giovedì, maggio 10, 2012
 Importante seminario a Roma

GreenReport - Gli ultimi decenni sono stati caratterizzati da una pervasiva diffusione, da parte del pensiero neoliberista, in gran parte delle varie espressioni di vita della nostra società. Cardine neoliberista è quello efficacemente riassunto nello slogan di Margaret Thatcher: «La società non esiste. Ci sono solo individui». Eppure, il desiderio di muoversi in una collettività organica non è mai scomparso, forse proprio perché connaturato alla natura prettamente sociale dell'essere umano. Così, se da un lato il culto dell'homo oeconomicus disegna la società come un aggregato di individui atomizzati e tra loro disgiunti, dall'altro lato della medaglia stanno tutte quelle correnti di pensiero e di azione che indirizzano il proprio movimento verso la definizione di realtà politica e sociale più forte e coesa, a livello nazionale come a livello internazionale. Da inserire di diritto nel novero di queste ultime realtà, l'Icef (acronimo di International court of the environment foundation) è una Ong, riconosciuta a livello internazionale accreditata sia con le Nazioni Unite (Ecosoc e la Fao) che con il Consiglio d'Europa, che è stato registrata ufficialmente a Roma come una fondazione senza scopo di lucro il 22 maggio 1992.

Nel corso di questi vent'anni, che vanno esattamente dal Summit della Terra - la prima conferenza globale sull'Ambiente - al prossimo Rio +20, l'ormai prossima Conferenza Onu sullo sviluppo sostenibile, di nuovo a Rio de Janeiro. Oggi l'Icef ha organizzato a Roma - sotto il patrocinio del Comune di Roma, dei ministeri degli Affari esteri e dell'Ambiente - il seminario scientifico Il ruolo dell'Italia per Rio+20 e per il dopo Rio: greenreport.it ne parla con Amedeo Postiglione, direttore e fondatore dell'Icef, giudice emerito della Corte suprema di Cassazione (Nella foto).

 A distanza di vent'anni, con Rio +20 siamo di nuovo alle porte di un evento simbolo per la sostenibilità. L'Icef, in questo periodo, si è potuta muovere su un piano di alto livello, e dunque privilegiato, nel tortuoso dibattito ecologista: quale linea evolutiva ha individuato in questo percorso, ora che un ciclo sta per chiudersi?

 «Una delegazione dell'Icef parteciperà direttamente a Rio +20, e l'iniziativa di domani è una conferenza preparatoria a tale importante evento, per cercare di capire cosa l'Italia, come Paese, porterà a Rio: sia sul lato della governance che sul lato della green economy. Siamo soddisfatti, perché qualcosa è cambiato in questi vent'anni, soprattutto dal punto di vista esecutivo e amministrativo. Con tutta probabilità, dopo Rio de Janeiro l'Unep (il programma delle Nazioni unite per l'ambiente) si trasformerà in qualcosa che potremmo chiamare Onue (dove la "e" sta per environment, ndr), un'Agenzia Onu per l'ambiente, un'agenzia che sia qualcosa di più di un programma, che sia caratterizzata - speriamo - da poteri e rappresentanza adeguati. È da sette-otto anni che si lavora seriamente a quest'obiettivo, in un percorso che ha visto protagonista anche l'europarlamentare italiano Vittorio Prodi e che è culminato nella Risoluzione del Parlamento europeo del 29 settembre 2011 sull'elaborazione di una posizione comune dell'Unione europea in vista della Conferenza delle Nazioni Unite sullo sviluppo sostenibile (Rio+20), e più specificatamente nei punti 99 e 101 del testo. I due elementi proposti dalla risoluzione Ue - ovvero la creazione di un'agenzia Onu specializzata (come l'Oil) per migliorare la governance ambientale internazionale, e l'istituzione di un tribunale internazionale dell'ambiente - l'Icef li ha promossi e sostenuti sin dalla sua nascita: suggerii personalmente l'idea di un tribunale internazionale dell'ambiente nel corso della prima conferenza internazionale sul tema "Per un diritto internazionale dell'ambiente più efficace ed una Corte Internazionale dell'Ambiente presso l'ONU", organizzata dalla Corte Suprema di Cassazione, della quale ho fatto parte per molti anni. Su questo fronte siamo ancora indietro, ma bisognerà affrontarlo in modo deciso e serio, perché l'ambiente rimane un diritto dell'uomo».

"La promozione di un sistema equilibrato di governo mondiale dell'ambiente": è la bussola a cui si affida l'Icef. Quali crede siano, ancora oggi, le maggiori difficoltà che intralciano questo percorso?  
«È banale: la realtà economica, al momento, è ancora più forte di quella ambientale. Sia nella sensibilità sociale, ma soprattutto nelle istituzioni, quando si arriva al dunque rimangono forti condizionamenti da parte dei potentati economici, le multinazionali e la finanza internazionale, ma anche la negligenza sull'argomento da parte di alcuni Stati. Tutti si affliggono per i disastri ambientali, ma a che serve affliggersi solamente? Quando il disastro ha una rilevanza che va oltre la giurisdizione nazionale di singoli Paesi, incontra una zona di vuoto normativo, che è possibile e doveroso venga occupato da una Corte internazionale dell'ambiente».

La rete della finanza internazionale si è appunto condensata in quello che il linguista Chomsky definisce un "Senato virtuale", che agisce e specula a livello planetario. "La promozione di un sistema equilibrato di governo mondiale dell'ambiente" - l'orizzonte a cui tende l'Icef - potrà essere raggiunto solo tramite un'efficace forma di regolazione internazionale della finanza stessa, non crede? 

