Accesso all’acqua, mondo cattolico in allarme: “Serve un nuovo approccio per rendere effettivo questo diritto”
Quali strumenti possono davvero garantire che l’acqua sia un diritto universale? Quali sono i problemi più urgenti da affrontare? Se ne è discusso a Roma in una tavola rotonda organizzata dall’associazione Greenaccord Onlus e il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace, insieme a Coldiretti.
Un bene comune universale da tutelare a ogni costo, la funzione pubblica della gestione delle risorse idriche da rafforzare, una visione mercantilistica da superare per indirizzare l’umanità verso una concezione non più utilitaristica e consumistica del Creato e delle relazioni umane. Il mondo cattolico torna a riflettere sull’importanza dell’elemento acqua per il progresso dell’umanità. Lo fa con una tavola rotonda, organizzata oggi a Palazzo Rospigliosi dall’associazione Greenaccord Onlus, in collaborazione con il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace e con Coldiretti e moderata dal segretario nazionale della FNSI, Franco Siddi.
Un’occasione per discutere sulle conclusioni del Sesto Forum Mondiale sull’Acqua, svoltosi a Marsiglia a metà marzo e sulla nota che la delegazione della Santa Sede aveva presentato in tale occasione.
“Lavorando a quel testo - ricorda con una certa amarezza Mons. Mario Toso, segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace - ci domandavano se a Marsiglia i governanti si sarebbero limitati a ribadire, riconsacrare e poi riapplicare le soluzioni in vigore. Quelle soluzioni insufficienti che hanno portato la metà della popolazione mondiale a non avere ancora un accesso sicuro all’acqua potabile. Quelle soluzioni che ancora non riescono a dissetare l’Africa. Oggi si può ripetere: sì, il rischio di soluzioni vecchie e insufficienti continua a sussistere”.
Inevitabile, quindi, la richiesta di un nuovo approccio per la tutela del bene comune più essenziale alla vita umana: “Serve un’indicazione di una visione integrata e multilivello nella ricerca delle soluzioni” spiega Toso. “L’approccio ai problemi dell’acqua e l’avvio di soluzioni pertinenti devono poter avvalersi di più competenze, di una sintesi culturale interdisciplinare, di sinergie operative”. Non guardare cioè solo l’aspetto economico ma considerare tutti i fattori in gioco.
Esigenza concreta ma assai difficile da ottenere, secondo Riccardo Petrella, docente dell’università cattolica di Lovanio e segretario del Comitato Mondiale dell'Acqua. “Secondo i gruppi dominanti e le lobby finanziarie, il problema acqua non si risolverà finché non si darà ad essa un prezzo di mercato e non si tratterà tale bene secondo i principi dell’economia capitalistica. Il problema è che tale approccio è condiviso anche dai governi e dai poteri pubblici. Nel documento preparatorio che l’Unione europea ha predisposto in vista di Rio+20, alcuni Paesi europei hanno tentato di far togliere ogni riferimento al diritto all’acqua. Solo le proteste veementi della società civile hanno permesso di evitare tale scelta. Va assolutamente superata l’idea che bisogna monetizzare la natura e i beni naturali”.
Un approccio, quello mercantilistico, che allarma chi, con l’acqua, deve lavorare: “L’agricoltura – spiega Sergio Marini, presidente di Coldiretti - usa questo bene comune per produrre un altro bene comune fondamentale che è il cibo. La situazione economica del Paese potrebbe indurre qualcuno a pensare di poter spingere ancora verso la privatizzazione dell’acqua. Questo, per gli agricoltori, sarebbe un danno enorme. E di riflesso per tutti i cittadini”.
Preoccupazione condivisa anche da Andrea Masullo, presidente del Comitato Scientifico di Greenaccord. “L’acqua non può essere trattata come una merce qualsiasi offerta a chi la può pagare. Deve essere garantita a tutta la popolazione mondiale. In Italia, un referendum con esito plebiscitario ha ribadito la gestione come bene comune. Purtroppo ciò si scontra con le dinamiche di mercato che mercificano ogni bene compresa l’acqua. Sono quindi preoccupato che l’esito del referendum non venga rispettato, come sta avvenendo a Roma, dove il Comune sta pensando a privatizzare l’azienda che fornisce i servizi idrici. È questo un approccio sbagliato, figlio di una politica che ha orizzonti temporali brevi, contro il quale i cittadini devono protestare con forza”.
