sabato, marzo 17, 2012
“Le donne non devono praticare sport. Smetti di giocare e rimettiti il tuo hijab”.

E-ilmensile - Queste le parole che un gruppo di miliziani di al Shabaab aveva detto a Maymun Muhyadine Modamed, una ragazza costretta a fuggire da Mogadisho, la cui storia è stata raccolta e raccontata da operatori dell’Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite (Unhcr). La sua colpa è quella di essere una calciatrice provetta. Era brava: aveva addirittura vinto una medaglia e una coppa. Premi che ha venduto per pagarsi la fuga verso nord, verso il campo profughi di Ali Addeh, in Gibuti .

Perché i miliziani somali, che controllano quasi tutto il centro e il sud della Somalia, non si sono accontentati degli avvertimenti. Sono passati alle vie di fatto. Prima hanno ordinato al marito di Maymun di tenerla sotto controllo e di non lasciarla giocare. Poi, hanno preso le armi. Il giovane consorte si era rifiutato di togliere alla moglie la possibilità di praticare quello sport che le faceva brillare gli occhi di gioia e aveva invitato i miliziani a farsi gli affri propri. Un atto d’amore che Andi Abu Bakar ha pagato con la vita.

Maymun era incinta, al quarto mese di gravidanza. Ha aspettato che la piccola Fahima venisse alla luce e poi, con i trenta dollari raccimolati vendendo coppa e medaglia, si è messa in marcia. Oggi frequenta la scuola elementare e trascorre i pomeriggi giocando a pallone con gli altri ragazzi che vivono nel campo di Ali Addeh.

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