«La finanza internazionale in un'economia libera può avere un ruolo positivo, ma deve essere finalizzata all'economia reale: attualmente siamo di fronte ad una speculazione delinquente, protetta dall'attuale sistema. Regolare e tassare le transazioni finanziari è assolutamente necessario, se non vogliamo indirizzarci verso un'ulteriore compressione dei diritti dei cittadini. Serve darsi una scossa, su questo punto. Da cattolico, ma profondamente laico, credo che occorra una filosofia nuova che non si occupi solo di diritti, ma anche di doveri, con un'etica forte e condivisa che possa integrare la politica. Non posso dunque che apprezzare la proposta di un'autorità politica mondiale per il governo dell'economia e dell'ambiente da parte di Papa Benedetto XVI all'interno dell'enciclica sociale Caritas in Veritae: sono posizioni accomunabili a quelle portate avanti in materia dall'Icef».

Perché si possa pensare ad "un governo mondiale dell'ambiente" quale crede sia il prossimo step verso cui puntare? 

 «Mitterand a suo tempo propose un'autorité per l'ambiente, e dopo più di venti anni questo progetto sta prendendo piede. Lo stesso speriamo sarà presto per la corte internazionale dell'ambiente, che possa intervenire non solo su singoli disastri ambientali ma anche, ad esempio, quando non siano applicati trattati ambientali già stipulati. A livello politico proponiamo che un gruppo di governi crei un gruppo di pressione: basterebbero tre o quattro governi che iniziassero a collaborare per stilare uno statuto in materia, da allargare e condividere successivamente con gli altri Paesi, seguendo un iter simile a quello che ha portato alla nascita della Corte penale internazionale dell'Aia, il cui statuto venne approvato proprio a Roma, nel 1998. Non si tratta poi di procedere solo dall'alto, per implementare un'effettiva governance mondiale dell'ambiente, ma anche dal basso: le agende 21 locali, ad esempio, sono un'ottima idea, con buone esperienze anche sul territorio italiano. Come accennavo prima, è poi ormai prossima la trasformazione dell'Unep in una sorta di Onue, una trasformazione che senz'altro ci sarà. Il nuovo ente opererà una razionalizzazione, riunendo e organizzando gli interventi Onu in campo ambientale, considerando giustamente l'ecosistema senza frammentazioni; sarà comunque una mutazione incompleta, perché l'economia sta ancora fuori da tutto questo, con altri enti di riferimento, come la Banca mondiale, l'Fmi o il Wto. Tali enti si occupano di ambiente, ma in modo marginale, rimanendo prevalentemente attinenti ad una separata sfera economica. Dobbiamo continuare a spingere perché ci sia un'integrazione completa tra economia ed ecologia (una convergenza che non avverrà a Rio +20), ponendo la sostenibilità della vita sulla terra come supremo principio guida, sopra anche al concetto di sviluppo sostenibile che, pur nella sua triplice dimensione ambientale, sociale ed economica, rimane comunque un po' ambiguo».

L'Unione europea, così come attualmente definita, già presenta problemi di legittimità democratica. È dunque plausibile pensare che, con una qualche forma di governo mondiale, tali problemi si amplierebbero. Ponendo l'esigenza di democrazia fondamentale oggi come in futuro, come pensa che questa possa conciliarsi con l'idea di un governo mondiale? 

 «La risposta a questo quesito è difficile. Personalmente, sono favorevole alla mondializzazione, è un fenomeno che procede da vari secoli ma che negli ultimi decenni si muove soprattutto per via economico-finanziaria, con gli Stati emergenti che mirano ad ottenere il nostro modello di produzione e consumo; dal punto di vista ambientale sarà un disastro se questi Paesi seguiranno i nostri errori. È necessario contemperare l'esigenza insopprimibile di unificazione del globo con quella del legame di identità di persone e società col proprio territorio. L'esigenza democratica può essere rispettata solo tramite il dialogo, senza prese di posizione ideologiche, ritrovando uno spirito di solidarietà e unità, in Europa come a livello internazionale».

Nella seconda sessione del seminario di domani verrà esplicitata la necessità di "lungimiranza del nostro tessuto imprenditoriale", allo scopo di costruire "un'economia a ridotto impatto ambientale. Esiste però in tal senso, non solo un problema dato da una "incertezza del diritto", ma anche dalla "incertezza del dovere": pur cercando di sbrogliare l'intricata matassa normativa, anche il miglior imprenditore spesso non riesce a venire a capo del giusto comportamento da dover assumere per convergere verso quell'obiettivo. Come pensa si possa superare questo deficit?

«In Italia come negli altri Paesi abbiamo norme, pubblica amministrazione, magistratura e organi di controllo: per la mia esperienza a livello giudiziario, questo meccanismo va migliorato. La vere cause della crisi ecologica - che sono economiche - non sono state ancora aggredite, e non è possibile continuare a muoverci su di un piano puramente burocratico. C'è l'esigenza, da parte del mondo economico, da parte di chi decide di investire e rischiare capitale, di sapere con certezza cosa è possibile fare e cosa no: noi dobbiamo andare incontro a questa esigenza. Prendendo come esempio l'industria del riciclo, ci dev'essere distinzione netta di cosa sia da considerare come "risorsa" - da riciclare come materia prima seconda - e cosa da chiamare più propriamente "rifiuto", ovvero i residui degli stessi processi di trasformazione. Se invece tutto viene considerato come rifiuto, ecco che si va a disturbare l'operatore economico quando invece andrebbe seguito e accompagnato sul piano normativo e tecnico, per poi osservare tutto il percorso industriale del prodotto e controllando così, nel contempo, che non ci siano rotture o storture nell'intero ciclo economico».

 Luca Aterini

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