I dialoghi riprendono dopo circa un anno di congelamento. Il ministro turco degli esteri, Ahmet Davutoglu ha detto che porterà "buone notizie". L'Iran è pronto a "ristabilire la fiducia". Scetticismo negli Usa. L'inimicizia di Arabia saudita e di Israele. Il 69% degli israeliani vorrebbe un attacco aereo Usa-Israele contro Teheran.
Asianews - Dopo più di un anno, ripartono oggi i dialoghi sul nucleare iraniano, mentre in Israele si parla sempre più apertamente di un possibile attacco aereo per bloccare l'escalation militare della Repubblica islamica. L'incontro dei 5+1 (Stati Uniti, Russia, Gran Bretagna, Francia, Cina e Germania) con i delegati iraniani dovrebbe tendere a rassicurare la comunità internazionale che il programma nucleare iraniano non ha scopi bellici. Teheran ha sempre affermato che i suoi programmi di arricchimento dell'uranio hanno scopi energetici e medici. Ma secondo un gruppo di ricerca americano, l'Institute for Science and International Security, l'Iran ha già prodotto a sufficienza uranio arricchito per i dichiarati scopi medici, che potrebbero bastare per i prossimi 5-10 anni. In più, lo scorso 24 febbraio l'Agenzia Onu per l'energia atomica, l'Aiea, ha dichiarato che l'Iran non ha permesso ai suoi ispettori di controllare a sufficienza la mancanza di programmi nucleari militari. L'incontro di Istanbul dovrebbe studiare le modalità per un pieno controllo del programma e il volume permesso di uranio arricchito da produrre. Le dichiarazioni della vigilia sono molto positive e piene di speranza. Ahmet Davutoglu, ministro turco degli esteri (a sin. nella foto con Jalili), ospite dell'incontro, dopo un colloquio con il capo della delegazione iraniana, Said Jalili, ha detto che "Dopo i negoziati, darò qualche bella notizia". Anche il ministro degli esteri iraniano, Ali Akbar Salehi ha dichiarato al Washington Post che l'Iran non vuole armamenti nucleari e che in passato lo stesso Ayatollah Khomeiny aveva escluso questo sviluppo con una fatwa. Egli dice che l'incontro di Istanbul "porterà a uno sforzo genuino per ristabilire la fiducia e il credito". Pure la Russia è "ottimista" sui dialoghi, e la Cina, grande consumatore del petrolio iraniano, ha sempre sostenuto il dialogo diplomatico contro ogni sanzione o azione militare. Gli Stati Uniti sono più scettici e vedono questi dialoghi come "l'ultima occasione" per l'Iran. Intanto, da febbraio essi hanno rincarato le sanzioni, arrivando a bloccare le esportazioni di greggio iraniano e vietando le transazioni bancarie. L'Ue ha accettato queste nuove sanzioni e ha promesso di attuarle entro il 1° luglio. Queste nuove sanzioni stanno distruggendo la già fragile economia iraniana: molte compagnie non riescono ad importare o vendere all'estero, a causa del blocco alle banche. Allo stesso tempo, le sanzioni hanno aumentato il prezzo del petrolio del 18%, mettendo a rischio l'economia dell'occidente, soprattutto quella europea, già segnata dalla crisi. I due Paesi che vorrebbero colpire l'Iran sono l'Arabia saudita e Israele. Riyadh teme sempre più l'influenza di Teheran sul mondo islamico e sul Medio Oriente e in questi mesi ha dichiarato che sarebbe in grado di sostituire l'Iran nella produzione di petrolio colpita dall'embargo. Israele, la sola potenza nucleare del Medio oriente, si prepara e studia da tempo la possibilità di un radi aereo sui centri nucleari iraniani, per bloccare la corsa agli armamenti di Teheran. In un'inchiesta pubblicata il 29 marzo sul Jerusalem Post, il 69% degli israeliani si dice d'accordo per un attacco congiunto Usa-Israele contro l'Iran; solo il 42% sostiene un attacco di Israele da solo. Il premier Benjamin Netanyahu ha spesso dichiarato che egli non permetterà mai che Israele "viva sotto l'ombra dell'annichilimento", facendo capire di essere pronto a colpire le centrali nucleari iraniane se la diplomazia fallisce.
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