lunedì, maggio 14, 2012
I pesci ingeriscono fino a 24.000 tonnellate di plastica all'anno 

 GreenReport -Un nuovo studio dell'università di San Diego, California (UC San Diego) «Sharp increase of small plastic debris in the "Garbage Patch" could have ecosystem-wide consequences», segnala un forte aumento dei piccoli detriti di plastica nel "Garbage Patch" del nord Pacifico che «Potrebbe avere conseguenze a livello di ecosistema». Intanto il colossale vortice di poltiglia di plastica e spazzatura del Pacifico sta per essere rimpolpato dall'enorme quantità di detriti provenienti dallo tsunami che ha colpito le coste orientali del Giappone l'11 marzo 2011. I risultati provengono dai dati di una ricerca oceanografica del 2009, la Scripps environmental accumulation of plastic Expedition (Seaplex) nel North Pacific Ocean Subtropical Gyre, un team della UC San Diego a bordo della nave New Horizon ha concentrato i suoi rilievi su un'area ad un migliaio di miglia ad ovest della California, documentato una quantità allarmante di rifiuti prodotti dall'uomo, costituita in gran parte da pezzetti di plastica delle dimensioni di un'unghia, che galleggiano su migliaia di chilometri di oceano aperto. I finanziamenti per il progetto Seaplex sono stati forniti dall'University of California ship funds, un programma innovativo che permette ad una nuova generazione di scienziati di acquisire una preziosa formazione scientifica in mare, Project Kaisei/Ocean Voyages Institute, Association for Women in Science-San Diego e National Science Foundation's, Integrative Graduate Education and Research Traineeship program Project Kaisei/Ocean Voyages Institute. Il nuovo studio fa seguito ad un rapporto pubblicato dai ricercatori dello Scripps nel 2011 su Marine Ecology Progress Series che dimostrava che il 9% del pesce catturato durante la missione Seaplex conteneva rifiuti di plastica nello stomaco. Secondo questo studio «I pesci nelle profondità oceaniche intermedie del Pacifico del Nord ingeriscono plastica ad una velocità che va da circa 12.000 a 24.000 tonnellate all'anno». Comunque, fino ad oggi non era chiaro quali fossero le ripercussioni di questa gigantesca "zuppa" di micro-plastica e rifiuti sull'ambiente marino, ma il nuovo studio pubblicato su Biology Letters rivela che i detriti di plastica nell'area conosciuta come "Great Pacific Garbage Patch" «Sono aumentati di 100 volte negli ultimi 40 anni, portando a cambiamenti nell'habitat naturale degli animali, per l'insetto marino Halobates sericeus». Questi "sea skaters" o "water striders", parenti dei gerridi, gli insetti pattinatori dei nostri stagni, in condizioni depongono le loro uova su relitti e oggetti galleggianti, come conchiglie, piume di uccelli marini, grumi di catrame e pietra pomice e utilizzano ed interagiscono anche con animali come le velelle. Nel nuovo studio i ricercatori hanno scoperto che i pattinatori del mare hanno imparato a sfruttare l'enorme afflusso di rifiuti plastici come nuove superfici per deporre le uova e che questo ha portato ad un aumento densità delle uova dell'insetto nel North Pacific Subtropical Gyre. La ricerca ha quindi documentato per la prima volta che l'aumento della popolazione di un invertebrato marino in mare aperto per cause antropiche, il che può avere conseguenze per gli animali in tutta la catena alimentare marina, come granchi che predano i "sea skaters" e le loro uova. Ad aprile, i ricercatori dell'Instituto de Oceanografia del Brasile avevano pubblicato un rapporto sulle uova dell'Halobates micans, un'altra specie di pattinatori martini, trovate in grande quantità sui frammenti di plastica nel Sud Atlantico, al largo del Brasile. «Questo rapporto mostra un drammatico aumento della plastica in un periodo di tempo relativamente breve e l'effetto che sta avendo su un invertebrato comune del North Pacific Gyre - spiega la principale autrice dello studio, Miriam Goldstein, dello Scripps e chief scientist del Seaplex - In questo insetto marino stiamo vedendo dei cambiamenti che possono essere attribuiti direttamente alla plastica». La Goldstein e il suo team, composto Marci Rosenberg, dell'Ucla, e dalla biologa emerita o dello Scripps Lanna Cheng. hanno studiato i cambiamenti rispetto ala ridotta presenza di plastica nel periodo 1972-1987 e a quella del periodo 1999-2010, utilizzando campioni storici della Scripps pelagic invertebrate collection, i dati della Seaplex, quelli della spedizione della nave oceanografica Okeanos Explorer della Noaa del 2010, le informazioni dell'Algalita marine research foundation e diversi articoli di pubblicazioni scientifiche. «La plastica si è diffusa solo tra gli ultimi anni '40 e i primi anni '50, ma ora tutti la usano e nell'arco di un range di 40 anni abbiamo visto un drammatico aumento della plastica nell'oceano - spiega la Goldstein sul sito dell'UC San Diego - Storicamente non siamo stati molto bravi ad impedire che la plastica arrivasse nell'oceano quindi speriamo che in futuro possiamo far meglio».

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