripeterà per molti anni.
Atsushi Shizumi, guida turistica, ha perso il lavoro dopo la catena di disastri che si sono abbattuti sul Giappone l’11 marzo 2011. Ha collaborato con PeaceReporter e con E-il mensile per raccontare condizioni ed emozioni del suo Paese in ginocchio.
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