Un bene comune universale da tutelare a ogni costo, la funzione pubblica della gestione delle risorse idriche da rafforzare, una visione mercantilistica da superare per indirizzare l’umanità verso una concezione non più utilitaristica e consumistica del Creato e delle relazioni umane. Il mondo cattolico torna a riflettere sull’importanza dell’elemento acqua per il progresso dell’umanità. Lo fa con una tavola rotonda, organizzata oggi a Palazzo Rospigliosi dall’associazione Greenaccord Onlus, in collaborazione con il Pontificio Consiglio Giustizia e Pace e con Coldiretti e moderata dal segretario nazionale della FNSI, Franco Siddi.
Un’occasione per discutere sulle conclusioni del Sesto Forum Mondiale sull’Acqua, svoltosi a Marsiglia a metà marzo e sulla nota che la delegazione della Santa Sede aveva presentato in tale occasione.
“Lavorando a quel testo - ricorda con una certa amarezza Mons. Mario Toso, segretario del Pontificio Consiglio Giustizia e Pace - ci domandavano se a Marsiglia i governanti si sarebbero limitati a ribadire, riconsacrare e poi riapplicare le soluzioni in vigore. Quelle soluzioni insufficienti che hanno portato la metà della popolazione mondiale a non avere ancora un accesso sicuro all’acqua potabile. Quelle soluzioni che ancora non riescono a dissetare l’Africa. Oggi si può ripetere: sì, il rischio di soluzioni vecchie e insufficienti continua a sussistere”.
Inevitabile, quindi, la richiesta di un nuovo approccio per la tutela del bene comune più essenziale alla vita umana: “Serve un’indicazione di una visione integrata e multilivello nella ricerca delle soluzioni” spiega Toso. “L’approccio ai problemi dell’acqua e l’avvio di soluzioni pertinenti devono poter avvalersi di più competenze, di una sintesi culturale interdisciplinare, di sinergie operative”. Non guardare cioè solo l’aspetto economico ma considerare tutti i fattori in gioco.
Esigenza concreta ma assai difficile da ottenere, secondo Riccardo Petrella, docente dell’università cattolica di Lovanio e segretario del Comitato Mondiale dell'Acqua. “Secondo i gruppi dominanti e le lobby finanziarie, il problema acqua non si risolverà finché non si darà ad essa un prezzo di mercato e non si tratterà tale bene secondo i principi dell’economia capitalistica. Il problema è che tale approccio è condiviso anche dai governi e dai poteri pubblici. Nel documento preparatorio che l’Unione europea ha predisposto in vista di Rio+20, alcuni Paesi europei hanno tentato di far togliere ogni riferimento al diritto all’acqua. Solo le proteste veementi della società civile hanno permesso di evitare tale scelta. Va assolutamente superata l’idea che bisogna monetizzare la natura e i beni naturali”.
Un approccio, quello mercantilistico, che allarma chi, con l’acqua, deve lavorare: “L’agricoltura – spiega Sergio Marini, presidente di Coldiretti - usa questo bene comune per produrre un altro bene comune fondamentale che è il cibo. La situazione economica del Paese potrebbe indurre qualcuno a pensare di poter spingere ancora verso la privatizzazione dell’acqua. Questo, per gli agricoltori, sarebbe un danno enorme. E di riflesso per tutti i cittadini”.
Preoccupazione condivisa anche da Andrea Masullo, presidente del Comitato Scientifico di Greenaccord. “L’acqua non può essere trattata come una merce qualsiasi offerta a chi la può pagare. Deve essere garantita a tutta la popolazione mondiale. In Italia, un referendum con esito plebiscitario ha ribadito la gestione come bene comune. Purtroppo ciò si scontra con le dinamiche di mercato che mercificano ogni bene compresa l’acqua. Sono quindi preoccupato che l’esito del referendum non venga rispettato, come sta avvenendo a Roma, dove il Comune sta pensando a privatizzare l’azienda che fornisce i servizi idrici. È questo un approccio sbagliato, figlio di una politica che ha orizzonti temporali brevi, contro il quale i cittadini devono protestare con forza”.
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