Le discussioni con Damasco proseguono mentre una missione dell’Onu si recherà nella capitale siriana per discutere delle proposte messe sul tavolo: lo ha annunciato Kofi Annan dicendosi “pronto a tornare nella regione, al momento appropriato”.
Misna - Dopo aver riferito della situazione in Siria al Consiglio di Sicurezza, l’inviato speciale di Onu e Lega Araba ha detto che la crisi deve “essere gestita con molta cautela” sottolineando che “ogni errore di calcolo che conduce ad un’escalation potrebbe avere un impatto sulla regione e sarebbe estremamente difficile da controllare”. Intanto, Egitto, Libia e Tunisia hanno fatto appello ad una soluzione politica ‘araba’ per la crisi siriana, a un anno dal suo inizio, e ribadito una forte opposizione all’ipotesi di un intervento militare nel Paese. “Siamo tutti contrari a un intervento militare in Siria” ha detto il ministro degli Esteri tunisino, Rafik Abdessalem, dopo un incontro con gli omologhi egiziano e libico, pur ribadendo la necessità di “fermare immediatamente lo spargimento di sangue”.
Dal canto suo, il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan ha evocato la creazione di una “zona cuscinetto” per far fronte all’afflusso di profughi dalla Siria. Non è chiaro dove questa zona dovrebbe sorgere né – ma è questa l’ipotesi per cui propende la gran parte dei quotidiani turchi – se rientri in parte in territorio siriano. Un’opzione, quest’ultima, che senza l’avallo del governo di Damasco per lo sconfinamento, equivarrebbe ad un’invasione.
In base alle cifre fornite da Ankara – che ha invitato i concittadini presenti a lasciare la Siria – al momento sarebbero circa 150.000 i profughi siriani entrati in Turchia.
Dopo Stati Uniti, Gran Bretagna, Italia e altri paesi, anche i sei stati arabi che costituiscono il Consiglio di cooperazione del Golfo hanno deciso di chiudere le loro ambasciate in Siria. Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrain, Oman, Qatar e Kuwait hanno ritirato il personale in segno di protesta per la repressione delle proteste in corso da oltre un anno.
Misna - Dopo aver riferito della situazione in Siria al Consiglio di Sicurezza, l’inviato speciale di Onu e Lega Araba ha detto che la crisi deve “essere gestita con molta cautela” sottolineando che “ogni errore di calcolo che conduce ad un’escalation potrebbe avere un impatto sulla regione e sarebbe estremamente difficile da controllare”. Intanto, Egitto, Libia e Tunisia hanno fatto appello ad una soluzione politica ‘araba’ per la crisi siriana, a un anno dal suo inizio, e ribadito una forte opposizione all’ipotesi di un intervento militare nel Paese. “Siamo tutti contrari a un intervento militare in Siria” ha detto il ministro degli Esteri tunisino, Rafik Abdessalem, dopo un incontro con gli omologhi egiziano e libico, pur ribadendo la necessità di “fermare immediatamente lo spargimento di sangue”.
Dal canto suo, il primo ministro turco Recep Tayyip Erdogan ha evocato la creazione di una “zona cuscinetto” per far fronte all’afflusso di profughi dalla Siria. Non è chiaro dove questa zona dovrebbe sorgere né – ma è questa l’ipotesi per cui propende la gran parte dei quotidiani turchi – se rientri in parte in territorio siriano. Un’opzione, quest’ultima, che senza l’avallo del governo di Damasco per lo sconfinamento, equivarrebbe ad un’invasione.
In base alle cifre fornite da Ankara – che ha invitato i concittadini presenti a lasciare la Siria – al momento sarebbero circa 150.000 i profughi siriani entrati in Turchia.
Dopo Stati Uniti, Gran Bretagna, Italia e altri paesi, anche i sei stati arabi che costituiscono il Consiglio di cooperazione del Golfo hanno deciso di chiudere le loro ambasciate in Siria. Arabia Saudita, Emirati Arabi Uniti, Bahrain, Oman, Qatar e Kuwait hanno ritirato il personale in segno di protesta per la repressione delle proteste in corso da oltre un anno.
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