lunedì, maggio 28, 2012
Crisi ecologica e crisi economica, una straordinaria opportunità: 4° puntata dell'importante documento di Gianni Mattioli e Massimo Scalia in esclusiva per greenreport.it

 GreenReport - Il processo, che lega la crescita del debito e del ruolo della finanza al funzionamento dell'impianto produttivo sopra descritto - in particolare al ruolo della innovazione tecnologica - appare già chiaramente leggibile nell'ultimo decennio del secolo scorso e porta Jacques Delors a valutare, nel "Libro Bianco" della UE del '93, che rilancio dell'economia (e dell'occupazione) non sarebbe venuto dai settori produttivi consolidati - materiali e immateriali - ma da un nuovo settore ove si produce e si vende una nuova merce che si chiama qualità della vita. Siamo dunque alla prospettiva della Green Economy. Intesa come cambiamento della struttura della domanda, più che come sublime istanza ecologica.

All'inizio di questo secolo, la Green Economy sembrerebbe così una risposta "obbligata" alla crisi degli equilibri ecologici - in primo luogo, i cambiamenti climatici - con le conseguenze positive sulla salute e sul ben vivere, ma essa appare anche una risposta razionale alla crisi dell'impianto economico.

Efficienza energetica e ricorso alle fonti pulite e rinnovabili, riqualificazione urbana, ristrutturazione dell'impianto industriale con uso più efficiente delle risorse fisiche e abbattimento degli inquinanti, ristrutturazione delle reti di trasporto delle persone e delle merci, difesa del suolo, agricoltura come sicurezza alimentare ma anche come controllo della franosità, della sicurezza idraulica e salvaguardia delle reti idrografiche minori, prevenzione sanitaria, restauro e valorizzazione dei beni storici, culturali, ambientali, eccellenza delle produzioni artigianali o di nicchia... rappresentano il passaggio dalla cultura produttiva della quantità alla cultura della qualità, con produzioni in prevalenza non delocalizzabili e per le quali appare difficile innescare processi di competizione tra le imprese nel quadro dell'aumento esasperato della produttività del lavoro. Con effetti ricostituenti e benefici anche sull'occupazione, diretta o indiretta: tanto da far registrare in Italia (Unioncamere), solo nel 2011, circa 220mila assunzioni e annunciare nei prossimi anni almeno un milione di posti di lavoro.

Si pensi ad esempio ad un progetto di mobilità sostenibile: trasporti pubblici periurbani, urbani, interurbani, una rete gradevole da usare e competitiva con il mezzo privato. Un altro esempio: risparmio energetico negli edifici. O, più in generale, riqualificazione urbana : cioè restauro dei centri storici e riqualificazione delle periferie, recupero e riuso del patrimonio abitativo esistente: sono produzioni ad altissima intensità di lavoro. Per contro, il ritornello di rito di una ripresa fatta di un recupero delle produzioni in massa di case, auto, elettrodomestici, telefoni cellulari, gadget elettronici appare, alla luce delle contraddizioni sopra illustrate, una ricetta totalmente dissennata. E che succederebbe poi se venisse il giorno in cui in grandi paesi come la Cina, l'India ogni famiglia disponesse di un televisore, di un condizionatore, di una o più automobili e così via? Dunque si tratta di realizzare un modello di sviluppo radicalmente alternativo a quello neoliberista di fatto responsabile della situazione attuale di crisi.

In Germania il lavoro "verde" ha attivato sull'arco di dieci anni oltre 350mila nuovi posti di lavoro, con un numero di occupati largamente al di sopra di quello della più grande industria automobilistica europea e tra le prime nel Mondo, la Volkswagen. Il "Piano di efficienza energetica 2010 - 2020", presentato da Confindustria nell'autunno 2010, mostra come un investimento pubblico di 16,7 miliardi di euro sull'arco di dieci anni sia in grado di produrre nello stesso tempo un milione e seicentomila unità lavorative annue - un quarto nel settore del risparmio energetico negli edifici - oltre a conseguire i tre 20% della UE. Il piano è divenuto un "avviso comune" di Confindustria, CGIL, CISL e UIL, e dovrebbe diventare una proposta per la crescita sulla quale impegnare il governo.

Nel proporre l'obiettivo di sostituire in dieci anni quasi il 40% dei combustibili fossili con le fonti rinnovabili e con l'abbattimento degli sprechi attraverso la riduzione dei consumi energetici, la UE afferma che la sfida di un'energia e di uno sviluppo sostenibili può avere una risposta positiva; e il difficile percorso da Copenhagen a Durban per CoP-17 ha se non altro indicato che il tempo del cambiamento batte per tutto il mondo.

Questo cambiamento pone grandi problemi di carattere ingegneristico, finanziario, organizzativo e soprattutto culturale: nell'incalzare del cambiamento climatico e della crisi dell'energia, ci sono i tempi per un cambiamento così rilevante?

Campeggia allora la domanda: ma è davvero necessaria tutta questa energia che consumiamo? E' insomma la domanda se basti cambiare la fiamma da porre sotto la pentola o si debba dare uno sguardo anche a quello che si vuol cuocere dentro la pentola.

Ancora la riflessione: dalla quantità alla qualità.

Dunque, si tratta di realizzare un modello di sviluppo radicalmente alternativo a quello neoliberista di fatto responsabile della situazione attuale di crisi.

Un quadro razionale quello offerto dalla economia della sostenibilità, che tuttavia non è riuscito, sin qui, ad ottenere attenzione efficace dalla politica, ma neppure, come già abbiamo lamentato, dal versante della dottrina economica.


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