Non ci sono al momento segni di combattimenti in Siria, dopo che alle 6, ora locale, è entrato il vigore il cessate il fuoco previsto dal piano messo a punto dell'inviato di Onu e Lega araba Kofi Annan
Radio Vaticana - In Siria non si spara più. Il piano di Kofi Annan è, insomma, cosa fatta; quel cessate il fuoco annunciato, poi rimandato, alla fine atteso ed insperato, ora finalmente in atto. Il Paese vive con speranza questo momento di tregua. E tutti sperano che non sia solo un momento. Per ora, comunque, le armi tacciono ad Hama, Homs, a Damasco; così come a Zabadani, vicino al confine con il Libano, dove in realtà sarebbero state udite alcune esplosioni nelle ultime 2 ore, ma dall’origine non chiaramore. Testimoni riferiscono di bombardamenti avvenuti qui nella notte, ma non dopo l’entrata in vigore del cessate il fuoco. Il ministero della Difesa ha comunicato, ieri, che avrebbe interrotto le operazioni militari stamattina, senza tuttavia ritirare le truppe dalle città. Così è stato. I carri armati, insomma, continuano a presidiare i punti caldi del Paese, "per garantire la sicurezza e rispondere con forza – così Damasco ha tenuto a precisare – ad ogni possibile attacco da parte dei ribelli".
Radio Vaticana - In Siria non si spara più. Il piano di Kofi Annan è, insomma, cosa fatta; quel cessate il fuoco annunciato, poi rimandato, alla fine atteso ed insperato, ora finalmente in atto. Il Paese vive con speranza questo momento di tregua. E tutti sperano che non sia solo un momento. Per ora, comunque, le armi tacciono ad Hama, Homs, a Damasco; così come a Zabadani, vicino al confine con il Libano, dove in realtà sarebbero state udite alcune esplosioni nelle ultime 2 ore, ma dall’origine non chiaramore. Testimoni riferiscono di bombardamenti avvenuti qui nella notte, ma non dopo l’entrata in vigore del cessate il fuoco. Il ministero della Difesa ha comunicato, ieri, che avrebbe interrotto le operazioni militari stamattina, senza tuttavia ritirare le truppe dalle città. Così è stato. I carri armati, insomma, continuano a presidiare i punti caldi del Paese, "per garantire la sicurezza e rispondere con forza – così Damasco ha tenuto a precisare – ad ogni possibile attacco da parte dei ribelli".
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