giovedì, marzo 22, 2012
L’Italia è in crisi e lo sappiamo tutti. Dicono però che abbiamo fatto un passo indietro allontanandoci dall’orlo dell’ormai famigerato baratro. Speriamo sia vero.

di Silvio Foini

Si continua a parlare di lavoro che non c’è, di giovani generazioni quasi certamente senza un futuro, di riforme, di articoli indicati da vari numeri sui quali si cerca disperatamente un accordo. La parola recessione è sui titoli delle varie testate... Vero è che senza denaro da investire molte strade sono precluse. Non si fa nulla per costringere gli enti delegati all’erogazione del credito, le banche, ad allentare i cordoni delle borse e dare ossigeno alle imprese.

Tutto ciò delinea la situazione in cui si trova il paese: eppur c’è un governo composito di grandi esperti, i tecnici, quelli che insegnano e dettano gli indirizzi economici… tuttavia, il ragno dal buco non esce. Esiste anche un altro grave e forse ampiamente sottovalutato problema che sta facendo morire fior di piccole e medie imprese: l’insolvenza dei debitori. Già, perché se i fornitori di servizi e beni si adoperano seriamente a fare il proprio lavoro ma poi non ricevono dalla clientela la giusta mercede e nei tempi stabiliti, la catena si spezza e tutto va a gambe all’aria.

E’ invalsa da qualche anno la poco dignitosa abitudine da parte di molti di ritardare a tempo indeterminato i pagamenti dovuti a coloro che hanno fornito materiali e servizi. “Tanto lo fa anche lo Stato - si giustificano con un’alzata di spalle - quindi possiamo farlo a nostra volta”. Questo modo di agire sta logorando, senza che nessuno si prenda la briga di porvi un rimedio, la struttura portante dell’economia italiana: le piccole e le medie aziende, che si vedono comunque e sempre costrette a pagare tasse sempre più pesanti anche a fronte di mancati guadagni. Le scadenze sono forche caudine di antica memoria ma di spiacevole attualità. Come può un artigiano cui non è pervenuto il dovuto dai creditori versare in anticipo l’IVA, tanto per dirne una, oppure l’anticipo dei guadagni se chi gli doveva del denaro ha fatto orecchi da mercante, per dirne un’altra?

Occorrerebbero leggi severe per porre termine a questo subdolo malcostume. Non si potrebbe attuare un sequestro conservativo al debitore a tutela del creditore? Esempi lampanti si stanno verificando nel settore edile ove ad esempio i marmisti stanno vivendo giorni da incubo in attesa di entrate che non arrivano nemmeno dopo inutili solleciti ai costruttori. Gli avvocati allargano le braccia: le lettere inviate spesso non hanno nemmeno un riscontro. Il piccolo marmista o il piccolo falegname si trovano a dover “far da banca”, come si dice in gergo, ad aziende nella cui ragione sociale spicca imponente la sigla S.p.A.! Oltre al danno poi, anche la beffa: la banca toglie loro il fido o riduce drasticamente il castelletto.

Chi compra paga. Una volta era così ma ora non lo è più. Chi compra paga se ne ha voglia, questo è l’andazzo, e così si assiste alla moria di piccole aziende, tirate su con amore da generazioni, di padre in figlio, ricche di professionalità e serietà che serrano i battenti lasciando a casa, col cuore spezzato, padri di famiglia magari cinquantenni cui nessuno darà più uno straccio di lavoro. Occorrono leggi che impongono serietà e onestà, non promesse e belle parole, mentre il denaro pubblico, a fiumi, corre nelle tasche capaci di amministratori e politici incapaci (se non corrotti).

Sono presenti 2 commenti

Anonimo ha detto...

IL MONDO ORMAI E'DEI DISONESTI. LA SERIETÀ'NON ESISTE PIÙ' A PARTIRE DALL'ALTO. COLORO CHE HANNO POTERE LO USANO PER ARRICCHIRE SE STESSI. QUESTO E'L'ESEMPIO CHE DANNO E QUESTI I FRUTTI.

Anonimo ha detto...

Ci vuole una legge che obblighi i debitori a pagare o andiamo a gambe all'aria tutti, furbi e turlupinati.

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