venerdì, aprile 13, 2012
In Siria ieri primo giorno di tregua in applicazione del piano di pace dell’inviato di Onu e Lega Araba, Kofi Annan. Ma, secondo voci dell’opposizione non confermate, si sarebbero registrati nuovi attacchi dell’esercito di Damasco con diverse vittime.

Radio Vaticana - Cauto l’ottimismo internazionale per questo primo timido passo verso un possibile dialogo, mentre il Consiglio di Sicurezza dell’Onu sta lavorando su una bozza di risoluzione che autorizza l’invio in Siria di 30 osservatori. Come valutare, a questo punto, la tregua In Siria: si tratta di un passo concreto verso la pacificazione o solo di un segnale distensivo lanciato alla comunità internazionale? Salvatore Sabatino ne ha parlato con Paolo Branca, esperto di Paesi arabi dell’Università Cattolica di Milano:
R. – Da un certo punto di vista è importante che ci sia attenzione sulla situazione: se c’è questo interesse da parte della Comunità internazionale, c’è la speranza che i contendenti possano - in qualche modo - cercare di mettersi d’accordo o comunque evitare delle posizioni estreme. La situazione sul campo mi sembra ancora piuttosto fluida, però il sospetto che si possa essere di fronte a un tergiversare, ad una manovra per prendere tempo ovviamente non può essere del tutto esclusa.

D. – C’è un segnale importante da valutare: i carri armati sono, comunque, rimasti a presidiare le città. E’ un brutto segno questo, secondo lei?


R. – Sicuramente può essere interpretato in modi diversi: un arretramento delle forze del governo, sembrerebbe un lasciare libero sfogo evidentemente alle manifestazioni. Che l'esercito abbandoni proprio il controllo del terreno mi sembra molto meno probabile, anche perché non possono contare – come in passato – sull’intervento dell’aviazione, come aveva fatto il padre dell’attuale presidente, quando in un contesto del tutto diverso, fece bombardare Hama: bombardamenti sotto i quali morirono decine di migliaia di persone. Oggi non sarebbe più possibile una cosa del genere.


D. – Il Consiglio nazionale siriano ha invitato la popolazione a scendere in piazza per manifestare pacificamente...


R. – Certamente è una sorta di braccio di ferro: se sono manifestazioni pacifiche, possono essere ancora più pericolose ovviamente per il regime, che dovrebbe registrare un fortissimo dissenso non avendo modo di controbattere. Purtroppo abbiamo visto che la logica dell’esasperare il conflitto e addirittura del coinvolgere altri – come la Turchia, con lo sconfinamento verso i profughi l’altro giorno – almeno in alcune parti prevale.


D. - La Russia, durante il G8 in corso a Washington, ha ribadito la sua fiducia nel piano di pace di Kofi Annan, ma preme per un urgente invio di osservatori internazionali. Può essere questo un elemento che può far avvicinare Mosca alla posizione degli altri Paesi del G8?


R. – Penso di sì, perché ovviamente finché non ci sono dei terzi presenti che possono, in qualche modo, garantire o dire qualcosa di sicuro su quello che succede sul terreno, siamo un po’ alla “guerra della propaganda”. Una delle questioni che rendono così difficile questa crisi è proprio la mancanza di notizie sicure e una lotta fatta anche un po’ a livello mediatico. (mg)

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