martedì, maggio 29, 2012
Le ultime vicende avvenute in Vaticano ci indicano una mancanza di carità e unità. Le ragioni sono principalmente l'arrivismo e la sete di potere di alcune persone, che possono solo far danni alla Chiesa.

di Alberto Giannino

La vicenda del maggiordomo di Papa Benedetto XVI arrestato per furto aggravato, il riciclaggio di documentati papali riservati e la successiva pubblicazione in un libro dai modesti contenuti culturali ci danno l'idea della miseria umana e del conformismo e dell'opportunismo che c'è anche in alcuni settori della Chiesa dove regna sovrana la zizzania. C'è infatti chi contesta velatamente, chi è indocile e superficiale, chi tollera a malapena l'autorità, chi considera la gerarchia un ghetto chiuso e avverte il desiderio di formare altri ghetti più chiusi ed arbitraridove gli iniziati sono ammessi e stimati (vedi la presunta intervista di un porporato a Repubblica, per dirla con Padre Federico Lombardi), chi sente “fastidio dei Superiori” e simpatizza più facilmente con avversari. Si tratta di ruscelli che non fanno fiume. Sono spesso forze potenzialmente magnifiche che, senza volerlo, costruiscono poco e talora disturbano, e che, dopo momenti di fervore, di solito si affievoliscono e si disperdono. Tante energie e tanta abnegazione per stare slegati e disuniti. C'è un "nuovo stile pastorale" che conduce il nostro pensiero a concetti di potenza arbitraria, di utilità personale, di prestigio e di superiorità. Una ribellione e una compagine organica e totale che porta più danni che vantaggi.

Oggi in questi ambienti è di moda non solo la contestazione ma anche l'autolesionismo privo di sapienza e di amore. Costoro pretenderebbero di essere moderni, popolari e personali ma in realtà sono privi della carità. Con la loro condotta portano alla divisione, alla lacerazione e alla disgregazione, con desideri di ambizione e di arrivismo in pensieri, parole e opere. Le ferite che hanno inferto alla Chiesa con il vezzo di tramare, speculare e criticare procurano dolore al Papa, ai vescovi e al popolo di Dio. Il risultato è quello di modellare senza discernimento la Chiesa di Benedetto XVI, secolarizzandola, nelle forme e nella mentalità sullo stampo della società profana.

Queste persone dovrebbero invece riflettere su tre cose in particolare: innanzitutto l’atteggiamento ostile verso la Chiesa, anche a prescindere da pregiudizi morali, è oggi molto diffuso e quasi imposto dalla mentalità laica, profana, secolare (vedi l'editoriale di Eugenio Scalfari di domenica scorsa ndr). Chi tiene aperta la mente con coraggiosa onestà, presto o tardi, se Dio l’aiuta, vede albeggiare davanti a sé una luce nuova e intravede nella Chiesa qualcosa di nuovo che non consente più un giudizio negativo e definitivo.

La Chiesa poi è servizio. E l'autorità nella Chiesa è necessaria, perché voluta da Cristo e da Lui derivante, e conserva perciò il suo indispensabile valore costituzionale e mistico come veicolo dei misteri divini e come interprete della verità e della volontà di Cristo nella sua Chiesa. Essa tuttavia va più palesemente rivestendosi degli attributi che le sono propri, quelli pastorali ed evangelici, e si attesta come servizio, come amore coraggiosamente consumato per il bene altrui, per il bene del gregge di Cristo, per la Chiesa tutta.

Infine bisogna ricordare che Gesù ha fondato la sua Chiesa su Pietro e su gli Apostoli. Non esistono diverse Chiese; piena e perfetta, nella sua concezione, ne esiste una sola. Ed è a questa Chiesa che Gesù ha mandato lo Spirito Santo, affinché la Chiesa istituzionale viva dell’animazione dello Spirito Santo, e dello Spirito Santo sia custode e ministra. Perciò tutti dobbiamo restaurare quel vero "senso della Chiesa" animato dalla carità ( “La carità - dice San Paolo - è benigna... non pensa male, non gode sopra l'iniquità…”) che risponda alle divine intenzioni, e che conferisca alla Chiesa di Benedetto XVI - come ha detto bene ieri l'Arcivescovo di Milano Angelo Scola - quell’unità interiore, quella vitalità, quella gioia di essere e di operare che diano testimonianza a noi e al nostro tempo della presenza e della salvezza di Cristo”.

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