Il prossimo semestre sarebbe tornato a Nuova Delhi per dirigere Niscort, il centro di formazione per la comunicazione della Conferenza episcopale indiana. Un istituto che aveva concepito, di cui era stato co-fondatore e direttore, e che per lui era «come un figlio, un’idea che ho sempre avuto in mente».
Padre Jacob Srampical è venuto a mancare sabato scorso in una clinica viennese, dove era stato ricoverato una decina di giorni fa durante un viaggio in Austria. Solo lo scorso settembre era sopravvissuto miracolosamente ad un ictus, dal quale si era ripreso in pochi mesi. «Ho imparato nuovamente a respirare – aveva scritto raccontando i suoi quarantasei giorni in ospedale - a mangiare, a sentire la presenza di Dio vicino a me: una vera rinascita».
Nato nello stato di Kerala nel 1950, il religioso gesuita era un noto esperto di comunicazione, con oltre 15 pubblicazioni all’attivo e diversi dottorati in comunicazione conseguiti in India e in Inghilterra. Era stato consulente del Pontificio consiglio delle comunicazioni sociali e presidente dell’UNDA/OCIC (l’attuale SIGNIS) dell’India (1992-1998) e dell’Asia (1993-2001). Dal 2003 era docente presso la Facoltà di Scienze sociali dell’Università Gregoriana, dove per sei anni ha ricoperto il ruolo di direttore del CICS (Centro Interdisciplinare di Comunicazione Sociale). Da Roma dirigeva a distanza il mensile indiano d’informazione cattolica Companion e quando tornava a casa durante la pausa estiva, teneva diversi seminari: «non solo in nome del mio grande amore per la comunicazione, ma anche per tenermi aggiornato sulla realtà indiana».
Il desiderio di Padre Jacob era realizzare in India un centro di formazione in grado di far crescere la Chiesa e di rappresentare il punto di vista cattolico nel mondo dei media. Una volta tornato a Niscort avrebbe inaugurato un master di due anni in Pastorale della comunicazione, focalizzato sull’etica dei media e sulla comunicazione per lo sviluppo. Un corso per fornire gli strumenti alla creazione della coesione e della partecipazione tanto nelle diocesi quanto nelle singole parrocchie. «La Chiesa – ha detto in una recente intervista ad Aiuto alla Chiesa che Soffre - ha bisogno innanzitutto di maggiore dialogo al suo interno. I media sono solo un aiuto».
In uno dei suoi ultimi libri “La comunicazione può rinnovare la Chiesa” (Media House Delhi 2010), padre Srampickal ha individuato due sfide che la Chiesa deve affrontare nel mondo «mediatizzato» di oggi: «connettersi» con i più giovani e introdurre il Vangelo in una cultura costantemente disegnata e ridisegnata dai media. «Molti teologi ed esponenti del clero considerano la comunicazione un oggetto secolare, che merita poca attenzione. Oppure enfatizzano la mancanza di contenuto e gli effetti dannosi dei mass media. Ma il fine ultimo della comunicazione è creare unità, armonia, coesione, comunità. Esattamente ciò che si prefigge la Chiesa».
Padre Jacob Srampical è venuto a mancare sabato scorso in una clinica viennese, dove era stato ricoverato una decina di giorni fa durante un viaggio in Austria. Solo lo scorso settembre era sopravvissuto miracolosamente ad un ictus, dal quale si era ripreso in pochi mesi. «Ho imparato nuovamente a respirare – aveva scritto raccontando i suoi quarantasei giorni in ospedale - a mangiare, a sentire la presenza di Dio vicino a me: una vera rinascita».
Nato nello stato di Kerala nel 1950, il religioso gesuita era un noto esperto di comunicazione, con oltre 15 pubblicazioni all’attivo e diversi dottorati in comunicazione conseguiti in India e in Inghilterra. Era stato consulente del Pontificio consiglio delle comunicazioni sociali e presidente dell’UNDA/OCIC (l’attuale SIGNIS) dell’India (1992-1998) e dell’Asia (1993-2001). Dal 2003 era docente presso la Facoltà di Scienze sociali dell’Università Gregoriana, dove per sei anni ha ricoperto il ruolo di direttore del CICS (Centro Interdisciplinare di Comunicazione Sociale). Da Roma dirigeva a distanza il mensile indiano d’informazione cattolica Companion e quando tornava a casa durante la pausa estiva, teneva diversi seminari: «non solo in nome del mio grande amore per la comunicazione, ma anche per tenermi aggiornato sulla realtà indiana».
Il desiderio di Padre Jacob era realizzare in India un centro di formazione in grado di far crescere la Chiesa e di rappresentare il punto di vista cattolico nel mondo dei media. Una volta tornato a Niscort avrebbe inaugurato un master di due anni in Pastorale della comunicazione, focalizzato sull’etica dei media e sulla comunicazione per lo sviluppo. Un corso per fornire gli strumenti alla creazione della coesione e della partecipazione tanto nelle diocesi quanto nelle singole parrocchie. «La Chiesa – ha detto in una recente intervista ad Aiuto alla Chiesa che Soffre - ha bisogno innanzitutto di maggiore dialogo al suo interno. I media sono solo un aiuto».
In uno dei suoi ultimi libri “La comunicazione può rinnovare la Chiesa” (Media House Delhi 2010), padre Srampickal ha individuato due sfide che la Chiesa deve affrontare nel mondo «mediatizzato» di oggi: «connettersi» con i più giovani e introdurre il Vangelo in una cultura costantemente disegnata e ridisegnata dai media. «Molti teologi ed esponenti del clero considerano la comunicazione un oggetto secolare, che merita poca attenzione. Oppure enfatizzano la mancanza di contenuto e gli effetti dannosi dei mass media. Ma il fine ultimo della comunicazione è creare unità, armonia, coesione, comunità. Esattamente ciò che si prefigge la Chiesa».
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