Piero Bevilacqua nel suo ultimo libro ( Elogio della radicalità) si chiede; "Qualcuno sente più parlare di ambiente nell'assordante chiacchiericcio su come ‘uscire dal tunnel'"?
Greenreport - Si dirà che anche in questi giorni si parla molto di green economy, di energie rinnovabili e i ministri polemizzano tra di loro. Vero, l'ambiente però solo in parte -molto in parte- riguarda questi aspetti che investono oggi come non mai drammaticamente il suolo, il paesaggio, la natura, la condizione delle acque marine, fluviali e domestiche, la sicurezza e salute dei cittadini, i beni comuni del referendum. Se ne parla? Il tunnel da cui uscire è anche questo non certo solo quello delle banche e delle subprime. E il governo anche in questo è chiamato a cambiare registro rispetto a chi l'ha preceduto. Clini in sostanza non può suonare la stessa musica della Prestigiacomo. Ci sarà pure una ragione se la Costituzione prevede la tutela del paesaggio e lo stato decise di dotarsi di leggi come quella sull'inquinamento, sul suolo, sul mare, sui parchi. Leggi ignorate in larga misura, non finanziate adeguatamente, seriamente azzoppate anche da anni e in particolare negli ultimi. I tagli finanziari per come sono stati effettuati sono apparsi prima ancora che una necessità una occasione e diciamo pure un pretesto, ad esempio, per cercare di mandare in soffitta i parchi proprio nel ventennale della legge quadro nazionale. Il colmo è che nel momento in cui il referendum riafferma l'interesse e la titolarità pubblica di certi valori e beni, per i parchi si pensa di privatizzarli, appaltarli quasi che al ministro Clini competesse appunto di continuare l'opera rovinosa avviata da chi l'ha preceduto. E qui bisogna essere chiari perché vi è un nodo sul quale fino a questo momento nessuno ha le carte in regola. Non il governo che fino a questo momento se n'è occupato poco e male. Ma neppure le forze politiche sia quelle che sostengono il governo sia quelle che sono all'opposizione e con loro anche le istituzioni regionali e locali che per troppi versi non riescono a fronteggiare la situazione, tanto che in molte regioni la musica non è granché diversa da quella nazionale. E mi riferisco anche a regioni che hanno avuto a lungo le carte in regola e che ora perdono colpi, incontrano serie difficoltà (e non mi riferisco solo a quelle finanziarie) a gestire politiche ambientali serie come chiedono anche comitati e associazioni le più diverse. La Toscana figura tra queste e sebbene si registrino segnali di cambiamento rispetto anche al recente passato nella messa a punto -ossia revisione- di strumenti programmatici ed anche normativi si procede tutt'ora tra non poche incertezze e battute d'arresto che non giovano proprio a quelle politiche del suolo, del paesaggio, della tutela della natura a terra e a mare. E la cosa sorprendente è che proprio nel momento del gran chiacchiericcio sul federalismo è provato che grazie alla ‘decostituzionalizzazione selvaggia' in atto (così è stata giustamente definita) non si erano mai toccate punte così alte di centralizzazione statalistica. E a soffrirne di più e pagarne il costo più salato sono state proprio quelle leggi più innovative sull'ambiente dal suolo ai parchi dove la ‘leale collaborazione' è ormai un lontano ricordo. Eppure a fronte di questa situazione per molti versi in caduta libera che ha messo in crisi anche i ruoli istituzionali dalle comunità montane, alle province ai piccoli comuni e ora dei parchi pronti per Clini per la cassa integrazione, le reazioni dal parlamento al governo alle regioni e gli enti locali appaiono spesso latitanti e più spesso inadeguate e non di rado assai discutibili come nel caso del testo di legge in discussione al Senato di modifica della legge quadro sui parchi. Il quadro complessivo è reso allarmante non solo perché questo invasivo e paralizzante ritorno centralistico altera i rapporti e gli equilibri fissati dal titolo V della Costituzione ma disarticola gli interventi tra i vari comparti come nel caso del paesaggio in cui si è proceduto a sottrarlo ai piani dei parchi. Qui viene meno quella ‘trasversalità' delle materie e delle competenze tante volte ma inutilmente richiamata della Corte Costituzionale. Viene quell'input ecologico che non vuole ‘la parcellizzazione e la compartimentalizzazione dei saperi che rendono incapaci di percepire ‘ciò che è tenuto insieme'. (I sette saperi di Edgar Morin). A tirare la volata a queste politiche che ci hanno cacciato nel tunnel ha contribuito il discredito che l'antipolitica ha gettato su tutte le forme di programmazione e pianificazione che ha investito la tutela del paesaggio, della natura, del suolo con costi non solo finanziari ma anche umani e sociali enormi. Ecco perché è legittima e non inutilmente provocatoria la domanda; a chi interessa oggi l'ambiente? Io ricordo gli anni in cui il parlamento con le regioni e gli enti locali varò quelle importantissime leggi prima ricordate. Ricordo i documenti, le ricerche sulla base dei quali si andò confronti serrati e vivacissimi, ad esempio, sulla legge del mare ( la 979) con il ministro della Marina Mercantile Calogero Mannino che non voleva saperne di concedere finalmente sulle coste una titolarità alle regioni e di inaugurare politiche di tutela. Ricordo la conclusione sulla legge 394 quando le regioni riuscirono ad ‘entrare' nella legge che le escludeva essendo riservata unicamente allo stato. Ora vedo che il senato procede a modifiche importantissime e sbagliate della 394 senza neppure consultarle. E mentre si eccede in centralismo sono andate via via sparendo proprio serie politiche nazionali in tutti i comparti richiamati al punto che -come ha ricordato il ministro Barca- "noi al Sud riusciamo a utilizzare solo il 20% delle risorse comunitarie disponibili". E se le responsabilità per questo gravissimo andazzo ricadono sicuramente principalmente su chi ha governato fino al governo Monti, anche le forze politiche schieratesi a sostegno del referendum non hanno certo brillato. Si veda la loro stampa, i siti non solo nazionali -ecodem in testa-ma anche regionali ( penso a quello toscano) e non si faticherà ad avere conferma del ritardo su questo terreno che ci viene da tempo e giustamente rimproverato. Quante iniziative sono state promosse dopo tanti disastri e ritardi, con quali documenti, proposte? Ecco perché serve davvero un rilancio delle politiche ambientali non riducibili solo alla green economy. * Renzo Moschini, coordinatore Aree protette Legautonomie
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